Il fondo Atlante si aggiudica quasi il 92% del capitale della Banca Popolare di Vicenza, nella sua prima operazione di salvataggio, avvenuta lo scorso 29 aprile (scarica qui il comunicato stampa). Lo stesso giorno in cui i manager di Quaestio Capital management sgr hanno presentato ufficialmente alla stampa e alla comunità finanziaria struttura, obiettivi e modo di operare del nuovo veicolo (scarica qui la presentazione), che alla fine ha raccolto 4,25 miliardi di euro (il closing è avvenuto nella notte tra giovedì 28 e venerdì 29), grazie alle sottoscrizioni di 67 diverse controparti italiane e internazionali, il 60% bancarie ma affiancate da assicurazioni, fondazioni bancarie e dalla Cassa Depositi e Prestiti. Il fondo potrebbe peraltro essere riaperto in futuro, se gli investitori votassero in questo senso a maggioranza del 66,6%.
Alessandro Penati e Paolo Petrignani, rispettivamente presidente e amministratore delegato di Quaestio Capital Management sgr, hanno spiegato che Atlante avrà durata di cinque anni eventualmente prorogabile di tre, un periodo di investimento di 18 mesi, estendibile per altri 6 mesi, non avrà leva operativa (soltanto una leva del 10% per soddisfare temporanee esigenze di liquidità) e per la sua gestione Quaestio chiederà agli investitori una commissione dello 0,07% annuo.
Il fondo, come noto, investirà per una quota del 70% della sua dotazione nel capitale delle banche italiane con ratio patrimoniali inferiori ai minimi stabiliti nell’ambito del Supervisory Review and Evaluation Process (Srep) della Bce ed è in quest’ambito che si inserisce appunto l’investimento nella Popolare di Vicenza. La nota della banca spiega che “nell’ambito dell’offerta globale sono state presentate adesioni per un importo complessivo pari a euro 114.948.562, pari al 7,66% del controvalore dell’offerta globale, da parte di 6.683 richiedenti”. Per questo motivo, come da accordi, il fondo Atlante “sottoscriverà tutte le azioni non collocate nell’ambito dell’offerta globale e, pertanto, n. 13.850.514.380 azioni al prezzo di offerta di euro 0,10 per azione, per un controvalore complessivo di euro 1.385.051.438 (pari al 92,34% del controvalore dell’offerta globale)”, pari quindi al 91,72% del capitale.
Tutto questo, precisa la nota, è sottoposto alla condizione che Borsa Italiana emetta “il provvedimento di inizio delle negoziazioni delle azioni della banca, previa verifica della sufficiente diffusione tra il pubblico delle azioni della banca a seguito dell’offerta globale. (…) se Borsa Italiana non dovesse emettere tale provvedimento le adesioni presentate nell’ambito dell’offerta globale verranno meno e …) il Fondo Atlante sottoscriverà n. 15.000.000.000 di azioni al prezzo di offerta di euro 0,10 per azione, per un controvalore complessivo di euro 1.500.000.000 (pari al 100% del controvalore dell’offerta globale). In tal caso il fondo Atlante deterrebbe una partecipazione nel capitale della banca pari al 99,33%.
Tornando alla presentazione del fondo, i manager hanno spiegato che, come noto, investirà almeno il 30% della sua dotazione nei crediti in sofferenza delle banche italiane. Ma non solo.
Perché questa è la novità. Quel 30% dedicato agli Npl può includere investimenti in veicoli o fondi che investano in crediti deteriorati, il che significa che Atlante può funzionare anche da fondo di fondi. E non basta. Tra i possibili investimenti che Atlante potrà fare nell’ambito degli Npl ci sono anche “beni mobiliari, immobiliari o altri diritti (anche non posti a garanzia) per operazioni di valorizzazione di Npl“. E a una domanda diretta posta da MF-Milano Finanza per chiarire quest’ultimo punto, in particolare se Atlante potrà investire anche nelle azioni di aziende i cui crediti sono classificati a sofferenza, per rilanciarne il business secondo il classico schema d’azione dei fondi private equity di turnaround, Petrignani ha risposto che “il regolamento è stato appositamente vago per permettere il più ampio raggio d’azione al fondo”.
Penati si è spinto oltre, abbozzando l’idea che il fondo si possa anche fare promotore di un’iniziativa di consolidamento nel settore dei servicer, per creare un attore indipendente di dimensioni importanti in grado di sostenere le banche nella riorganizzazione dei loro portafogli di Npl prima che questi vengano proposti per la vendita, perché uno dei problemi principali delle banche italiane è ancora quello di scarsissima trasparenza di informazioni dei loro portafogli, il che ovviamente diventa un valido motivo per i fondi esteri specializzati a fare un prezzo basso.
E a proposito di prezzo, Penati ha voluto chiarire: “Non è vero che il fondo andrà a comprare dalle banche a valore di libro. Non può essere così, perché il fondo deve avere un suo rendimento. Ciò detto, sicuramente il prezzo che andremo a riconoscere non sarà quello che fino a oggi gli interlocutori internazionali hanno proposto”.
E questo, ovviamente, in primo luogo è frutto della matematica, visto che ieri per la prima volta i manager del fondo hanno confermato quanto anticipato da MF-Milano Finanza il 13 aprile scorso (si veda altro articolo di BeBeez), e cioè che il rendimento target del fondo sarà del 6%. Una performance che, ha tenuto a precisare Penati, è allineata a quello medio di un bond high yield con rating singola B, mentre quello del 16-18% (o 12% al netto delle commissioni), che è il target di rendimento medio che invece si pongono in media i fondi specializzati in distressed asset, è allineato ai bond con rating tripla C. E visto che il valore attuale di un portafoglio di Npl viene calcolato scontando il valore futuro di recupero (tenendo conto quindi dei tempi ipotizzati per il recupero stesso) al tasso di rendimento originario del finanziamento, è evidente che Atlante potrò pagare un prezzo per gli Npl che si avvicina a quello di libro delle banche (che in media scontano quei crediti a un tasso del 3-5%) rispetto a quanto invece possono pagare investitori specializzati (che ragionano appunto su costi del capitale del 16-18%).
Ciò detto, va capito quali saranno gli investitori che potranno essere interessati a coinvestire con Atlante sulle tranche equity (quelle composte da crediti il cui rischio è paragonabile a quello delle azioni, perché sono gli ultimi a essere rimborsati) di cartolarizzazioni che avranno un rendimento in linea con l’obiettivo del fondo. Alla domanda posta da MF-Milano Finanza, Penati ha risposto: “A noi interessa investire con tutti. Prenderemo in considerazione chiunque abbia da proporci l’investimento in una tranche equity di crediti deteriorati. Certo, non intendiamo sottoscrivere tutto il rischio equity, e per questo darei per scontato che chi struttura una cartolarizzazione, insieme alla banca originator, a loro volta trattengano una parte della tranche equity”. Quanto ai fondi internazionali specializzati in Npl, “il mio auspicio è quello di portarli a investire con noi»” E poi, ha aggiunto Penati, “l’idea del fondo non è di risolvere tutti i problemi delle banche, non siamo il bazooka, «ma accelerare con interventi mirati un processo di re-rating dell’intero settore bancario”.
Quanto alla potenzialità di smobilizzo di Npl dai portafogli delle banche, Penati e Petrignani hanno spiegato che “dopo il 30 giugno 2017 tutta la quota del fondo non investita nelle banche potrà essere investita in Npl, e quindi si potrà trattare di un importo anche significativamente più alto del 30% del valore iniziale del fondo”. Inoltre, ipotizzando che le tranche equity delle cartolarizzazioni di Npl potranno essere pari al 35-40% del valore complessivo dell’operazione e che queste possano essere sottoscritta anche da investitori diversi da Atlante, allora l’investimento di quest’ultimo avrà un effetto moltiplicatore importante (si veda altro articolo di BeBeez).
Ma i fondi internazionali specializzati in Npl prenderanno in considerazione un simile investimento? A tutt’oggi il gap di prezzo tra domanda e offerta su portafogli misti è in genere di 15-20 punti percentuali rispetto al valore di libro, che è in media il 40% del valore lordo delle sofferenze (si veda studio di Finint su milanofinanza.it). Secondo Penati, la risposta è sì. Perché”il fatto che Atlante esista ha il suo peso nelle trattative. È una presenza in grado di calmierare i rendimenti chiesti dal mercato”.
Per sapere se Penati avrà ragione non c’è altro che aspettare. A suo vantaggio c’è certamente il fatto che nel frattempo il governo ha varato la garanzia pubblica (Gacs, si veda milanofinanza.it per i dettagli) da associare alle tranche senior di cartolarizzazioni di Npl, che però devono avere rating investment grade. E per ottenerlo, evidentemente le agenzie di rating dovranno aver lavorato sulla trasparenza dei portafogli e aver accertato la capacità di gestione e recupero dei servicer prescelti, con un evidente miglioramento della qualità complessiva dei dati sui portafogli da cartolarizzare, il che ha un valore importante in termini di prezzo che può essere spuntato dai venditori.
Inoltre è vero che i tempi di recupero dei crediti si stanno effettivamente accorciando. Più addetti ai lavori interpellati da ClassCnbc nel corso della trasmissione Npl del martedì sera hanno segnalato che negli ultimi mesi c’è stata un’accelerazione nelle procedure giudiziarie immobiliari, e che si vedono i primi effetti delle nuove norme introdotte lo scorso autunno. A maggior ragione, un ulteriore impulso all’accorciamento dei tempi di recupero arriverà con il varo delle nuove misure contenute nel decreto varato dal Consiglio dei ministri venerdì 29 aprile (si veda altro articolo di BeBeez).
Ma se questa è la sensazione, nella pratica i fondi negli ultimi mesi non hanno cambiato atteggiamento e hanno continuato a scontare, nei prezzi d’acquisto dei crediti da essi offerti, il rischio di tempi di recupero lunghissimi. Perché, dicono a MF-Milano Finanza, ci vuole un track record di almeno un anno di dati. Penati, da parte sua è più ottimista e, a margine della presentazione, ha sottolineato: “Le assicuro che so di un’asta attualmente in corso nella quale i fondi partecipanti hanno sensibilmente alzato il prezzo d’offerta rispetto alla media che abbiamo visto sinora”.
Il conflitto d’interessi con gli investitori è l’altro tema spinoso affrontato dai manager di Quaestio. Penati ha ammesso: “Certo dobbiamo mettere in conto che subiremo delle pressioni. Ma il regolamento del fondo è stato studiato per prevedere la gestione di questi conflitti”.
Le decisioni di investimento prese dalla sgr per il fondo saranno soggette a un parere preventivo, ma non vincolante, del Comitato degli investitori e i verbali del consiglio di amministrazione della sgr saranno oggetto di monitoraggio da parte della Bce. Le buone intenzioni, quindi, ci sono. Dopodiché, anche in questo caso, non c’è che aspettare il primo test, per verificare quanto davvero i manager di Quaestio riusciranno a essere indipendenti dai loro potenti investitori.