Dall’8 dicembre al cinema con No.Mad Entertainment, l’Opera prima di Antoinette Boulat con Lou Lampros – Jacky Caillou, A Night Doctor, De son vivant, Médecin de nuit, Madre – e Tom Mercier – We Are Who We Are, Synonymes – Carmen Kassovitz – Heartbeast, Atomic Summer, A Girl’s Room – Emmanuelle Bercot – Goliath, il ballo delle pazze, Polisse, Mon roi – e Maya Sansa -Le mie ragazze di carta, Revoir Paris, Security.Il film presentato in Orizzonti nella 78 edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Un film notturno nel quale i tempi sono esasperatamente lenti, come le parole, centellinate, misurate, pesate e in questo ritmo di un film nel complesso breve, si sente lo smarrimento di una generazione di adolescenti e in particolare della protagonista, Marion, diciotto anni. Da quando è morta sua sorella, la ragazza è piena di dolore, ma ha raggiunto un’età in cui sente un profondo bisogno di libertà. Il giorno dell’anniversario della morte della sorella, inizia un viaggio per le strade di Parigi. Ne segue una notte di incontri con dei volti familiari, in una città con cui i giovani non riescono più a stabilire un legame, finché Marion non si imbatte nell’impulsivo Alex, uno spirito libero. Grazie all’incontro di due solitudini, il loro percorso si trasforma nel ritmo che scandisce il vagare nella città, come un viaggio nella notte. Il film racconta bene con i suoi silenzi più che con le parole un dolore incomunicabile, una vita che vaga alla ricerca di un porto dal quale ripartire. Non so se consapevolmente e volutamente la regia ci comunica che per essere liberi occorre radicarsi, almeno in se stessi e che l’altro, l’incontro velato di erotismo è l’unico modo per andare avanti. Interessante che una volta tanto il cinema non vada sopra le righe, non ci siano amori consumati ma sussurrati, che si resti in un limbo che dice disorientamento ma anche possibilità di mettersi in cammino. La figura di Alex è emblematica e accompagna la paura di Marion ma anche la sua ribellione scegliendo di camminarle al fianco nella notte; che la invita a riflettere, senza prediche né un discorso a tesi, sul fatto che probabilmente quello che ha fatto, la partecipazione diretta o da osservatrice ad una festa trasgressiva, non era quello che le piaceva veramente. Un film che sottolinea il pericolo di scivolare senza buttarsi. Alex invece ‘trasgredisce’ consapevolmente e in modo sano, abbracciando e rischiando la libertà, buttandosi di notte in un fiume, dal quale riemerge con il sorriso. Un film delicato che con uno sguardo lucido e senza paternalismi o compiacimento nel filmare la deriva dona speranza.
“Ma Nuit – afferma la Boulat – affronta il dolore e il modo in cui esso trasforma, e distorce, la nostra visione del mondo. Per ritrarre una ragazza di diciotto anni e la Parigi di oggi, ho scelto la forma del viaggio sia interiore sia fisico. È come una lontana versione dell’errare mitologico, in cui gli eroi si perdono, si affrontano, alla ricerca di uno scopo stabilito da eventi esterni che loro non riescono a controllare.” La notte di Marion a Parigi diventa il riflesso di una generazione che sente di aver perduto per sempre la sua spensieratezza, abbandonata in un mondo spezzato. La ricerca della libertà, o piuttosto il senso di libertà di una generazione che vive nella paura, è il tema centrale di Ma nuit.
Chi è Antoinette Boulat Ha iniziato la sua carriera come direttrice di casting con Ponette di Jacques Doillon, film per il quale Victoire Thivisol ha vinto il premio di migliore attrice Venezia nel 1996. Da allora, ha lavorato in più di 120 film con registi importanti come Olivier Assayas, Leos Carax, Wes Anderson, Sofia Coppola, Emmanuelle Bercot, Benoît Jacquot, François Ozon, Mia Hansen-Löve, Lars Von Trier e Albert Dupontel. Nel 2015, ha condiviso l’EA Award dell’Alliance of Women Film Journalists con i suoi colleghi direttori del casting di The Grand Grand Budapest Hotel di Wes Anderson. Nel 2017 ha vinto l’European Casting Award al Locarno Film Festival per Standing Tall di Emmanuelle Bercot. MA NUIT è il suo primo lungometraggio.
a cura di Ilaria Guidantoni