Grazie a una “crescita continua” in tutti i segmenti di business, sorridono i conti trimestrali della paytech europea Nexi, che ha come soci diversi fondi di private equity, di cui i primi sono Hellmann & Friedman e CDP, e che a Piazza Affari ha registrato un balzo del 6,38% a 6,07 euro. I ricavi netti a fine marzo sono infatti aumentati del 6% a 781,6 milioni di euro rispetto ai 737,6 milioni dei primi tre mesi dell’esercizio precedente e l’ebitda è cresciuto dell’8,6% a 361,7 milioni rispetto ai 333,1 milioni dello stesso periodo del 2023 (si veda qui il comunicato stampa). In miglioramento anche la posizione finanziaria netta, pari a 5,035 miliardi (da 5,262 milioni di fine marzo del 2023), con un calo del rapporto con l’ebitda a 2,8 volte (da 3 volte).
I risultati hanno così battuto le attese degli operatori, che si attendevano ricavi per 776 milioni e un ebitda di 355 milioni e consentono alla società leader dei pagamenti digitali in Italia di confermare la guidance per l’esercizio corrente. Per il 2024, “alla luce di un persistente scenario macroeconomico complesso”, si legge nella nota, il gruppo guidato da Paolo Bertoluzzo conferma gli obiettivi per l’intero anno con una crescita dei ricavi annua “mid-single digit” e dell’ebitda “mid-to-high single digit” e con un’espansione della marginalità di oltre 100 punti base. Prevista anche una generazione di cassa in eccesso di oltre 700 milioni e una diminuzione della leva finanziaria netta al di sotto di 2,9 volte l’ebitda. Il primo trimestre ha visto una crescita “forte” e la seconda parte dell’anno “sarà inferiore”, ha spiegato l’amministratore delegato nella conference call con gli analisti.
Quanto al debito in scadenza fino al 2025, pari a circa 1,3 miliardi di euro, il gruppo dei pagamenti ha confermato i propri piani di rimborso totale con la liquidità esistente, dopo aver già rimborsato all’inizio di aprile, tramite la cassa disponibile, le obbligazioni emesse da Nassa TopCo per un valore nominale di circa 219,6 milioni di euro, oltre ai relativi interessi.
Nexi ha anche annunciato l’avvio del programma di buyback fino a 500 milioni, che sarà eseguito entro il 31 ottobre 2025 da Morgan Stanley & Co. International, per un numero massimo di azioni ordinarie pari al 20% del capitale, incluse le azioni proprie già in portafoglio (si veda qui il comunicato stampa). “Abbiamo iniziato con questi 500 milioni di euro di capitale da restituire agli azionisti. È un programma di 18 mesi che potrebbe essere completato prima. È solo il primo passo di un processo che a un certo punto porterà a pagare dividendi, ma questo dipenderà dal prezzo dell’azione”, ha spiegato il direttore finanziario Bernardo Mingrone agli analisti.
“La consistente disponibilità di cassa esistente e la forte crescita della generazione di cassa attuale e futura consentono di poter iniziare a restituire capitale agli azionisti nel 2024, pur continuando a sostenere sia la riduzione del debito attesa che le limitate opportunità di m&a previste per il futuro”, ha sottolineato la società, precisando che “il management e il consiglio di amministrazione ritengono che l’attuale prezzo dell’azione non rifletta in pieno il valore della società e delle sue prospettive e che il riacquisto di azioni proprie rappresenti la più efficace opportunità di creazione di valore per gli azionisti”.
Nexi è attualmente alla ricerca di nuove offerte per la divisione DBS-Digital Banking Solutions, responsabile dell’infrastruttura che gestisce le transazioni degli utenti per le banche, dopo la mancanza dell’accordo sul prezzo per la vendita a F2i sgr (si veda altro articolo di BeBeez). La trattativa in esclusiva sarebbe infatti naufragata nelle scorse settimane, come riportato dal Corriere della Sera, a causa della distanza tra i circa 650 milioni di euro messi sul piatto dalla società di gestione del risparmio guidata da Renato Ravanelli e gli almeno 800 milioni richiesti da Nexi.
Per DBS, che rappresenta circa l’11% dei ricavi complessivi del gruppo e che ha registrato ricavi in crescita del 4,3% a 86,3 milioni nel primo trimestre, sarebbero già pronti a scendere in campo il fornitore globale di ATM (bancomat per pagamenti istantanei e trasferimenti bancari) Euronet, la belga Swift e la statunitense FIS-Fidelity National Information Services.
L’obiettivo della cessione dei servizi di clearing e di digital corporate banking, che fanno parte della divisione, è quello di concentrarsi sulle attività core nel settore dei pagamenti digitali e di razionalizzare la propria struttura, come previsto dal piano industriale, con cui Nexi mira a guidare la transizione verso un’Europa senza contanti attraverso una vasta gamma di canali e metodi di pagamento diversi.
Nexi è in trattative anche per la cessione di un altro asset di DBS: la rete degli ATM, valutata circa 100 milioni di euro, per la quale sembra interessata Euronet. La cessione degli asset non strategici rientrerebbe non solo nel piano della paytech di concentrarsi sulle attività principali e di razionalizzare la propria struttura, ma permetterebbe anche di ridurre il suo debito.
Secondo indiscrezioni, alcune banche d’affari avrebbero ipotizzato una fusione tra Nexi e la concorrente francese Worldline, al fine di creare un colosso continentale capace di competere con i grandi player statunitensi nel campo della digitalizzazione. Ma questa ipotesi sarebbe difficile da condurre in porto sia per il valore di mercato più che doppio della paytech italiana rispetto all’azienda transalpina che per le complesse dinamiche industriali tra Italia e Francia.
Ricordiamo che alla fine di febbraio del 2023 Nexi aveva acquisito dallo spagnolo Banco Sabadell l’80% del suo business merchant acquiring sulla base di un enterprise value per il 100% di 350 milioni, siglando un accordo di lungo periodo nel business dei pagamenti(si veda altro articolo di BeBeez). In riferimento all’opa ostile lanciata dall’iberica BBVA proprio su Banco Sabadell, Bertoluzzo ha detto che “stiamo monitorando la situazione, ma allo stesso tempo siamo molto tranquilli. Abbiamo costruito una forte relazione con loro e siamo convinti del potenziale (del mercato spagnolo, ndr). Monitoriamo in stretto contatto con Sabadell, la situazione cambia nel giro di ore”.
Ricordiamo in conclusione, come detto, che l’azionariato di Nexi è ancora in prevalenza in mano a fondi di private equity. Primo azionista è, infatti, il fondo Hellmann & Friedman con il 19,91%, seguito da CDP con il 13,56%. Ci sono poi con quasi il 9,27% Mercury UK, la holding che raggruppa le partecipazioni dei fondi di private equity Advent International, Bain Capital e Clessidra, che prima della quotazione a Piazza Affari della paytech ne erano azionisti di riferimento (si veda altro articolo di BeBeez), Eagle (AIBC) & CY sca con quasi il 6,08%, Poste Italiane con il 3,54% e, infine, Neptune BC e AB Europe con il 2,01% ciascuno.