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E’ appena terminata a Milano una ricca e interessante mostra sul “Pittore della Vita Moderna” Giuseppe De Nittis (Barletta 1846 – Parigi 1884) il cui indubbio talento è stato celebrato per la prima volta a Milano, a Palazzo Reale, raccogliendo circa 90 straordinari dipinti, tra olii e pastelli, provenienti da collezioni pubbliche e private, italiane e straniere. Hanno contribuito al progetto espositivo il Musée d’Orsay e il Petit Palais di Parigi, il Musée des Beaux-Arts di Reims e di Dunkerque, gli Uffizi di Firenze – solo per citarne alcuni – oltre al significativo nucleo di opere conservate alla GAM di Milano e una selezione dalla Pinacoteca De Nittis di Barletta, opere arrivate alla sua città natale grazie al lascito testamentario della vedova Léontine.
La mostra vede infine la speciale collaborazione di METS Percorsi d’Arte, che ha contribuito al progetto espositivo con l’apporto di un importante nucleo di opere provenienti da collezioni private, tra le quali il “Kimono color arancio”, “Piccadilly “e la celeberrima “Westminster”.
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In particolare, la presenza di questo capolavoro costituisce un trait d’union con la mostra “Boldini, De Nittis et les Italiens de Paris”, allestita da METS al Castello di Novara, dove è stata esposta prima di giungere a Palazzo Reale.
La relazione fra le due mostre è solo un punto di partenza che ci consente di riflettere su De Nittis e sulla fortuna espositiva transitata attraverso i Salon parigini, la prima mostra degli Impressionisti nel 1874 e le grandi Esposizioni Universali, che lo hanno via via consacrato come uno dei maggiori protagonisti della pittura dell’Ottocento europeo. Dopo un periodo di oblio, è stata la Biennale di Venezia del 1914 a rivalutarne il talento in una magnifica retrospettiva seguita, in anni più recenti, da altri appuntamenti fondamentali come la rassegna “Giuseppe De Nittis. La modernité élégante” allestita a Parigi al Petit Palais nel 2010-11 e nel 2013 la fondamentale monografica a lui dedicata a Padova da Palazzo Zabarella.
L’intera vicenda creativa e la sua ascesa artistica e mondana, troppo presto interrottasi, partendo dalla sua formazione a Napoli, lo hanno condotto al clamoroso successo internazionale tra Parigi e Londra, fino agli ultimi anni di attività.
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Questa mostra, insieme con le altre esposizioni, hanno consacrato la statura internazionale di De Nittis che, insieme a Giovanni Boldini, è stato il più grande degli italiani a Parigi, reggendo il confronto con Manet, Degas e gli impressionisti, con i quali ha condiviso, pur nella diversità della espressione pittorica, l’aspirazione a rivoluzionare l’idea stessa della pittura, scardinando una volta per sempre la gerarchia dei generi, per raggiungere quell’autonomia dell’arte che è stata la massima aspirazione della modernità.
Geniale e curioso, De Nittis si forma a Napoli – tra l’Accademia e la scuola di Resina – città che amò profondamente e con la quale mantenne sempre i contatti «… il cielo, il mare, il sole, la luce che entra ovunque, le sue domeniche piene di grida e di rumore, la gente appassionata, collerica, ingenua. Una Napoli pittoresca e poetica…» Napoli e il Vesuvio avranno molta importanza nello sviluppo del paesaggismo di De Nittis. Un periodo fecondo durante il quale sperimenta la pittura en plein air, verista, attenta alla luce e ai contrasti cromatici, mentre si delinea il suo personale e originalissimo <modus pingendi> nel quale convivono diverse influenze: dal verismo, all’impressionismo, alla pittura dei macchiaioli, con i quali entra in contatto durante un soggiorno a Firenze.
PARIGI
Nel 1867 De Nittis per la prima volta va a Parigi dove entra in contatto con alcuni esponenti di spicco dell’ambiente artistico e letterario, tra cui Degas, Manet, Zola e il mercante Goupil. Tornerà nella capitale francese nel 1872 e vi si stabilisce definitivamente. Nel 1874 parteciperà su invito diretto di Degas alla prima mostra degli Impressionisti. A Parigi De Nittis consegue un rapido successo che culminerà con una medaglia d’oro e Legion d’onore all’Esposizione Universale del 1878. Tuttavia, il pittore oscilla tra le concessioni al gusto del pubblico e l’aspirazione verso un’arte più alta, personale e meno falsa. Non tralasciò mai completamente il paesaggio e le vedute trattate con grande sensibilità cromatica; con il dipinto “Che freddo!” del 1874 riceve ammirazione e successo. Veniva chiamato anche il pittore delle parigine…….
Come gli Impressionisti, De Nittis privilegiava il paesaggio, il ritratto e soprattutto la rappresentazione della vita moderna, osservata lungo le strade vive e affollate delle due grandi capitali europee dell’arte e della mondanità: Parigi e Londra. In uno straordinario repertorio di pittura en plein air, sviluppato in un breve arco temporale, l’artista rappresenta i luoghi e i riti privilegiati della modernità.
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Il curatore Fernando Mazzocca scrive nel suo saggio in catalogo:
“L’unicità della sua pittura, che si confronta con quella degli Impressionisti e non ne esce ridimensionata, sta proprio nella straordinaria capacità di osservazione che gli ha consentito di rendere, come pochi altri, l’inafferrabile dinamicità della città moderna, caratterizzata “dall’imprevisto, il mutevole, ciò che è fuga”, fermandolo nell’ attimo, come i fotografi, senza irrigidirlo. (…) Dopo aver individuato un motivo da rappresentare, si recava ogni giorno ad osservare, da quel rifugio riparato dal movimento caotico della città, il suo soggetto, dipingendolo con una velocità sorprendente che costituisce la freschezza e l’incanto irripetibile della sua pittura, quello che il finestrino di una carrozza inquadra per un momento.
L’ uso della carrozza, prima noleggiata e poi addirittura acquistata, non fece che aumentare la curiosità nei suoi confronti, come confermano le testimonianze di molti cronisti del tempo, colpiti da questo modo davvero unico di lavorare. Il punto di vista rialzato che caratterizza gran parte delle sue vedute parigine e londinesi deriva proprio da questo particolare e personale approccio”.
Era pittore della borghesia parigina bella e ricca…era pittore delle belle donne…
Ma non era stato sempre così. All’inizio I suoi personaggi erano gente di paese e donne di umili origini ma dal 1869 le scelte dei soggetti cambiano perchè cambia il suo mondo, I luoghi che visita, le città e le frequentazioni…..e Parigi farà il resto mentre il famoso mercante d’arte Goupil gli suggerisce di inserire “le figure nel paesaggio” per meglio vendere le sue opere.
La sua abbondante produzione, che si avvalse delle tecniche più diverse, resta soprattutto documento pittoricamente raffinato della vita mondana parigina e londinese, nell’interno dei salotti, nei giardini, sui campi di corse più alla moda. Le sue opere sono conservate nei musei di Napoli, Barletta, Roma, Parigi e Trieste. La moglie Leontine è spesso la sua modella preferita
Le corse al Bois oppure Auteil erano importanti eventi sociali e luoghi di incontro del bel mondo borghese e aristocratico, spazio privilegiato per «rubare momenti di vita» e creare capolavori di ambiente. Mentre Degas e Manet volgono la loro attenzione alle corse e ai cavalli, De Nittis è concentrato sul pubblico e sulle persone. «De Nittis, scrive Enrico Piceni, studia più il vestito che l’anima di una bella donna ma è assai capace di afferrarne l’espressione dei sentimenti e lo spirito stesso…» De Nittis è felice di vivere a Parigi, nel mutevole, nel movimento, nel fuggevole e nell’infinito! Era pittore di una società della quale lui stesso era parte.
Una annotazione: nella Pinacoteca di Barletta sono raccolti disegni e bozzetti «non finiti», un tesoro inestimabile per gli studiosi. Infatti, il «non finito» in De Nittis è qualcosa di insito nella tecnica impressionista, è una modalità esecutiva per cogliere l’attimo e la realtà in modo rapido. Gli impressionisti tendono a superare il concetto di forma per dare spazio alla idea di costruire con il colore. Per esempio: la neve, elemento fonte di ispirazione. «Parigi è tutta bianca, una bianca coperta che copre i rami lungo tutto il viale. Il silenzio è profondo…” De Nittis è attratto dalle infinite possibilità della luce sulla neve e sulle persone.
De Nittis e “la rivoluzione dello sguardo” ecco che qui esprime il suo punto di vista sul mondo, immortalando scene vibranti di vita interiore.
1874, LONDRA
De Nittis tornava a Londra ogni anno e diceva che la città gli aveva portato fortuna. Fortuna e successo anche dovuti alla sua amicizia con il pittore James Tissot che introdusse De Nittis in Gallerie e Club. In segno della amicizia che li legava, Tissot, nel rappresentare una serata londinese, dipinge De Nittis nel quadro «Hush» (The Concert) tra comuni amici.
Erano anni di grande fermento mentre la City londinese diventava centro di un enorme impero finanziario e la gente era attratta dagli investimenti e dal denaro. La Londra di De Nittis è quella del WestEnd, di Piccadilly Circus e di Trafalgar Square, di Westminster luogo del potere religioso e della Bank of England cuore politico ed economico dell’impero. E infine La National Gallery, tempio dell’arte inglese. «De Nittis, dicono i critici, sa cogliere il carattere e il movimento della città e della gente». Se paragoniamo le visioni della Londra di De Nittis con altre precedenti immagini della città, se ne percepisce l’originalità, l’influenza della fotografia, la curiosità e l’umanità del pittore: sono tutte attente rappresentazioni della vita cittadina.
La rivoluzione dello sguardo
Che si tratti di paesaggi assolati del sud Italia, di ritratti o delle affollate piazze di Londra e di Parigi, De Nittis ha lasciato una serie di istantanee che rappresentano il mondo nel suo apparire fugace e transitorio, partecipando attivamente a quel “nuovo sguardo” che apre la strada alla modernità. Pur senza dimenticare le esigenze del mercato e facendosi interprete del gusto delle esposizioni universali, attraverso un linguaggio teso alla sperimentazione e una sensibilità ottica affine a quella degli amici Manet, Degas e soprattutto Caillebotte, De Nittis ha abbracciato quella “rivoluzione dello sguardo” che segna l’avvento della modernità in arte. La natura, nelle sue forme più diverse, resta l’eterna ispiratrice di atmosfere, dei cieli, delle nuvole, del colore in generale. Acquarellista e acquafortista, si dedicò tardi ai pastelli, una tecnica questa che predilesse nei ritratti quasi tutti eseguiti tra il 1882 e il 1883.
De Nittis e il Giapponismo
I risultati raggiunti da De Nittis si devono a un’innata genialità, alla capacità di sapersi confrontare con i maggiori artisti del suo tempo, alla sua curiosità intellettuale, alla sua disponibilità verso altri linguaggi. È inoltre tra gli artisti dell’epoca che meglio si è saputo misurare con gli stimoli dell’arte dell’estremo Oriente, in particolare del Giappone, allora diventata di grande moda.
Scrive infatti in catalogo Paola Zatti: “È certo che fin dal suo primo soggiorno nella città che meno di un anno dopo sarebbe diventata la sua, ebbe modo di toccare con mano l’arte orientale respirandone le suggestioni, cogliendone al volo il linguaggio e quegli stilemi su cui avrebbe meditato a lungo nell’ambito di una sperimentazione non banale, attenta agli aspetti tecnici oltre che tematici e compositivi (…) La sicurezza con cui De Nittis elaborò un repertorio tanto ricercato non può circoscriversi alle sue sole capacità di intuizione e “di mestiere”. Le potenzialità espressive dell’arte dell’estremo oriente dovevano essere comprese attraverso un suo studio sistematico e profondo, derivante da un contatto diretto con gli oggetti, quindi con i materiali, le tecniche di lavorazione, i formati, e un esame dei repertori iconografici, delle modalità di impaginazione prospettica delle composizioni e di declinazione stilistica. La passione per il collezionismo d’arte giapponese deve dunque essere interpretata in questo senso, non solo come una moda di quegli anni”.
Nel 1867 Parigi ospita la prima partecipazione ufficiale del Giappone alla Esposizione Universale e nello stesso anno De Nittis scopre Parigi e la trova invasa dalla mania del Giapponismo. Molti artisti furono presi dalla «febbre» del Giappone – oggetti, libri, stampe e mobili che ne rappresentavano lo stile, l’arte e la filosofia di vita – da Baudelaire a Monet, a Degas e van Gogh, e anche a De Nittis che finirà per possedere una collezione di vasi, sculture e pannelli, mobili laccati e naturalmente ventagli.
Come scrisse L. Chirtani nel suo necrologio (1884) «…… il De Nittis, pur rimanendo lontano dal modo drammatico di intendere il rapporto tra pittura e realtà proprio degli impressionisti, fu interprete fedelissimo e appassionato delle forme più svariate e cangianti della vita moderna..”
a cura di Daniela di Monaco