Titolo poetico e singolare quello della personale di Alireza Mohtashami, Visual and Conceptual Artist, di Teheran, laureato all’Accademia di Belle Arti di Firenze in Arti Visive e Nuovi Linguaggi Espressivi con una formazione scientifica alle spalle a La Ménagère a Firenze, inaugurata per la settimana dell’Art Week. L’artista persiano si definisce concettuale non perché la parte visiva non sia importante ma perché dietro l’immagine c’è sempre una storia da raccontare come quella della serie dei “soli”. Attraverso la realtà aumentata i visitatori utilizzando il proprio telefono portatile possono immergersi nel mondo dell’artista persiano da piccolo. In questo modo si scopre quello che Alireza ha disegnato tra i due e i cinque anni sempre con un elemento che riferisce al sole. Una sorta di auto-vandalismo tra Alireza piccolo e Alireza di oggi, come ci ha raccontato l’artista ma anche un quadro del quadro, un’immagine che rimanda a un non detto, là dove il visibile è solo una piccola porzione dell’invisibile. Ogni serie nasce con un concetto e una storia e fa un percorso per arrivare a diventare un’opera d’arte. “L’arte non importa che sia bella o brutta – sottolinea Alireza -ma l’importante è che dia un’emozione e che faccia riflettere. Noi siamo energia e la creazione è
la manipolazione di quest’energia. Noi siamo venuti in questa terra per un motivo, ognuno di noi ha un percorso unico per imparare e disimparare. Dobbiamo seguire i segni che la vita ci mette misteriosamente davanti per viverla in modo migliore. La vita non è una gara ma semplicemente un’esperienza piena di emozioni diverse”. Ogni lavoro di Alireza è quindi quasi un autoritratto. Questa serie è nata semplicemente da una storia ascoltata, con la suggestione e l’emozione che ha provato l’artista quando ha ascoltato una madre dire al proprio figlio “dipingimi un mare enorme grandissimo, con onde alte e l’acqua azzurra!”, “un sole grande grande luminosissimo giallo giallo in un cielo azzurro!” Per un attimo è come se gli adulti diventassero bambini anche loro. I bambini prendono i colori e dipingono con libertà e emozioni, senza pensare troppo ma un’immaginazione senza limiti. Noi grandi abbiamo troppi limiti legato a quella socialità imbrigliata da regole. Ogni bambino nasce artista senza aver fatto l’accademia, senza conoscere il mercato dell’arte ed imitare altri artisti famosi. I bambini dipingono ciò che vedono intorno o quello che vogliono vedere intorno con la loro immaginazione ovvero tutto quello che appartiene loro, le cose autentiche. “I miei soli, sono belli rotondi ed immersi in un cosmo infinito dove danzano avanti nello spazio-tempo verso una materia scura e la nullità. Un caos armonico con similitudini unici. I miei soli, sono luminosi e gialli,
e se non li vedete così probabilmente non avete ancora aperto gli occhi.”. I soli dell’artista sono bianchi su un fondo nero, lontani dall’immagine classica di un sole giallo che brilla su uno sfondo blu e il perché è una piccola confessione: il daltonismo di Alireza ma anche una ragione più profonda, la sua visione concettuale, scientifica appunto. Il sole è essenzialmente luce e quindi è bianco e lo spazio nel quale si dilata fino a infinitizzarsi il cielo è nero. Otto delle opere della serie completa di quindici quadri è sono esposte per la prima volta con un effetto di grande suggestione e sorpresa che nasce come tutta l’arte di Alireza da un vissuto personale anche se la sua sensibilità ai diritti civili, in particolare alla questione femminile e all’identità sessuale come al tema ambientale, è alta sebbene non diventi quasi mai un manifesto, una citazione esplicita. Preferisce arrivare per via indiretta come in questo caso dove il sole che brilla è l’auspicio di un ambiente tutelato. La chiave ecologica infatti più che il rimando alla mitologia e alla religione persiana, la cui cultura fa parte del dna di Mohtashami senza però che diventi una scelta programmatica. L’effetto di questi disegni che mescolano elementi ‘veri’ e digitali, stampati sul plexiglass, è elegante e un po’ straniante con
una vena estetica che può essere utilizzata anche per l’interior design, non escludendo la riproducibilità dell’opera.
Chi è Alireza Mohtashami
Visual and Conceptual Artist, nato a Teheran in Iran, classe 1993 e laureato all’Accademia di Belle Arti di Firenze – Arti Visive e Nuovi Linguaggi Espressivi, nel campo Scultura e Installazione, dopo aver terminato il liceo nel campo di Matematica e Fisica. Suona il pianoforte dall’età di 8 anni e ha un’approfondita conoscenza della musica ed anche della tecnologia nel campo del computer e Web Designing che lo hanno aiutato ad iniziare i suoi progetti artistici. Nei suoi lavori ci sono sempre tocchi della sua filosofia di vita e una forte sensibilità sulle questioni attuali come Donne, LGBTQ+, Pace, Media, Riscaldamento Globale, Cancro, Identità.
Collabora con Marco Bechi (Esperto e critico enogastronomico, food & wine blogger marcobechi.it e collaboratore per SlowWine) per design, fotografia, video e editing dal 2015 fino ad oggi, per i cocktail bar e diversi ristoranti stellati come Arnolfo, Ora d’Aria, The Winter Garden by Caino, Se.Sto On Arno, il Locale, Osteria di Passignano, La Bottega del Buon Caffè, Caino, Meo Modo by Relais Borgo Santo Pietro, La Bottega del 30, Il Pievano, Il Campo Cedro, La Tenda Rossa. Ha collaborato con l’artista Maryam Iranpanah in diversi progetti come il film artistico Avin per il quale Alireza ha composto tutta la parte sonora.
a cura di Ilaria Guidantoni