La Galleria fiorentina 360, che si occupa esclusivamente di artisti viventi stranieri, con un’attenzione forte al mondo femminile, cambia sede. Questa non sarebbe una notizia di per sé, se non che rappresenta una piccola rivoluzione e un esempio che sul territorio, in un momento di ripiegamento, può fare la differenza, contribuendo a rafforzare il tessuto dell’economia locale e della coesione sociale. Razionalizzazione dei costi e spostamento degli eventi e delle inaugurazioni in digitale per il momento, anche se il debutto è stato con un’attività in presenza su appuntamento, personalizzando gli incontri per clienti e giornalisti, una cura attenta della comunicazione. Questi gli ingredienti con i quali, con entusiasmo e determinazione, Angela Fagu, titolare della Galleria si sta reinventando. L’idea è di dar vita a una sorta di sartoria su misura e forse non è per caso che la nuova apertura nella centrale Via Borgognissanti, a due passi dalla piazza omonima che custodisce la Chiesa di San Salvatore in Ognissanti (con opere di Ghirlandaio, un chiostro con l’ultima cena, Botticelli e un crocifisso di Giotto), l’Istituto di cultura francese con una bella libreria e l’hotel dove fu girato Camera con vista, si è trovata accanto a un neonato camiciaio su misura. Insomma una controtendenza quella del centro di Firenze che lascia ben sperare. Se i turisti loro malgrado stanno disertando, è il momento di riqualificare la città dove le botteghe non solo semplici luoghi di commercio ma memori della tradizione medioevale e rinascimentale, dei centri di sapere e di incontro, di cui il cittadino torna protagonista. Negli stessi giorni dell’apertura della nuova sede della Galleria, una storica pasticceria bolognese, Gamberini, ha fatto la scelta coraggiosa di aprire poco distante da qui.
L’arte crea così un motivo sociale di ‘aggregazione temperata’ dove la vendita è legata a uno scambio che va oltre il gesto commerciale, una visione di lunga durata che è un modo di progettare di cui sentiamo il bisogno in questo momento ma che difficilmente è pensabile. Sembra soddisfatta Angela Fagu quando sottolinea il passaggio delle persone che cercano una pausa nella loro giornata e cita Wladimir Kandinsky che nella sua opera letteraria Lo spirituale nell’arte: “L’arte che non ha avvenire, che è solo figlia del suo tempo ma non diventerà mai madre del futuro, è un’arte sterile. Ha vita breve e muore moralmente nell’attimo in cui cambia l’atmosfera che l’ha prodotta.”
La mostra in corso, The tomorrow of art, allestita inizialmente fino al 30 novembre – con le nuove disposizioni sarà prorogata – che ospita gli artisti Belle Roth, Anna K, Maria Misselbrook e Jenifer Carey, risponde proprio incontro a quest’idea.
“Oggi infatti, molte manifestazioni artistiche contemporanee risultano sempre più spesso imbrigliate da logiche di mercato che, tra speculazioni e trovate pubblicitarie, sviliscono il compito principale dell’arte come fonte di pensiero e serbatoio di stimoli. Quando l’arte diventa solo imitazione, quando si concentra solo su un’adulazione estetico-sensista, quando cessa di comunicare, rimane come svuota, priva di essenza, dunque sterile”, come ha sottolineato la curatrice Virginia Bazzechi Ganucci Cancellieri.
Gli artisti di The Tomorrow of Art, attraverso le proprie creazioni artistiche, indagano ed interpretano il mondo traghettandoci così nei luoghi arcaici dell’interiorità. “Un’arte che, continua la curatrice, non annullando i propri suoni interiori, rivolge il proprio sguardo al futuro, scuotendo le coscienze dal torpore in cui mode e contesti socio-politici ci appiattiscono, riconducendoci alla integrità della nostra natura, della nostra vera essenza”.
Quella di Belle Roth è una pittura sincera, dalle pennellate decise, spogliata del superfluo e sospinta dal ritmo delle emozioni e dall’afflato dell’anima. Le superfici sono contraddistinte da tonalità cromatiche luminose che, sovrapposte su strati differenti, conferiscono al colore valori tattili e all’opera profondità inattese. Risucchiati all’interno del dipinto dalla forza dei contrasti timbrici o dagli accordi tonali che l’artista contrappone e bilancia con notevole abilità, scopriamo un universo artistico dalla grande forza espressiva che, pur impadronendosi dell’essenza della pittura astratta, non sacrifica mai la coerenza ed armonia dei suoi elementi compositivi. Impressioni ed emozioni si mescolano a stimoli differenti creando, attraverso il colore, una brillante scenografia nella quale l’artista colloca il palcoscenico del proprio mondo e dove al tempo stesso prendono vita avvincenti narrazioni universali. Afferma l’artista: “vedo la mia arte come una evoluzione continua. Spero di essere parte integrante della piattaforma globale di arte contemporanea”.
Anna K è un’artista originaria dei Paesi Bassi che, avvolgendo la propria anima in ogni tela, si affida ad un linguaggio astratto per dare ordine e senso alla proiezione emozionale del proprio mondo interiore. Linee e colori creano un dinamismo dirompente che si coglie ad esempio nella forma guizzante degli occhi o nell’asimmetria delle pupille che conferiscono ai volti un’oscillante instabilità che invita l’osservatore a cambiare la prospettiva da cui guardare la figura, passando dalla frontalità al profilo. L’astrattismo di Anna K infatti non dà forma all’astrazione di un’idea o all’immobilismo di un concetto, ma attraverso la forza espressiva del colore, scava in profondità, andando oltre la mera materialità del corso ordinario delle cose aprendo nuovi orizzonti di senso e di speranza. L’artista nelle proprie opere penetra così la corteccia del mondo fenomenico, creando un ponte in grado di tenere insieme le sponde del visibile con quelle dell’invisibile.
Maria Misselbrook è un’artista nata a Losanna da madre italiana e padre tedesco. Le doppie radici culturali nutrono la sua pittura, definendo un alfabeto creativo dove il rigore analitico della sperimentazione e l’emozione di una soggettività individuale si alternano, si contrappongono e si bilanciano, disciplinate sempre da un principio estetico. Uno spirito insaziabile e curioso verso la vita la porta a servirsi di una tecnica mista dove il processo pittorico si estrinseca attraverso le tracce di una sedimentazione cromatica che ripercorre le immagini accatastate di pensieri, ricordi ed emozioni. La realizzazione di un’opera equivale ad una vera e propria “creazione di un mondo” poiché scaturisce da una rivoluzione spirituale oltreché estetica e materiale. Ogni dipinto porta infatti impresse su di sé le tracce di un’esperienza totalizzante, che comunica e che coinvolge. Nell’esteriorità della materia pittorica Maria Misselbrook diventa una di quei “cercatori dell’interiorità” di cui parla Kandinsky, capace, attraverso la propria arte, di estrarre l’anima segreta del mondo.
Jenifer Carey, un’artista inglese con la quale la Galleria360 è felice di collaborare da diverso tempo, ci ha detto Angela Fagu. Lo spirito entusiasta e voracemente curioso verso la bellezza della vita di questa artista si riflette pienamente nella sua arte. Ne sono esempio i dipinti della serie “Jazz&Music”, dove l’artista ci proietta come per incanto nell’atmosfera di vivaci locali underground newyorkesi. Se osservate le opere infatti, noterete musicisti alle prese con sax e contrabbassi che prendono forma da pennellate rapide e da trasgressioni disegnative, frutto di una tecnica spartana quanto suggestiva. L’intensità timbrica del colore e l’audace stilizzazione immaginativa caratterizza le composizioni frizzanti della pittrice inglese. Quella di Carey è un’arte dove l’esplosiva gioia di vivere scorre nelle vene dell’epidermide pittorica delle opere al ritmo di improvvisazioni cromatiche e di un caldo sound jazzistico.
a cura di Ilaria Guidantoni