Continua senza esclusione di colpi la battaglia per il controllo dei prosciutti Ferrarini con da un lato l’omonima famiglia e il suo alleato noto produttore di bresaola, il Gruppo Pini, già socio all’80% di Ferrarini, supportata da AMCO, uno dei principali creditori e la cordata formata da altri due dei principali creditori, cioé Intesa Sanpaolo e Unicredit, insieme ai partner industriali Gruppo Bonterre – Grandi Salumifici Italiani (operatore di riferimento del mercato italiano ed europeo dei salumi di qualità, formaggio Parmigiano-Reggiano, snack e di piatti pronti), O.P.A.S. (la più grande organizzazione di prodotto tra allevatori di suini in Italia) e HP srl (società attiva nel sostegno e nell’innovazione dell’agrifood).
Secondo quanto riferisce Il Corriere della Sera, infatti, dopo il deposito nei giorni scorsi della nuova proposta di concordato da parte della famiglia Ferrarini, il Gruppo Pini e AMCO presso il Tribunale di Reggio Emilia (si veda altro articolo di BeBeez), la cordata concorrente, che a sua volta aveva depositato al Tribunale di Reggio Emilia una proposta di concordato lo scorso 11 agosto (si veda altro articolo di BeBeez), ha chiesto che la competenza sulla decisione sia del Tribunale di Bologna. Che ora dovrà decidere su questo punto entro il 25 settembre.
Il punto del contendere è che il piano Ferrarini-Pini promette di soddisfare i creditori chirografari al 33% e che la cordata in questione ritiene che questa percentuale “rende inammissibile la proposizione di concordati concorrenti”, così come scritto testualmente nella nota diffusa il 1° settembre. La cordata Bonterre accusa quindi Ferrarini-Pini di voler di fatto impedire con dei pretesti il confronto competitivo fra le due proposte e per questo vuole spostare la competenza della questione su un altro tribunale.
Ricordiamo, che la proposta concorrente di AMCO e Pini prevede che con l’omologazione del concordato, Ferrarini sarà controllata al 100% dalla newco Rilancio Industrie Agroalimentari srl, che fa capo per l’80% a Pini Italia e per il 20% ad AMCO, in veste di partner finanziario e strategico della ristrutturazione. Quest’ultima sostituirà con azioni i crediti che vanta verso le società lussemburghesi azioniste di Ferrarini spa, rispetto a cui il gruppo Pini si è reso co-obbligato.
Nella nota diffusa dalla cordata Bonterre si legge che i partner industriali della cordata sottolineano:
“1. l’impegno a mantenere l’offerta presentata e, se del caso, ad arricchirne ancor più i contenuti, qualora si instaurasse finalmente la leale procedura competitiva imposta dalla legge; questo anche per corrispondere all’apprezzamento di tutte le più importanti associazioni territoriali e nazionali che hanno pubblicamente sostenuto l’offerta, sostegno di cui i Partner Industriali sono particolarmente orgogliosi e che ritengono premi la loro serietà e trasparenza;
2. il carattere garantito della proposta concorrente, onde tutti gli impegni dei partner sono stati assicurati fin dal momento del deposito da fideiussioni bancarie e da depositi bancari, con la disponibilità immediata, di oltre 50 milioni, al servizio del ripagamento dei creditori;
3. la costruzione di un processo di filiera tutto italiano, dall’allevatore al consumatore, la fruibilità certa e immediata da parte di tutte le maestranze dei vicini impianti e stabilimenti del Gruppo Bonterre e di Opas, in caso di spegnimento dello stabilimento di Rivaltella, la garanzia dei livelli occupazionali già individuati”.
Sempre nella nota viene poi sottolineato che la proposta della famiglia Ferrarini e dei suoi alleati si caratterizza per:
“A. la mancanza di pagamenti immediati o nel breve del passivo concordatario, con lo spostamento del soddisfo dal 3° anno di piano industriale in poi, con tutti i rischi connessi al pagamento attraverso le risorse della continuità aziendale, non garantite;
B. l’enunciazione nei comunicati stampa che la percentuale di soddisfo (33%) renderebbe vana la presentazione di proposte concorrenti è affermazione unilaterale, che non risponde alle rigorose verifiche di carattere giuridico ed economico cui è e dovrà essere sottoposta la proposta principale, affermazione per di più unicamente tesa ad ostacolare l’instaurarsi della leale procedura competitiva prevista dalla legge nell’interesse dei creditori e degli altri stakeholders (in primis, lavoratori e fornitori), sopra ricordata;
C. nessuna certezza sulla continuità produttiva ed industriale in Italia, mancando in capo alla famiglia Pini l’expertise nel settore dei salumi di carne suina e nella commercializzazione sui mercati internazionali del food “made in Italy”; manca inoltre la presentazione di un progetto dettagliato o anche di semplice fattibilità del nuovo stabilimento, con forte pericolo di delocalizzazione negli stabilimenti spagnoli della famiglia Pini (i partner industriali chiederanno comunque nelle sedi opportune di conoscere gli accordi separati con Amco S.p.A., non ricompresi nei documenti depositati, ma che dovranno essere resi pubblici)”.
Fondato nel 1956 da Lauro Ferrarini, Ferrarini è oggi tra i leader sul mercato nazionale del prosciutto cotto, sia nel canale della grande distribuzione organizzata, sia in quello del dettaglio tradizionale su tutto il territorio nazionale grazie ad una propria struttura distributiva. Prima azienda italiana a produrre prosciutto cotto senza polifosfati aggiunti, Ferrarini propone in tutto il mondo, oltre al suo prosciutto cotto, i prodotti simbolo dell’italianità: dal prosciutto di Parma alle diverse specialità di salumeria, accompagnate dai prodotti dell’azienda agricola Ferrarini, dalla quale l’attività imprenditoriale ha preso avvio, come il Parmigiano Reggiano Dop, i vini e l’aceto balsamico di Modena e Tradizionale Dop.
Il gruppo Ferrarini era entrato in tensione finanziaria per colpa di un incremento dell’indebitamento dovuto a finanziamenti che Veneto Banca aveva erogato a Ferrarini affinché acquistasse azioni della banca stessa. Il debito in questione ammonta a circa 360 milioni di euro, dei quali 112 milioni milioni in capo alla società operativa e il resto a carico di società agricole e holding varie. Nonostante Ferrarini avesse visto i ricavi fare un vero e proprio salto nel 2017 a 335 milioni, con un ebitda che era salito a 29,5 milioni, quindi, il peso del debito risultava ancora eccessivo. Il debito include 35,5 milioni di euro di minibond quotati all’ExtraMot Pro. Nel dettaglio, si tratta di un bond da 5,5 milioni a scadenza dicembre 2020 con cedola 5,625%, emesso nel dicembre 2016 e sottoscritto dal fondo di minibond di Duemme sgr (gruppo Mediobanca), e di un bond da 30 milioni a scadenza aprile 2020 e cedola 6,375%, emesso nell’aprile 2015.