Dal 21 dicembre su Prime Video, distribuito da 102 Distribution, Shooting Silvio, opera prima di Berardo Carboni – visionario regista anche di VolaVola e Youtopia – che creò tanto scalpore alla sua uscita al cinema nel 2007. Il film è interpretato, tra gli altri, da Federico Rosati, Sofia Vigliar, Alessandro Haber, Giovanni Visentin, Melanie Gerren, Mia Benedetta.
Un film inaspettato, soprattutto a dispetto del titolo, che richiama l’ossessione che per anni il mondo del cinema e della satira ha avuto per Berlusconi, creandone un mito di fatto e abbassando il livello culturale. Il lavoro di Carboni è un film d’autore nel senso più classico, girato in bianco e nero con effetti vintage e inserti di colore, un risultato pittorico molto curato e raffinato, anche nel montaggio. Grande cura è riservata alla musica e ai dialoghi sempre più assenti ormai nella cinematografia. Ha il sapore di alcuni film francesi, si sente l’eco di Garrel ad esempio, con la capacità di volare. Lontano dalla logica delle fiction che ormai invade il grande schermo, così come dai film documentari, malgrado alcuni spezzoni di riprese dalla politica, telegiornali, congressi e interviste; è un sogno, a tratti un delirio, quello del protagonista, giovane orfano che vive di rendita grazie all’eredità lasciatagli dai genitori, che si fa chiamare Kurtz, come il protagonista di Apocalypse now con l’ossessione di scrivere un libro su Berlusconi e poi addirittura di ucciderlo. Un piano delirante per una vita scombinata, eppure dentro il sogno assurdo nella realizzazione, di scuotere le coscienze, rispetto ad un fenomeno che ha anestetizzato le menti ed esaltato la mediocrità. Questo film è la dimostrazione che l’arte può essere critica alla realtà, impegnata, ma restare tale, far sognare, raccontare una storia, al di là dello stile giornalistico che sempre più contagia anche il teatro. Anche se il centro è puntato tutto sul presidente del consiglio come bersaglio fino all’esito finale che ci lascia nel dubbio del sogno, si racconta una personalità disturbata che riesce ad amare solo a metà e per la quale è più facile odiare; una generazioni di giovani inconsistenti, incapaci di lottare, dalle relazioni fluide e tristi e la voglia di Kurtz di reagire pensando ad un libro collettivo, una sorta di grande seduta psicanalitica. Ognuno degli amici potrebbe scrivere una pagina con la propria ragione e il modo per far fuori il Premier. Nessuno accetta e forse uno solo ha un’obiezione meditata: il problema non è Berlusconi in sé ma il Berlusconi che è in me: in fondo l’ossessione di colpirlo è un modo per renderlo mitico e non per neutralizzarlo. Da qui nasce l’impresa impossibile: ucciderlo. E’ quello che ha tentato di fare la satira e la stampa, rimanendone vittime. Un film originale perché vola sulla realtà e attraverso la realtà e non si schiera né fa un semplice collage di interviste e documenti – tra i quali Indro Montanelli, Enzo Biagi – ma racconta una storia incredibile e per questo è cinema.
Nel cast anche Remo Remotti nel ruolo del tassista, recita un pezzo della sua celebre poesia Mamma Roma, mentre Marco Travaglio, nel ruolo di se stesso, afferma quanto ‘uccidere Berlusconi non sia un rimedio al Berlusconismo’. Special guest Erlend Øye, componente della band Kings of Convenience nel ruolo del dj della festa a casa di Kurtz.
a cura di Ilaria Guidantoni