Bebeez: Quando ti sei accorta di avere dentro di te una voce che ti avrebbe poi permesso di affrontare l’opera?
Sinceramente non so di preciso quando ne ho avuto coscienza. Iniziai a studiare pianoforte all’età di sei anni e avevo una bravissima insegnante, Lucia Bianchi, che era anche una pianista concertista. Purtroppo, venne a mancare e, come succede spesso all’interno delle realtà come quelle dei conservatori, si avvicendarono una serie di supplenti, evento questo deleterio per chi ha da consolidare le proprie basi durante i primi anni di studio. Ho avuto un numero di supplenti veramente notevole e questo, non mi ha permesso di acquisire quella tecnica che mi avrebbe dato la possibilità di affrontare lo studio dello strumento con una coscienza della pratica maggiore e non solo con l’istinto che avevo. Lucia Bianchi, dieci giorni prima della sua morte, sentì il bisogno di comunicare ai miei genitori il fatto che io fossi una persona con delle attitudini particolari. Ho sempre posseduto una certa musicalità, dote che mi è stata riconosciuta durante il mio percorso. Ho proseguito gli studi fino all’ottavo anno di pianoforte per essere poi costretta ad interrompere per un problema di famiglia. Abbandonai quindi lo strumento ma avevo già iniziato a seguire lo studio del canto. Avevo 18 anni quando, durante un corso presso l’Accademia Chigiana di Siena, il Maestro Bergonzi mi suggerì di andare a studiare nella sua accademia a Busseto. Con grande sacrificio riuscii, grazie all’aiuto dei miei genitori, ad affrontare sei mesi di studio di canto vero. Da uditrice in conservatorio, grazie al Maestro Bergonzi, in poco tempo, debuttai nel ruolo di Suzel nell’opera “Amico Fritz” di Mascagni presso il Teatro Valli di Reggio Emilia sotto la bacchetta di Stefano Ranzani. Questo è stato il mio esordio e da quel momento non ho più smesso di cantare. Mi sono resa conto che la mia era una passione grandissima. Mi veniva detto spesso che ero un animale da palcoscenico e che con la mia voce avrei potuto affrontare più repertori spaziando da Verdi a Puccini a quello verista. Ho perfezionato i miei studi negli anni seguenti accompagnata da grandi nomi come quelli di Magda Olivero e Renata Scotto. Quando poi ho cominciato a vincere i primi concorsi, compreso il primo premio assoluto al Concorso Battistini, mi sono detta: “Ecco questo potrebbe essere il mio lavoro!”.
Bebeez: Apparteniamo a quella generazione particolare alla quale avevano inculcato una serie di condizioni da rispettare per avanzare nell’ambito di un certo tipo di carriera. Noto dalla tua esperienza lavorativa che hai rispettato gradualmente una serie di passaggi obbligati. Cosa pensi del metodo di insegnamento attuale e cosa pensi dell’attuale modo di far carriera rispetto ai tempi passati?
Noto tanta diversificazione e questo anche nell’approccio dei giovani. Capisco che nel nostro lavoro bisognerebbe avere un certo tipo di ambizione. Non esiste un artista, se non in passato Corelli, nel quale vedo paura. Oggi i ragazzi sono più forti nella loro consapevolezza di voler raggiungere determinati obbiettivi anche a livello economico e questo lo noto nel 90% dei casi. Ai miei tempi c’era un grande rispetto, una maggiore educazione nei confronti dello studio e dei docenti, oltre ad un grande desiderio di voler apprendere. La competizione c’è sempre stata e sempre ci sarà. Si aveva un grande attenzione nei riguardi di chi era già in carriera. Oggi noto un totale cambiamento che non so quanto possa giovare ai giovani che intraprendono questo percorso. Le carriere di oggi sembrano meteore, poca stabilità nel tempo e anche tanta approssimazione da un punto di vista puramente tecnico. Molti artisti affrontano repertori tra i più disparati e la voce inevitabilmente ne risente. Molti, infatti, smettono per mancanza di approfondimento tecnico che non consente loro di rendere la propria carriera più longeva
Bebeez: Ci si riconosce nell’interpretare diversi personaggi. Delle eroine che hai rappresentato, a quale di queste ti sei sentita più affine?
Ti dirò: ciò che mi è sempre piaciuto del canto lirico è il fatto di poter fare anche teatro. Questa attitudine mi è stata riconosciuta nelle varie recensioni sia italiane che straniere. Hanno sempre scritto di me che ero una cantante attrice. Probabilmente tutto questo è dovuto al fatto che ho molto amato andare a vedere e capire, studiando il libretto dell’opera, quale potesse essere una mia idea del personaggio che dovevo affrontare. Ovviamente era molto importante arricchire la mia idea con l’impostazione registica del momento. Ho sempre ritenuto opportuno andare a scavare fino in fondo per poter rendere al meglio la mia interpretazione sia dal punto di vista vocale che dal punto di vista scenico. Sinceramente mi sento affine a quasi tutte le figure che ho interpretato. È divertente approfondire ogni singolo personaggio, dalla moglie di Bach nel Bachhaus di Michele Dall’Ongaro a Tosca, Nedda, Musetta, Violetta, Aida, Leonora del Trovatore, oppure la Leonora in Oberto conte di San Bonifacio, la stessa Desdemona nell’Otello di Verdi dalla personalità forse meno temperamentosa rispetto alla mia. Quindi in generale i personaggi ai quali mi sento più affine potrebbero essere Tosca, Nedda nei Pagliacci e Violetta in Traviata.
Bebeez: Quale esperienza lavorativa ti ha segnata di più?
Sicuramente la prima, ovvero quando per la prima volta ho avuto un ruolo da protagonista in un’opera importante in un grande teatro, il Romolo Valli di Reggio Emilia, subito con un direttore molto noto come Stefano Ranzani che aveva già diretto alla Scala e che aveva studiato con Giulini. Quella è stata certamente una delle esperienze che mi hanno segnato di più. Era tutto nuovo era tutto meraviglioso. Al tempo stesso mi rendevo conto, anche se con incoscienza, che ero ancora molto bambina visto che non avevo neanche vent’anni. Avvertivo che c’erano anche delle altre realtà da affrontare come la competizione per cercare di capire chi potesse andare nel primo o nel secondo cast. Fui messa subito nel primo; sapevo che c’erano delle tensioni però le vivevo in maniera molto ingenua, vedevo tutto molto bello ed ero già molto contenta di far parte di quella realtà. Non mi interessava altro se non di assistere a tutte le prove e, ovviamente dopo, ho potuto cantare nei teatri più importanti e affrontare arene meravigliose come quella di Caracalla o di Taormina e di andare all’estero con Verdi per il Gran Teatre del Liceu di Barcellona. Comunque, in assoluto quella più d’impatto è la mia prima esperienza.
Bebeez: Se fossi oggi Direttore Artistico di un teatro con quale criterio sceglieresti i personaggi da coinvolgere nella stagione da te immaginata?
Se fossi Direttore Artistico di un teatro, potrei solo dire che non è il mio mestiere. Personalmente andrei a svolgere un lavoro poco politico ma soprattutto di ricerca per proporre un cartellone non soltanto con la presenza di artisti famosi, ma soprattutto con artisti veramente bravi e adatti a un determinato tipo di repertorio. Mi rendo conto che per ottenere questo bisogna fare delle audizioni dove il mio unico scopo, da Direttore Artistico, sarebbe quello di andare a premiare la competenza e la bravura in una realtà dove invece ci sarebbero anche altri interessi. Potrei anche coinvolgere un grande nome ma non per tutta la stagione al fine di dare spazio ad artisti molto validi anche emergenti, senza tener conto del potere delle varie agenzie.
Bebeez: Ti senti più donna pucciniana o verdiana?
Per temperamento ed essendo toscana mi sento molto vicina a Puccini. Più studio le sue opere come Boheme, Turandot, Manon Lescaut, tutti personaggi che amo profondamente, oltre a Gianni Schicchi Suor Angelica, Tabarro, in cui tutte le donne di grande carattere sono accompagnate da una melodia meravigliosa, che va proprio dentro l’intimo umano. Ritengo che Puccini sia il più grande a tratteggiare le diverse sfaccettature di una donna senza mai andarla a colpevolizzare ma anzi a valorizzarla anche laddove possono esserci delle mancanze. Puccini ama le donne nella loro interezza. Adoro anche Verdi. Riconosco però l’esistenza di alcuni ruoli come potrebbero essere Lady Machbeth, Abigaille in Nabucco e Violetta in Traviata che potrebbero solleticare maggiormente un discorso dal punto di vista attoriale, cosa che in Puccini è più facile. Infatti, le sue musiche sono sempre state musiche da film e le sue opere molto cinematografiche, ragion per cui questo comporta non solo il saper cantare bene, ma anche il saper recitare bene per rendere più viva la parola e il personaggio che ne consegue. Verdi richiede una tecnica più rigorosa per rendere al meglio il pathos dei suoi personaggi attraverso un vero proprio virtuosismo esclusivamente vocale. Mi sento quindi di dire, per le ragioni su citate, di sentirmi anche verdiana. Sono cresciuta nelle terre di Verdi, ho studiato a Busseto e a Parma. Ho vinto la Borsa di studio del concorso Callas che mi permise di frequentare il teatro di Parma. Amo Verdi ma considero Puccini a me più vicino.
Bebeez: Se tu avessi a disposizione una bacchetta magica, in che modo ti piacerebbe che i teatri funzionassero?
Se avessi una bacchetta magica riprenderei in considerazione la figura dell’impresario. Farei in modo che la politica sia tenuta al di fuori da quello che è il teatro. Tornerei a fare il teatro come era una volta negli anni 50, o 40. L’Opera di Roma per pubblicizzare un’Aida assoldava gli animali del circo e si passava per la via del Corso per sentire intonare alcune arie dell’opera. Riporterei ad un uso più popolare quella che è l’opera con meno contaminazioni politiche e ad una fruibilità non troppo elitaria. A mio avviso il teatro attualmente è stato molto politicizzato mentre un tempo era nato come luogo di ritrovo per tutti, dove in passato si andava anche a mangiare e, perché no, a consumare relazioni amorose nel buio dei palchetti. Non dico di ritornare a questo, ma di riportare il teatro alle funzioni di una volta: ovvero di educare, di ritrovarsi e di rivolgersi ad un panorama più ampio di spettatori.
Bebeez: Non pensi che un Direttore Artistico debba essere un musicista?
Circa la formazione del Direttore Artistico, ritengo debba essere assolutamente un musicista a tutto tondo. Deve possedere una cultura non settoriale. Dovrebbe avere, infatti, quella competenza e quella coscienza in grado di consentirgli di capire chi è veramente preparato e adatto ad un determinato tipo di lavoro. È per questo che deve essere a conoscenza di tutte le sfumature che siano classiche, sinfoniche, operistiche e liederistiche per poter individuare gli stili e per poter assegnare dei lavori specifici.