“Un fondo commutatore che, da un lato, acquisti piccole quote di aziende quotate di medie o grandi dimensioni, ma comunque molto liquide e ben performanti, e dall’altro utilizzi quelle quote come merce di scambio per quote di piccole imprese quotate e poco liquide, trattate sui listini a valori oggi spesso davvero contenuti rispetto a fondamentali che evidenziano invece prospettive di crescita molto interessanti nel medio periodo”. E’ l’ultima invenzione di Simone Strocchi, che in tema di innovazione finanziaria vanta un lungo track record di successi, essendo stato promotore di alcune delle primissime Spac e pre-booking company; che da anni con il gruppo Electa, da lui fondato e oggi confluito nel gruppo Azimut (si veda altro articolo di BeBeez), affianca i principali protagonisti del private equity attivi nel paese, lavorando dietro le quinte per trovare la struttura migliore per i vari deal; e che, sempre con Electa, è anche advisor di gestione di fondi che investono in economia reale, come il nuovo Kairos Renaissance Eltif (KAIS Renaissance).
Il concetto alla base di questi nuovi ragionamenti, spiega Strocchi a BeBeez, è che “in Italia ci sono delle vere e proprie fortune ferme nelle holding di famiglia a cui fanno capo grandi aziende quotate e oggi alla guida di quelle holding ci sono spesso giovani manager, rappresentanti della terza o quarta generazione della famiglia fondatrice, i quali hanno cultura finanziaria, sono cosmopoliti e hanno un network di relazioni ad altissimo livello, hanno quindi una serie di caratteristiche positive e diverse da quelle del classico imprenditore della pmi italiana, come poteva essere il loro nonno e come può essere peraltro ancora l’imprenditore a capo di una tipica pmi, che a quel punto potrebbe beneficiare di un confronto stretto con questa nuova generazione di imprenditori”. Ora, continua Strocchi, “se ciascuno di questi giovani manager decidesse di far cedere dalla holding di famiglia al fondo commutatore una piccolissima partecipazione dell’azienda di famiglia, anche inferiore all’1%, avendo in cambio quote del fondo, a quel punto il fondo potrebbe presentarsi dai gestori di fondi azionari Ucits e offrire loro quei titoli liquidi e performanti in cambio dei titoli molto meno liquidi che magari quei gestori si ritrovano in portafoglio oggi, ma devono cedere per poter rispettare gli indici di liquidità. Una proposta di scambio che in momenti di mercato come quello attuale riscuoterebbe sicuramente interesse, dato che oggi i gestori dei fondi Ucits sono alle prese proprio con la riallocazione degli investimenti, che risulta necessaria per rispettare le asset allocation prestabilite e che comportano necessariamente un riequilibrio a scapito dei titoli illiquidi”.
E ancora, continua Strocchi: “In questa congiuntura stiamo assistendo alla mortificazione della valorizzazione in Borsa di molti titoli di pmi, a dispetto di ottimi fondamentali e potenzialità. Non che i gestori Ucits non se ne rendano conto, ma d’altra parte, per compliance, non possono permettersi di aspettare che queste potenzialità di manifestino. Così, se il fondo commutatore compra oggi quei titoli, è ragionevole immaginare che nel giro di 3-5 anni possano raddoppiare il loro valore, cosa che invece non mi aspetto per le large cap”.
E aggiunge: “L’operazione potrebbe essere realizzata anche senza fondo, attraverso una serie di gemellaggi diretti tra holding di famiglia e una selezione di pmi ad alto potenziale, con il supporto di advisor specialistici che facilitino una relazione costruttiva e attiva”.
E non finisce qui, perché se è vero che parte della raccolta del fondo commutatore dovrebbe arrivare dalle holding che controllano aziende quotate per avere la merce di scambio di cui sopra, è anche vero che il fondo potrebbe anche raccogliere capitali freschi altrove, per esempio dalle holding di famiglia che controllano anche grandi imprese non quotate, o da altri investitori, in modo da avere potenza di fuoco per acquisire direttamente sul mercato i titoli meno liquidi. Oppure intervenire in sede di pre-ipo, acquisendo quote di aziende non quotate ma che stanno intraprendendo un progetto di quotazione. La logica, infatti, resta la stessa: si avvicinano giovani manager ed eredi di grandi fortune ai piccoli e medi imprenditori, che possono anche essere messi in diretta interazione creando un apposito comitato con vantaggi per tutti.
Per questo motivo, conclude Strocchi, “intendiamo dialogare con istituzioni e politica per facilitare l’avvio di questo progetto. Penso alla possibilità di realizzarlo con veicoli societari che non rientrino nella qualifica di fondi, se supportato solo da grandi holding di famiglia, oppure attraverso fondi regolati costituiti per apporto di partecipazioni liquide con complemento di raccolta privata che consentano l’estensione della pex (participation exemption) per i conferenti di partecipazioni”.