Negli ultimi tre anni i fondi di private equity e venture capital italiani hanno raccolto 15,4 miliardi di euro, di cui 12,9 miliardi sul mercato, un dato che è ancora davvero troppo piccolo, se confrontato con il tasso di risparmio delle famiglie italiane che è il 9,8% del reddito lordo disponibile (circa 176 mila euro per famiglia), che per capirci è più della metà di quello delle famiglie francesi (17,1%), ma in Francia nel triennio 2021-2023 i fondi di private equity e venture capital hanno raccolto 71 miliardi di euro, quindi oltre 4 volte quanto raccolto dagli italiani. Quindi c’è evidentemente dello spazio di manovra, perché la ricchezza italiana è investita prevalentemente in immobili e titoli pubblici mentre è minore la quota destinata a supporto delle imprese che non siano di proprietà.
I dati sono emersi ieri in occasione del convegno annuale organizzato da AIFI, l’Associazione Italiana del Private Equity, Vnture Capital e Private Debt (si vedano qui il comunicato stampa e qui la presentazione di Innocenzo Cipoletta e quella di Anna Gervasoni).
E appunto sulla base di questi dati, il presidente di AIFI, Innocenzo Cipolletta, ha sottolineato ancora una colta che “diviene fondamentale l’apporto che casse, fondi, assicurazioni e investitori istituzionali in genere possono dare per veicolare tale risparmio a supporto delle attività imprenditoriali italiane. Il nostro è un paese ricco di famiglie imprenditoriali dove c’è un forte spazio, anche per il comparto del private banking, di investire in private capital così da alimentare i progetti di crescita e internazionalizzazione”.
Il tema è ben noto e già i soli dati sulla raccolta dello scorso anno avevano ben evidenziato questa necessità. Ricordiamo infatti nel 2023 la raccolta è scesa a 3,772 miliardi di euro (di cui 2,502 miliardi raccolti sul mercato), in calo del 36% dal 2022 (si veda altro articolo di BeBeez). Di quel totale la componente domestica ha rappresentato ben l’83%, mentre il peso di quella estera è stato solo del 17%. Nel 2022 il peso degli investitori esteri sul totale della raccolta era stato invece del 45%. A livello di fonti della raccolta sul mercato, poi, è salito al 20,9% (da 17,5%) il contributo di fondi pensione e casse di previdenza (522 milioni di euro), seguiti dalle banche (13,3% da 8,8%, 332 milioni) e dai fondi di fondi (10,8% da 4,8%, 270 milioni), mentre è crollato il contributo delle assicurazioni (3,6% da 13,3%).
Stesso discorso sul fronte degli investimenti, che sono scesi a 8,162 miliardi, in calo del 66% dal 2022, distribuito su 750 operazioni, rispetto alle 848 dell’anno prima, e rispetto a 111 miliardi investiti in tutta Europa lo scorso anno. Con un totale di 37,7 miliardi investiti in tre anni, rispetto ai 486 miliardi nel triennio investiti a livello europeo.
“Il mid market nel 2023 ha dimostrato di essere il focus principale degli operatori; nell’ultimo triennio sono state oltre 1.500 le società oggetto di investimento per un ammontare di circa 16 miliardi, occorre però che, in fase di fundraising aumenti la loro raccolta così che si possano moltiplicare le iniziative di investimento”, ha commentato Anna Gervasoni, direttrice generale AIFI.
“Nei primi tre mesi dell’anno si sono registrate operazioni di m&a per circa 14,6 miliardi di euro (si veda altro articolo di BeBeez, ndr), di cui circa 8 miliardi relativi ad operazioni con private equity. Siamo dunque ottimisti, nonostante la flessione dei volumi. La probabile discesa dei tassi e la conseguente maggiore disponibilità di debito dovrebbero, infatti, favorire una forte ripresa dell’attività”, ha concluso Stefano Cervo, partner KPMG, head of private equity.