Sarebbe Barilla il soggetto industriale interessato a Pasta Zara. Lo scrive il Piccolo, riferendo di un’offerta da parte del gruppo di Parma da 100-120 milioni di euro per rilevare lo stabilimento di Muggia, in Friuli Venezia Giulia. Quei capitali andrebbero così a rimborsare parte dei debiti della società e la famiglia Bragagnolo resterebbe proprietaria, magari affiancata comunque da un partner finanziario, che l’aiuterebbe a rilanciare l’azienda che, a quel punto resterebbe con due stabilimenti. Barilla avrebbe anche proposto un accordo di produzione con la nuova Pasta Zara.
Nella sede di Assindustria Treviso domani è convocato un incontro tra i rappresentanti dell’azienda e quelli dei lavoratori e quella potrebbe essere l’occasione per annunciare questa soluzione. Un accordo va trovato entro il 7 dicembre, dato entro la quale Pasta Zara dovrà sottoporre al Tribunale di Treviso il piano industriale indispensabile per l’ammissione al concordato preventivo (si veda altro articolo di BeBeez).
Come noto, offerte per il salvataggio di Pasta Zara sono arrivate dalla cordata Banca Finint-Pillarstone (si veda altro articolo di BeBeez), dal fondo britannico specializzato in credito Cheyne Capital e dall’accoppiata JP Morgan-One33 Investment House srl (si veda altro articolo di BeBeez). E si dice che dossier sarebbero interessati anche Oxy Capital in cordata con Illimity, la nuova banca nata dalla business combination con Spaxs, la Spac promossa da Corrado Passera
Le offerte finanziarie si muoverebbero lungo schemi simili, che prevedono l’acquisizione al 100% di Pasta Zara, o di poco meno, lasciando una piccola minoranza alla famiglia Bragagnolo, con l’iniezione di 30 milioni di euro di nuova finanza e la restituzione nell’arco di cinque anni intorno al 40% di quanto vantato dai creditori chirografari.
Pasta Zara, controllata dalla famiglia Bragagnolo, è partecipata dalla finanziaria regionale del Friuli Venezia Giulia, Friulia (11,25%), e da Simest (11,76%), e ha un debito finanziario lordo di 241 milioni, di cui 178 milioni nei confronti di varie banche e in particolare 73 milioni riferibili ad affidamenti ottenuti da Banca Popolare di Vicenza e da Veneto Banca e quindi finiti nel portafoglio della Sga. Il tutto senza dimenticare che a livello di holding (la lussemburghese Ffauf sa della famiglia Bragagnolo) ci sono altri 50 milioni di euro di debiti nei confronti di Bank of China.
Banche e bondholder (c’è un minibond da 5 milioni di euro) sono da tempo in trattative con gli azionisti per trovare una soluzione nella forma di un accordo di ristrutturazione del debito ex art. 182-bis della Legge fallimentare, vista la situazione di grave tensione finanziaria che aveva portato la società a chiudere il 2017 con una perdita di 25,7 milioni, dovuta in parte alla svalutazione di partecipazioni in Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza per 9 milioni di euro, a fronte di un patrimonio netto crollato a 77,3 milioni e di un debito finanziario netto di poco meno di 200 milioni. Una situazione, questa, che ha portato la società a sforare di parecchio il covenant finanziario relativo al rapporto tra PFN e patrimonio netto, fissato a 1,80 volte.