Cento anni dalla morte di Puccini e non sentirli. La sua musica ed eredità è oggi più viva che mai ed è su questo che gioca lo spettacolo Vissi d’arte, Vissi d’amore. Aspettando Giacomo Puccini di Massimiliano Finazzer Flory, che dopo il debutto a Caracalla, arriva a Milano a Villa Arconati domenica 7 luglio, alle ore 20.
Con l’escamotage del programma radiofonico, Finazzer Flory, regista e interprete, è nelle vesti di uno speaker che avrebbe voluto realizzare un programma su Giuseppe Verdi (qualche anno fa alla Casa Verdi a Milano ha realizzato e interpretato uno spettacolo tra l’altro sul compositore di Busseto) e si trova a dover mettere in scaletta il compositore toscano, appassionandosi però egli stesso nel corso della trasmissione.
Accanto alla voce recitante di Massimiliano Finazzer Flory, gli assistenti alla drammaturgia Antonio Lorenzo Sartori e Gabriele Scarfone; il tenore Marco Miglietta, una voce di grande calore, e la soprano Caterina Meldolesi, con accompagnamento al pianoforte di Zenoviia-Anna Danchak.
“L’opera lirica”, sostiene infatti Finazzer, “nasce pop e ora è snob”, un’occasione mancata di cultura e divertimento per il grande pubblico, soprattutto con un autore come Puccini interprete della sua epoca, dei sentimenti e innamorato della vita a tutto tondo, Innamorato di tutto (come recita il titolo del libro di Niclo Vitelli edito da Cinquesensi Editore). Tra l’altro nelle sue opere mette al centro proprio le figure femminili non come eroine anche quando sono principesse come la cinese Turandot, ma per la loro complessità sentimentale di donne, quasi La signora della porta accanto per citare un titolo di François Truffaut, non casuale data la frequentazione intima con il cinema di Finazzer, che anche nello spettacolo dichiara che avrebbe voluto fare una trasmissione di cinema; in fondo, come ammetterà alla fine, Puccini è cinematografico, intimo, domestico e per questo per tutti. Senza dimenticare, nondimeno, la sua raffinatezza musicale, troppo spesso sottovalutata, che ha introdotto ante litteram il musical, studiato e incorporato la musica jazz e il folclore americano come la canzone fiorentina popolare senza imitazione e senza ricorrere a citazioni.
Come detto, lo spettacolo ha debuttato nella suggestione delle Terme di Caracalla a Roma e domenica 7 luglio, alle 20, è a Villa Arconati nell’ambito del Festival di Bollate con Gli Amici del Loggione e il coro della Scala di Milano, per poi trasferirsi a Trieste e Courmayeur e riprendere, dopo l’estate, il suo viaggio a Milano.
Scenografia scarna, quella di un salotto di casa con una scrivania piena di lettere senza spartiti dove Finazzer si siede e racconta in un recital in cui la narrazione, la citazione (grazie soprattutto al lavoro di ricerca sull’Archivio Ricordi) e l’ascolto si alternano, sempre con un tocco di ironia facendo dialogare Puccini con la modernità della radio, quale sarebbe diventata, in particolare negli anni Sessanta. L’allusione è a Good Morning Vietnam, film di guerra del 1987, interpretato da Robin Williams, alias Adrian Cronauer, e Adrian è anche il nome del cronista interpretato da Finazzer, disc jockey dell’aviazione, a cui viene affidata la conduzione della radio a Saigon, durante la guerra del Vietnam; in cui giocando si parla di argomenti seri che sarebbe troppo difficile digerire altrimenti.
Lo spettacolo ci conduce in un viaggio storico nel quale personaggi e scenario europeo si riflettono e si intrecciano con la vita del nostro compositore, dall’innovazione della radio allo scoppio della Prima Guerra Mondiale; musicale e anche nella psicologia di un uomo che Finazzer affronta con ironia e con una vena di tenerezza guardando le debolezze di un artista di calibro che si distrugge con la sua stessa passione e con i vizi che vive con smodata passione, in primis quello del fumo; così come l’amore per la velocità e le auto che poi lo portano alla lentezza e quasi all’immobilità, a dover far ricorso al bastone in seguito a un incidente. Il regista infatti ci propone anche un suo messaggio nell’omaggio a Puccini, la fede nell’Amore, passione per l’arte e per la vita come si ascolta in Nessun dorma da Turandot, ultima aria dello spettacolo. Il nome di chi sposerà e “salverà” sé stesso e la stessa Turandot non è Calaf se non all’anagrafe ma Amore, un sentimento che chiede passione ma non brama e rispetto. E non è un caso che alla fine escano sul palcoscenico anche coloro che hanno lavorato dietro le quinte. È l’amore che alla fine trionfa anche oltre la morte declinato come arte o come relazione sentimentale ed è con esso che si saluta lo spettatore. Puccini infatti non è Godot e l’attesa non è vana perfino nell’incompiutezza della vita e dell’arte, come ci racconta la sua ultima opera incompiuta perché il compositore viene a mancare a Bruxelles il 29 novembre 1924.
L’inizio è invece con il titolo stesso della serata che riprende la celebre aria per soprano del secondo atto dell’opera Tosca.
a cura di Mila Fiorentini