Articolo pubblicato su BeBeez Magazine n. 13 del 23 settembre 2023
(qui l’Editoriale con aggiornamenti su FC Inter)
di Giuliano Castagneto
La maggior parte dei club calcistici italiani deve affrontare il problema di un debito crescente mentre si fa sempre più incerto l’esito l’asta dei diritti tv, con i broadcaster tutt’altro che disposti a svenarsi per trasmettere gli incontri. Per questo motivo il ricorso al factoring diventa più complicato e quindi trovare investitori che iniettino capitali freschi sembra la soluzione più efficiente per uscire dall’empasse. Ma gli investitori, quando sono di estrazione finanziaria, cercano valore inespresso. Che non sempre esiste.
I numeri delle squadre
Parlano chiaro i dati dell’ultimo Report Calcio 2023 – Il censimento del calcio italiano, il rapporto annuale sul calcio italiano, sviluppato dal Centro Studi FIGC in collaborazione con AREL (Agenzia di Ricerche e Legislazione) e PwC, tra le società leader nella revisione dei conti dei club calcistici: le squadre di Serie A, B e C hanno riportato una perdita aggregata di circa 4 miliardi di euro nelle quattro stagioni dal 2018-2019 al 2021-2022, di cui 3,6 miliardi concentrati nelle ultime tre stagioni. Un risultato che è causa di una crescita costante dei costi operativi, soprattutto per ingaggi e svalutazioni di cartellini, cioè del parco giocatori, alla quale le squadre non riescono a tenere dietro con una struttura dei ricavi ancora troppo sbilanciata sui diritti televisivi. E se il Covid ha certamente pesato, l’andamento degli introiti non consente di fare della pandemia l’unico colpevole di una situazione a dir poco tesa.
Nel 2021-22, la stagione post lockdown, i ricavi sono comunque calati del 4,9% a 3,43 miliardi (soprattutto i diritti tv) e l’ebitda si è mantenuto negativo ben 152 milioni. E, nonostante un calo del 9,9% di ammortamenti e svalutazioni, il risultato netto è stato appunto ancora un bel rosso di 1,364 miliardi, perché nel contempo si è registrato un forte aumento (15%) degli oneri finanziari a 124 milioni, a suo volta legato alla crescita continua dello stock di debito sulle spalle dei club di Serie A e B a 5,6 miliardi di euro (era 4,8 miliardi a fine stagione 2018-2019). Per contro, invece, il patrimonio netto aggregato è sceso a 440 milioni, in crollo del 35,9% dai 687 milioni della stagione 2020-2021, quando si era registrato il massimo del periodo in esame.
Certo, i numeri aggregati come al solito nascondono situazioni molto diverse tra loro. Per esempio è un fatto noto che i conti della Società Sportiva Calcio Napoli (SCC Napoli) siano in buona forma rispetto a quelli della media degli altri club, sebbene comunque nella passata stagione il risultato sia stato in rosso per 52 milioni (da 58,9 milioni). Nel bilancio al 30 giugno 2022 si legge infatti che il club di proprietà del presidente Aurelio De Laurentiis, attraverso la sua Filmauro srl, abbia chiuso la stagione con 176 milioni di euro di ricavi (dai 228 milioni del 2020-21), di cui la voce più corposa è stata quella relativa ai diritti tv (89,8 milioni), con una differenza tra valore e costi della produzione (in sostanza il margine operativo lordo o ebitda) di 65,2 milioni (da 78,5 milioni), ma a fronte di liquidità netta per 55,9 milioni e di un patrimonio netto di 68,8 milioni (da 140,3 milioni). Il club partenopeo, cioè, mosca bianca tra le squadre di calcio italiane, può vantare il fatto di avere più crediti finanziari che debiti finanziari, che nella sostanza, si legge sempre nel bilancio al 30 giugno 2022 (pag. 39), si riducono a soli 52 milioni di euro di debiti verso le banche (Unicredit ha concesso nell’esercizio 2021-2022 appunto due finanziamenti con garanzia SACE per un totale di 50 milioni, a cui si aggiungono poco meno di 2 milioni di commissioni SACE), a fronte di disponibilità liquide per 107,8 milioni.
Ma appunto il Napoli è un caso a parte. “La grande maggioranza del debito è costituita da prestiti erogati dagli stessi soci, utilizzati per ripianare le perdite d’esercizio”, spiega Federico Mussi, partner di PwC Italia e coordinatore del Report Calcio 2023.
Certo ci sono poi delle eccezioni, come ricorda lo stesso Mussi, in cui a finanziare non sono stati i soci ma investitori specializzati. C’è il caso dell’AC Milan con il vendor loan di Elliott Management, che nell’estate 2022 per una valutazione della squadra rossonera di 1,2 miliardi di euro ha passato il testimone di azionista alla cordata di investitori guidata da Red Bird Capital. Elliott appunto ha mantenuto un piede nell’operazione erogando un finanziamento da 550 milioni (si veda altro articolo di BeBeez).
E c’è anche il caso dell’FC Inter, che nel maggio 2021 ha ottenuto un finanziamento da 275 milioni di euro al 9% di interessi dal fondo Oaktree Capital Management con scadenza nello stesso mese del 2024 (si veda altro articolo di BeBeez). Oaktree non ha nulla a che fare con la proprietà del club, che fa capo al colosso cinese Suning della famiglia Zhang, tramite il veicolo lussemburghese Great Horizon sarl, mentre una quota del 31,05% è invece in mano a Lion Rock, operatore di private equity di Hong Kong il quale, oltre che essere azionista dell’Inter, è anche un investitore in Suning Sports International, parte della stessa Suning. Oaktree ha quindi dato fiducia all’Inter, ma forse ha anche fatto una scommessa il cui downside è il fatto che, nel caso in cui il club non fosse in grado di ripagare il bond, potrebbe divenire di fatto azionista di riferimento con poca spesa (si veda altro articolo di BeBeez), così come aveva fatto peraltro nel 2018 Elliott con l’AC Milan, quando il finanziere cinese Yonghong Li non era stato in grado di ripagare il suo debito e quindi Elliott aveva escusso il pegno, acquisendo la proprietà del club rossonero (si veda altro articolo di BeBeez).
La grande incognita dei diritti Tv
La situazione non sembra destinata a migliorare nel breve termine, soprattutto a causa dell’esito, quanto mai incerto, della vendita dei diritti Tv per le stagioni dal 2024 al 2028. Ricordiamo che lo scorso 11 settembre si è tenuta l’Assemblea della Lega Serie A, che ancora una volta non ha deciso nulla a proposito delle offerte ricevute a fine luglio da DAZN, Mediaset e Sky (si veda qui il comunicato stampa). Offerte che si sa che sono state inferiori a quelle minime previste dal bando approvato dalla Lega lo scorso 16 maggio, su base triennale, quadriennale o quinquennale a partire dalla stagione 2024/25 (si veda altro articolo di BeBeez). Il prezzo minimo doveva essere di 1,2 miliardi di euro per l’offerta sui tre anni, per salire poi del 10% nel caso di vendita a quattro anni e di un ulteriore 10% nel caso di vendita a cinque anni. Il gap fra le richieste dei club e i tre operatori in campo “è consistente, si parla di decine di milioni. Ma è un gap non incolmabile per broadcaster importanti come DAZN, Sky e Mediaset”, ha commentato nei giorni scorsi l’ad della Lega Serie A Luigi De Siervo a margine di un evento alla Fondazione Feltrinelli (si veda qui Radiocor). Le offerte pervenute scadranno il 15 ottobre probabilmente senza un nulla di fatto, per cui le speranze dei club sono ora riposte nelle negoziazioni private tra la stessa Lega da un lato e i broadcaster dall’altro, che poi sono esse stesse sotto pressione per via di un flusso di sottoscrizioni insufficiente a sostenere le richieste della Lega. La situazione è difficile soprattutto per DAZN, già penalizzata dal venir meno del contributo del partner tecnologico TIM, per la quale nella stagione 2022-23 il saldo tra ricavi da abbonamenti e costi dei diritti è in rosso di ben 300 milioni di euro. Quindi dalla trattativa privata, il cui esito è atteso per ottobre, non ci sono da aspettarsi grandi risultati.
“Alcune squadre pensano di creare dei propri canali tv in collaborazione con qualche broadcaster”, aggiunge Mussi. Soluzione che tuttavia potrebbe comportare investimenti e tempi di realizzazione non brevi.
Nel frattempo il rallentamento della congiuntura dopo la ripresa post-Covid (le previsioni indicano un +0,4% del PIL nel 2023) rende sempre più difficile per tanti titolari di club, di norma imprenditori attivi in altri comparti, ripianare il rosso di bilancio della beneamata squadra. Di conseguenza i club si vedono costretti a valutare varie alternative che possano far fronte alla situazione.
Factoring non per tutte le stagioni
Una soluzione sempreverde è quella del ricorso al factoring di crediti legati alla cessione di diritti tv o di altri ricavi attuali o futuri, per esempio sponsorizzazioni, che consente di alleggerire il peso in bilancio del capitale circolante. Nel bilancio 2021-2022 dell’AC Milan (pag. 56), per esempio, si legge che la squadra rossonera ha in essere operazioni di factoring per un totale di 66,9 milioni (da 83,8 milioni nella stagione precedente), soprattutto con Unicredit Factoring, ma anche con Factorit (gruppo Banca Popolare di Sondrio) e Banca Ifis. Molto utilizzato è il factoring anche da Juventus FC, che se è vero che a fine giugno 2022 aveva in essere linee per soli 100 mila euro dai 96,5 milioni della stagione precedente, si veda qui il bilancio pag. 36), nella seconda metà del 2022 ha poi acceso nuove linee, riportando l’esposizione complessiva a 96,5 milioni (si veda qui la semestrale al 31 dicembre 2022, pag. 14). Quanto a FC Inter a fine giugno 2022 le linee di factoring erano tornate a 11,1 milioni (si veda qui il bilancio, pag. 30), mentre l’anno prima erano inesistenti (si veda qui il bilancio, pag. 44). Infine, nella semestrale di SS Lazio (pag. 63) si legge che a fine dicembre 2022 le linee di factoring in essere erano salite a 17,75 milioni, dai 13,3 milioni a fine esercizio 2021-2022 (si veda qui il bilancio, pag 68)
Le banche d’altra parte sono in genere più propense a concedere linee di factoring alle squadre di calcio, che sono per loro natura meno rischiose rispetto ai tradizionali prestiti. Ma per quanto? Le prospettive sempre più nebulose dei diritti tv non incentivano infatti gli istituti, che quindi stanno ora tirando i remi in barca. “E’ un business che ora non siamo propensi a spingere”, riferisce a BeBeez Magazine una fonte di un istituto finora attivo nel factoring a società sportive. “La situazione incerta sulla vendita dei diritti sta frenando il factoring di questo tipo di crediti”, conferma un altro player di mercato.
Per questo Banca Sistema, per la quale il factoring alle società sportive è una delle attività principali, sta proponendo ai club di applicare questo strumento ad altre fonti di ricavo, diverse dai diritti tv. Intanto alcune squadre cominciano a guardarsi intorno, in cerca di canali di finanziamento alternativi. Per esempio, l’Atalanta lo scorso maggio ha stretto un accordo con Change Capital, piattaforma di informazione sulla disponibilità di credito partecipata da alcune banche italiane, finalizzato alla segnalazione delle opportunità di finanziamento agevolato disponibili, per finanziare investimenti in attrezzature da allenamento ad alta tecnologia (si veda articolo di BeBeez), e questo ha fatto drizzare le orecchie ad altre società.
Diversificare i ricavi, ma quali?
Ma si tratta ancora di iniziative allo stato embrionale. Nel frattempo si fa pressante per i club l’esigenza di aumentare il peso sui ricavi di voci meno incerte dei diritti tv e meno volatili delle plusvalenze da cessione di giocatori. Anzitutto si pensa allo sfruttamento dei marchi, quindi a sponsorizzazioni e merchandising.
Gerry Cardinale, fondatore di RedBird Capital, in occasione del closing dell’acquisizione del Milan lo scorso anno aveva detto chiaro che l’obiettivo dell’investimento è “consentire ai nostri tifosi di condividere le straordinarie esperienze di questo Club storico, aggiungendo: “Faremo in modo di sfruttare la nostra rete globale di sport e media, la nostra esperienza nella raccolta e analisi dei dati, il nostro track record nello sviluppo di stadi sportivi e ospitalità per raggiungere un obiettivo: mantenere il Milan al vertice del calcio europeo e mondiale”. Una rete che include in primo luogo Yankee Global Enterprises (YGE), società proprietaria dei New York Yankees che fa a capo alla famiglia Steinbrenner e con i quali è Red Bird è co-proprietario di Yankees Entertainment Sports (YES) Network, la rete sportiva regionale più seguita negli Stati Uniti. YGE fa parte della cordata di investitori organizzata da Cardinale, che, a proposito del coinvolgimento di YGE, allora aveva sottolineato: “Abbiamo una relazione pluridecennale con i New York Yankees e la famiglia Steinbrenner che ha portato alla creazione di alcune delle attività di maggior successo nello sport, nell’intrattenimento e nell’hospitality. Siamo felici che la nostra partnership con loro prosegua e cercheremo di esplorare insieme le opportunità per ampliare la nostra capacità di raggiungere il più ampio numero possibile di tifosi ed espandere le opportunità commerciali accessibili solo alle società che operano ai più alti livelli dello sport mondiale”.
Scalando di dimensione, anche l’Atalanta ha allo studio diversi accordi di co-sponsorizzazione e iniziative analoghe con altrettante aziende della provincia di Bergamo, e inoltre sta studiando come poter beneficiare dei circa 900 mila sostenitori a vario titolo che ha appena scoperto di avere in tutta Italia. Quest’ultimo punto introduce il discorso della valorizzazione della tifoseria, che oggi rappresenta soprattutto un grande patrimonio di dati, questi ultimi oggi di proprietà delle piattaforme di broad e webcasting o di scommesse. Si tratta di un notevole serbatoio di valore che i club non riescono a estrinsecare appieno.
“E’ sicuramente una delle leve su cui impostare le linee guida strategiche”, spiega a BeBeez Magazine un advisor”. Discorso analogo vale per l’e-soccer, ovvero il calcio sui videogiochi. Una recente analisi di Deloitte riporta che l’Italia è tra i Paesi europei dove gli e-sports hanno maggiormente presa. Tre italiani su dieci giocano ai videogiochi (nella fascia da 6 a 64 anni). Eppure i ricavi totali per i club, tra diritti e sponsorizzazioni, a fine 2022 non superavano i 20 milioni di euro.
Un secondo modo per diversificare i ricavi è quello di far fruttare la gestione degli stadi, ben oltre gli spettacoli offerti dalle partite. “Se di proprietà, lo stadio si può ristrutturare in modo da prevedere spazi per intrattenimento e iniziative legate agli sponsor del club”, sottolinea Luca Bassi, membro del Cda dell’Atalanta e managing director di Bain Capital. Quest’ultimo ruolo non è evidentemente un caso, visto che il club di calcio bergamasco è partecipato dal maggio 2022 da una cordata di investitori organizzata da Stephen Pagliuca, co-chairman di Bain Capital e dal 2002 anche comproprietario della squadra di basket Usa Boston Celtics (si veda altro articolo di BeBeez). Oltretutto la costruzione dello stadio può essere finanziata con un project finance, senza gravare ulteriormente sul bilancio delle società calcistiche. Diversi club di serie A, come la Juventus, l’Udinese, l’Atalanta e il Sassuolo, sono già molto avanti su questa strada. Ma puntare tutto sullo stadio presenta dei rischi, almeno in Italia. Puntare sullo stadio per incrementare i ricavi è un investimento importante e che porta a risultati solo nel lungo periodo. Se c’è un problema di conti, meglio ragionare su qualche altra soluzione.
Investitori finanziari? Sì, a condizione che….
Non desta quindi meraviglia se tanti proprietari di club abbiano deciso di passare la mano. Il report calcio 2023 di PwC ha calcolato che nei 12 anni tra la stagione 2010-2011 e la stagione 2021-2022, un totale di 199 diverse squadre abbiano partecipato almeno una volta a un campionato di calcio professionistico in Italia. Delle 42 società sempre presenti nel calcio professionistico in questi 12 anni, il 60% (cioè 25 squadre) è stata soggetta per almeno una volta a un cambio di proprietà, inteso come cambio del socio di maggioranza, per ricapitalizzazioni complessive che hanno raggiunto quota 6,2 miliardi. In 9 casi sui 25 di cambi di socio di riferimento, la nuova proprietà proviene dall’estero: 7 dagli Stati Uniti (Atalanta, Fiorentina, Genoa, Milan, Pisa, Roma e Spezia); una dal Canada (Bologna) e una dalla Cina (Inter).
In particolare, negli ultimi tre anni, non meno di 13 club di tutte le categorie sono stati ceduti a investitori e finanzieri di provenienza estera. Si tratta di fondi o gruppi diversificati con buone capacità finanziarie, ma comunque estremamente oculati nell’impegnare le rispettive risorse nel calcio italiano e non disposti a sborsare consistenti capitali giusto per avere un biglietto d’ingresso nel calcio tricolore. Chi lo ha fatto, è mosso da precise strategie, che vanno dalla creazione di poli di squadre sportive di diversi Paesi, per creare sinergie, a valutazioni più opportunistiche circa la possibilità di far fare il salto di categoria in brevissimo tempo, sino a ragioni di fiscali, ne caso in cui si possano utilizzare le perdite del club a deduzione dell’imponibile della controllante.
In generale, comunque, gli investitori mantengono un approccio molto selettivo, e anche prudente. “In generale c’è riluttanza a investire nelle squadre di grandi città italiane, perché si è consapevoli della grande pressione che mettono le tifoserie”, avverte Bassi di Bain Capital. Certo, però, se le possibilità di crescita di valore ci sono, allora le cose cambiano.
Secondo l’ultimo report Football Benchmark 2023, a cura dell’ex partner di KPMG ed ex global head of sports, Andrea Sartori, ora nella veste di founder e ceo di Football Benchmark | Ace Advisory, Milan e Napoli sono le società che hanno visto il proprio valore crescere più velocemente nella stagione 2022-23: l’enterprise value del Napoli, calcolato solo sulla base dei numeri di bilancio, si collocherebbe a 706 milioni di euro, cioè il 46% in più di quello calcolato dallo stesso report per la stagione precedente. Allo stesso modo l’EV calcolato per il Milan è di 1,06 miliardi di euro, in aumento addirittura dell’83% dalla stagione precedente. Si tratta di numeri importanti che sono comunque lontani da quelli che poi si concretizzano sul mercato.
Ricordiamo che lo stesso report Football Benchmark nell’edizione 2022 calcolava per il Milan un EV di 578 milioni e sappiamo poi che la valutazione della squadra rossonera è stata invece come già detto sopra di 1,2 miliardi di dollari. Ma lo stesso report avvertiva: “L’EV calcolato sui numeri di bilancio può differire in maniera importante dal prezzo che un investitore è poi disposto a pagare”. Si tratta di differenze spiegate, oltre che dalle “sinergie specifiche per l’investitore” anche dalla “scarsità di club di questo calibro sul mercato, dall’ego degli stessi investitori, così come dall’opportunità di acquistare il club italiano con il maggior numero di trofei internazionali”.
D’altra parte RedBird e i suoi coinvestitori hanno messo sul piatto 1,2 miliardi di dollari per acquisire il Milan, ben sapendo che il precedente azionista di controllo, Elliott, aveva già fatto gran parte del lavoro di risanamento (si veda articolo di BeBeez), tanto che ora, grazie anche allo scudetto del 2022 e alla semifinale di Champions League, quest’anno, secondo quanto anticipato dallo stesso Cardinale, il Milan dovrebbe chiudere in utile. Allo stesso modo non stupisce che al presidente del Napoli sia arrivata a fine 2022 un’offerta di acquisto per il club da un miliardo di euro messa sul piatto da un investitore di private equity di cui non è stato svelato il nome. Offerta che però De Laurentiis ha rimandato al mittente (si veda articolo di BeBeez). Dal canto suo, abbiamo visto che il Napoli è una delle società più liquide, con disponibilità di cassa per quasi 56 milioni al giugno 2022. Due situazioni dal rischio piuttosto limitato, nonostante le grosse cifre in ballo. Ma per tanti altri club, far fronte ai debiti sarà davvero un big match.
qui di seguito i link ai box di approfondimento, parte di questa inchiesta:
I tre motivi per cui i fondi investono nei club di calcio
Bassi (Atalanta), ecco perché gli americani puntano sulle squadre di calcio italiane
Valli (Banca Sistema), così funziona il factoring nel calcio
Stadi … confusionali. Un percorso complicato
Change Capital, così il fintech può sostenere il calcio