FSI Investimenti spa (controllata da Cdp Equity) e il fondo di investimenti Usa Polaris Capital Management, attuali azionisti di Trevi Finanziaria Industriale spa, rispettivamente al 16,8% e al 10%, accanto a Trevi Holding della famiglia Trevisani (socia al 32,7%), sottoscriveranno la quota di aumento di capitale per cassa di loro spettanza del gruppo quotato a Piazza Affari, specializzato nell’ingegneria del sottosuolo e nel settore delle perforazioni, e garantiranno inoltre la sottoscrizione di un’ulteriore quota di eventuale inoptato fino all’importo di massimi 38,7 milioni ciascuno, vale a dire per complessivi 77,4 milioni di euro dei 130 milioni totali della ricapitalizzazione prevista per cassa (si veda qui il comunicato stampa) e deliberata nei giorni scorsi (si veda qui il comunicato stampa).
L’accordo di ricapitalizzazione va letto nel contesto di una più ampia manovra di rafforzamento patrimoniale e finanziario che prevede una conversione del debito verso le banche finanziatrici in azioni ordinarie della società fino a un massimo di 310 milioni di euro, con un rapporto di conversione di 4,5 a 1, vale a dire mediante attribuzione alle banche di azioni ordinarie di nuova emissione per un controvalore di un euro per ogni 4,5 euro di crediti convertiti.
La sottoscrizione della residua quota di aumento di capitale pari a 52,6 milioni di euro viene così garantita, in caso di inoptato, da un consorzio di garanzia organizzato dalle banche finanziatrici, attraverso l’utilizzo di crediti nell’ambito della conversione di cui sopra. Trevi Holding, quindi, sembra destinata a diluirsi di conseguenza.
Gli impegni di FSI e Polaris sono condizionati, tra l’altro, al verificarsi del completamento della cessione delle partecipazioni del gruppo del settore oil&gas al gruppo indiano che fa capo a Megha Engineering & Infrastructures Limited e al raggiungimento di un accordo di ristrutturazione da sottoporre a omologazione ai sensi dell’articolo 182-bis Legge fallimentare.
La manovra prevede inoltre una possibile ristrutturazione del bond da 50 milioni di euro a scadenza 2019 e cedola 5,25% quotato all’ExtraMot Pro ed emesso nel 2014 (si veda altro articolo di BeBeez), poco prima dell’annuncio nell’agosto dello stesso anno dell’ingresso dell’allora Fondo Strategico Italiano (oggi appunto Cdp Equity, si veda altro articolo di BeBeez).
A metà settembre Trevi aveva detto no all’offerta di ricapitalizzazione avanzata da Bain Capital Credit con cui il gruppo era in trattative dalla scorsa primavera e in trattativa esclusiva da fine luglio (si veda altro articolo di BeBeez). A quel punto Trevi aveva dichiarato che avrebbe proceduto da sola con l’aumento di capitale riservato in opzione agli azionisti e la contestuale conversione di parte dell’indebitamento finanziario del gruppo in strumenti finanziari.
Il Piano industriale appena varato dal Consiglio di amministrazione, assume che l’operazione si perfezioni nel corso dell’esercizio 2019 e prevede il raggiungimento entro il 2020 di un rapporto tra indebitamento ed ebitsa non superiore a 3 volte e un rapporto tra indebitamento e patrimonio netto di uno a uno. Gli ultimi dati di bilancio pubblicati sono quelli relativi al primo trimestre 2018, quando la posizione finanziaria netta del gruppo era di 650 milioni di euro (si veda qui il comunicato stampa).
Il piano è basato su quattro elementi essenziali:
(a) focalizzazione geografica in Paesi con profilo di crescita, rischio e marginalità coerenti al posizionamento del gruppo;
(b) concentrazione del portafoglio su lavori e prodotti ad elevata complessità e marginalità;
(c) ottimizzazione del footprint commerciale e operativo;
e (d) implementazione di processi standard per massimizzare il controllo delle entità periferiche.