Articolo pubblicato su BeBeez Magazine n.10 dell’8 luglio 2023
di Giuliano Castagneto
Uno dei passaggi più critici, e forse anche più sottovalutati, nel percorso di concept proofing di un ritrovato tecnologico dall’accademia al mercato è tutto quanto attiene alla tutela della proprietà intellettuale. Un’area che ricercatori esperti in fisica, biologia o elettronica tendono a considerare alla stregua di un adempimento burocratico, quindi soprattutto un costo.
“Molti di essi sono spesso spaventati dalle spese che comporta l’iter di brevettazione di un’invenzione, e su certi passaggi cruciali si fanno tentare dal fai-da-te”, segnala Jacopo Liguori, partner responsabile dell’area Intellectual Property, Technology & Privacy presso lo studio legale internazionale Withers. Uno di questi passaggi è la ricerca di anteriorità, un termine un po’ astruso che definisce l’indagine volta ad accertare che l’idea che stai brevettando non l’ha già avuta qualcuno prima di te.
“Non è un lavoro semplice”, continua Liguori, “bisogna affidarsi a tecnici esperti di queste ricerche. Il processo è piuttosto complesso perché potrebbe essere necessario esaminare documenti di natura tecnica presenti in diversi database in tutto il mondo al fine di assicurare che non esistano prodotti o procedimenti simili a quello che si vuole realizzare. Molti invece ritengono di poterlo fare da soli”. Il risultato può essere disastroso. Infatti, se da una ricerca più approfondita emerge che qualcuno ha già avuto la tua idea e l’ha brevettata, il tuo brevetto non è valido e quindi la tua idea non ha valore. “Il che vuol dire che nessuno è disposto a investire sulla tua invenzione”, avverte Liguori.
E ancora prima di accertare l’originalità dell’idea e quindi la validità del brevetto, un altro snodo cruciale riguarda la sua segretezza, perché se l’invenzione viene per qualche motivo divulgata, ci si preclude la possibilità di procedere con una sua brevettazione con esito ugualmente nefasto per il suo valore economico. “Occorre proteggere l’invenzione con una serie di accordi di confidenzialità, anche con gli investitori, soprattutto se questi negano l’investimento, e la cui violazione può essere contestata in sede giudiziale. Inoltre, se l’autore dell’invenzione è già consapevole che avrà bisogno di una parte terza per sviluppare il progetto, è meglio che valuti subito di negoziare un accordo di ricerca e sviluppo che vada anche a disciplinare la titolarità dei diritti di proprietà intellettuale sul brevetto che potrebbe essere depositato e i proventi da esso nascenti”, aggiunge Liguori.
Ma non è finita. Una volta accertato che l’invenzione è brevettabile e ben protetta, sorge la questione della titolarità, che la versione della riforma del Codice della Proprietà Intellettuale, oggi alle battute finali della discussione in Parlamento, potrebbe un domani assegnare direttamente all’università o all’ente di ricerca in seno al quale è nata l’idea, a differenza della vecchia normativa che l’assegnava alle persone fisiche autrici materiali del ritrovato. Si parla infatti di abolizione del professor’s privilege (si veda altro articolo di BeBeez).
Attualmente, infatti, l’articolo 65 del CPI prevede che, nel caso in cui vi sia un rapporto di lavoro intercorrente con una pubblica amministrazione avente tra i suoi scopi istituzionali finalità di ricerca oppure con un’università, il ricercatore è titolare esclusivo dei diritti derivanti dall’invenzione brevettabile di cui egli stesso è l’autore, salvo il diritto dell’università o ente di stabilire l’importo massimo del canone a sé spettante per licenze a terzi per l’uso dell’invenzione stessa.
L’art. 3 del disegno di legge A.C. n. 1134, che andrà a sostituire, una volta approvato, il citato articolo 65, ribalta l’approccio relativo alla titolarità delle invenzioni dei ricercatori, stabilendo che i diritti nascenti dall’invenzione spetteranno alla struttura di appartenenza dell’inventore (quindi l’università o l’ente di Ricerca), a meno che la stessa struttura non vi abbia interesse, fatto salvo il diritto del ricercatore di essere riconosciuto come autore dell’invenzione e ricevere una remunerazione.
La proposta normativa, oltre a stimolare l’aumento di investimenti in ricerca e sviluppo da parte delle università e degli enti che saranno titolari dei diritti sulle invenzioni, potrebbe favorire anche il trasferimento tecnologico, che promuove il passaggio delle invenzioni realizzate dagli enti creatori a utenti privati e pubblici, al fine di utilizzare tali conoscenze per creare nuovi beni e servizi per la società. Tale finalità è testimoniata infine anche dalla previsione di un nuovo art. 65-bis che disciplina l’introduzione presso gli enti di Uffici di Trasferimento Tecnologico (UTT), aventi la funzione di promuovere la valorizzazione dei titoli di proprietà industriale, anche tramite la promozione di collaborazioni con le imprese.
Bisogna inoltre fare attenzione a quali accordi intercorrono tra spinoff e l’università di origine, che prevedono una partecipazione della seconda ai primi risultati economici della neonata azienda, spesso tramite una partecipazione dell’università stessa nel capitale.