La scorsa settimana la Procura di Milano, tramite il pm Roberto Fontana, ha chiesto il fallimento di Cin (Compagnia Italiana di Navigazione), la good company nata dalla privatizzazione dell’ex statale Tirrenia, dal 2015 sotto il controllo esclusivo di Moby spa, holding dell’armatore Vincenzo Onorato, e attualmente concessionaria di 72 milioni di contributo pubblico per la garanzia delle rotte da e verso le isole maggiori.
Della istanza si è saputo venerdì 16 aprile (si veda qui Ansa). La richiesta di fallimento è stata avanzata in quanto Cin non ha raggiunto l’accordo di ristrutturazione del debito (art. 182 bis della legge fallimentare) con il 60% dei creditori, per cui non ha presentato il promesso piano di concordato alla scadenza prefissata.
Ricordiamo che lo scorso 30 marzo, Moby aveva diffuso una nota in cui precisava che, a proposuito di CIN, il gruppo “conferma la sua intenzione di presentare un accordo di ristrutturazione del debito sulla base dell’art. 182-bis della Legge Fallimentare, anche alla luce degli accordi già sottoscritti con circa il 95% dei fornitori (che non equivale al 95% dell’esposizione debitoria, ndr) e grazie alla partnership con l’investitore Europa Investimenti/Arrow Global”. Il gruppo specificava inoltre che il deposito dell’istanza di omologa per CIN“è rinviato di alcuni giorni per concludere le trattative con Tirrenia in Amministrazione Straordinaria” (si veda altro articolo di BeBeez).
Ricordiamo che la società è gravata da un debito di circa 200 milioni e debiti scaduti per circa 350-400 milioni, di cui 180 verso Tirrenia di Navigazione in Amministrazione Straordinaria, la bad company creata nel 2012 per realizzare la privatizzazione della compagnia armatoriale statale, di cui beneficiò Moby.
Infatti la good company, appunto Tirrenia-Cin, era stata valutata 376,9 milioni di euro di cui 135 pagati al closing dell’operazione nel luglio 2012 e altri 62 milioni pagati nel febbraio 2016 in occasione del rifinanziamento del debito (si veda altro articolo di BeBeez). I restanti 180 milioni dovevano essere pagati in tre rate: la prima da 55 milioni andava pagata nell’aprile 2016, la seconda da 60 milioni entro l’aprile 2019 e la terza da 65 milioni nell’aprile 2021.
Per bocciare l’accordo di ristrutturazione del debito nei giorni scorsi è stato decisivo il no dei commissari di Tirrenia di Navigazione in Amministrazione Straordinaria (Beniamino Caravita di Toritto, Gerardo Longobardi e Stefano Ambrosini). Ricordiamo che i commissari, a tutela delle spettanze pubbliche, erano già stati promotori del pignoramento dei conti correnti del gruppo il 30 marzo 2020 (si veda altro articolo di BeBeez). Il prossimo 6 maggio il Tribunale di Milano deciderà sull’istanza di fallimento di Cin.
Intanto, anche sulla stessa Moby si è abbattuta la scorsa settimana una tegola giudiziaria: la Procura ha aperto un’indagine a scopo conoscitivo (senza indagati, né ipotesi di reato) sui finanziamenti erogati da Moby a numerosi partiti e fondazioni: Beppe Grillo srl (120 mila euro annui per 2 anni), Casaleggio Associati (600 mila euro annui per 2 anni), fondazione Change di Giovanni Toti, fondazione Open di Matteo Renzi (200 mila euro), Fratelli d’Italia (10 mila euro) e Pd (80 mila euro).
Ricordiamo che lo scorso marzo Moby aveva depositato il piano concordatario al Tribunale di Milano sulla base del quale ha chiesto l’ammissione alla procedura di concordato preventivo in continuità e non un accordo di ristrutturazione dei debiti (si veda altro articolo di BeBeez). Quest’ultima strada, infatti, era stata immaginata sino a poco prima (si veda altro articolo di BeBeez), ma mentre le banche si sono dette d’accordo, non è stato così per i fondi obbligazionisti riuniti nell’Ad Hoc Group, tra i quali si contano Soundpoint Capital, Cheyenne Capital, BlueBay, Aptior Capital e York Capital, ed esposti per 300 milionie. Così il gruppo ha dovuto trovare un’alternativa.
Il gruppo di Vincenzo Onorato ha previsto per Moby la vendita di alcuni asset e di fatto una sostanziale continuità gestionale: nessun nuovo socio quindi all’orizzonte. Tra gli asset che saranno messi in vendita ci sono: la divisione rimorchiatori (alla Rimorchiatori Riuniti Panfido) da attuarsi in un momento successivo all’eventuale ammissione della società al concordato preventivo; le navi Moby Aki, Moby Wonder, Pietro Manunta, Giuseppe Sa e Moby Tommy; gli immobili di proprietà della società in Piazza San Babila 5 a Milano e nel Comune di Olbia.
Moby propone il pagamento integrale dei crediti prededucibili (le spese necessarie alla conduzione delle varie procedure concorsuali), dei creditori assisiti dai privilegi di cui all’art.552 del Codice della Navigazione, dei creditori assistiti da privilegio generale sui beni facenti parte del patrimonio della società. Gli altri creditori sono invece suddivisi in tre classi: la prima composta da quelli “assistiti da privilegio speciale ipotecario e pignoratizio nei cui confronti è previsto il pagamento nei limiti della capienza dei beni su cui insiste il privilegio”, la seconda costituita dai creditori finanziari con privilegio speciale sui beni della società di cui la proposta prevede la soddisfazione minima al 13% e massima al 19% entro 48 mesi dall’omologa del concordato, la terza classe composta da tutti i restanti creditori commerciali chirografari che saranno soddisfatti nella misura minima pari al 15% e massima del 21% delle rispettive pretese sempre entro 48 mesi.