Il 2019 ha registrato una forte crescita degli investimenti realizzati unicamente dai business angel italiani, come singoli o in syndication con altri angeli, anche tramite BAN (Business Angels Network) o club d’investitori, segnando un +32,7% in termini di capitali investiti a quota 52,7 milioni di euro spalmati su 88 operazioni rispetto ai 46,5 milioni di euro e le 167 operazioni del 2018, quando si era registrato un balzo del 75% rispetto ai 26,6 milioni e le 117 operazioni del 2017 (si veda altro articolo di BeBeez). Emerge dall’indagine annuale condotta da IBAN, l’Italian Business Angels Network (si veda qui il comunicato stampa e qui l’intera survey).
Ma accanto a operazioni portate avanti esclusivamente dagli angeli, continuano ad affiancarsi anche interventi in simbiosi con i fondi di venture capital oppure attraverso le piattaforme di equity crowdfunding: nel primo caso si tratta nel complesso di 51 operazioni per un totale di 230 milioni di euro investiti, nel secondo caso invece si parla di 1,3 milioni di euro complessivamente stanziati da angel italiani attraverso 27 operazioni (fonte: Osservatorio Crowd-Investing della School of Management del Politecnico di Milano).
Per un dettaglio delle operazioni di venture capital in senso lato e quindi condotte da fondi, holding di investimento, aziende corporate, business angel e crowd di piattaforme di equity crowdfunding, gli abbonati di BeBeez News Premium (scopri qui come abbonarti a soli 20 euro al mese) possono scaricare qui il Report sul venture capital di BeBeez 2019, mentre a breve sarà disponibile quello del primo semestre 2020 .
Tornando alla survey di IBAN, il settore che maggiormente ha beneficiato degli investimenti degli angels è quello dell’ICT (35% degli investimenti nel 2019), in particolare per lo sviluppo di piattaforme di e-commerce relative a beni e servizi. A questo settore segue quello del terziario avanzato, che ha raccolto il 12% degli investimenti degli angeli, con un peso rilevante dei servizi finanziari, e dei beni di consumo (11% circa). Infine c’è interesse degli investitori anche verso startup che effettuano attività di ricerca e sviluppo nel settore della sanità e delle apparecchiature medicali (8%).
Il taglio medio degli investimenti condotto dagli angel italiani è mediamente in crescita rispetto al 2018, con più del 50% delle operazioni che supera i 100mila euro e il 26% degli investimenti che vanno oltre il mezzo milione di euro. Nel 2019 gli angeli italiani hanno investito mediamente 220mila euro in ogni società target, continuando a preferire le società in fase di startup (66%)
rispetto a quelle in fase di seed (34%). La survey IBAN conferma tuttavia l’inversione del trend già monitorata nel 2018 a favore degli investimenti seed, che nel 2018 rappresentavano il 29% degli investimenti degli angeli e nel 2017 solo il 16%.
Quanto alle exit, il disinvestimento continua a essere un fenomeno raro tra i business angel: nel 2019 infatti solo l’11% del campione ha dichiarato di aver effettuato almeno un disinvestimento, verificatosi oltretutto in media ben 9 anni dopo l’investimento iniziale.
La survey di IBAN traccia anche un identikit degli angeli italiani: in media si tratta di uomini di età compresa tra i 40 e 50 anni con un livello di istruzione alto o molto alto, affiliati a IBAN, a uno dei BAN territoriali, o a un club d’investitori, del Nord Italia. Il passato professionale dei business angel italiani è soprattutto in ruoli dirigenziali o imprenditoriali e attualmente svolgono attività di libero professionista (39%) o imprenditoriale (28%). Il potenziale di crescita del mercato (45%), il team (26%) e la strategia di uscita (11%) sono invece gli elementi che più degli altri vengono soppesati prima di prendere una decisione definitiva.
Paolo Anselmo, presidente di IBAN, ha commentato: “L’angel investing in Italia si sta dimostrando sempre più dinamico ed è arrivato a superare quello francese in termini di investimenti: nell’ultimo anno infatti gli angel francesi hanno fatto investimenti diretti per circa 43 milioni contro i quasi 53 di quelli italiani, a fronte di un numero di investitori che in Francia è anche superiore, ossia 5500 circa contro i 5000 che ogni anno investono in startup e pmi innovative in Italia”.