Il produttore italiano di prosciutto cotto Ferrarini ha depositato il 31 agosto scorso al tribunale di Reggio Emilia la nuova proposta concordataria, che coinvolge Amco e il Gruppo Pini (si veda qui il comunicato stampa). La proposta è alternativa a quella concorrente presentata lo scorso 11 agosto da Intesa Sanpaolo, Unicredit, Gruppo Bonterre – Grandi Salumifici Italiani (operatore di riferimento del mercato italiano ed europeo dei salumi di qualità, formaggio Parmigiano-Reggiano, snack e di piatti pronti), O.P.A.S. (la più grande organizzazione di prodotto tra allevatori di suini in Italia) e HP srl (società attiva nel sostegno e nell’innovazione dell’agrifood) (si veda altro articolo di BeBeez).
Ricordiamo che il gruppo Pini, aveva rilevato la maggioranza del produttore di prosciutti reggiano Ferrarini nel febbraio 2019 (si veda altro articolo di BeBeez). Il gruppo Pini inoltre aveva messo sul tavolo 10 milioni di euro per ricapitalizzare le società, divenendo l’azionista di maggioranza con l’80% delle quote e aveva poi chiesto al Tribunale l’ammissione alla procedura di concordato con continuità aziendale diretta.
Pochi giorni dopo il deposito della proposta di concordato della cordata avversaria, l’avvocato della famiglia Ferrarini, Sido Bonfatti, aveva anticipato che il 1° settembre la famiglia e il Gruppo Pini, avrebbero presentato il loro nuovo piano di concordato che avrebbe previsto maggiori rimborsi per i creditori, tra i quali ci sono anche gli stessi Intesa Sanpaolo e Unicredit (si veda altro articolo di BeBeez). A inizio luglio MF Milano Finanza aveva rivelato che Bonfatti aveva avviato contatti con Amco, uno dei quattro creditori finanziari esposti verso Ferrarini assieme a Intesa, Unicredit e Mediobanca, che complessivamente vantano un credito da 200 milioni verso il gruppo Ferrarini.
Secondo la nota di Ferrarini, “il piano di Amco e del Gruppo Pini di assicura le migliori condizioni per il rilancio dell’impresa, salvaguarda i livelli occupazionali, evita ricadute negative sull’indotto”. Il piano prevede che i creditori privilegiati e in prededuzione siano soddisfatti integralmente; e che i creditori chirografari siano rimborsati al 33%, percentuale che questa che “rende inammissibile la proposizione di concordati concorrenti”.
Con l’omologazione del concordato, Ferrarini spa sarà controllata al 100% dalla newco Rilancio Industrie Agroalimentari srl, che fa capo per l’80% a Pini Italia (maggiore operatore in Italia e uno dei principali a livello europeo nel settore della trasformazione di suini) e per il 20% ad Amco (la ex Sga), in veste di partner finanziario e strategico della ristrutturazione. Quest’ultima sostituirà con azioni i crediti che vanta verso le società lussemburghesi azioniste di Ferrarini spa, rispetto a cui il gruppo Pini si è reso co-obbligato. Amco inoltre potrà designare componenti degli organi societari e responsabili delle funzioni di controllo.
Rilancio Industrie Agroalimentari si occuperà della gestione in continuità con il passato, potendo disporre del know-how di produzione e delle consolidate relazioni sia con la GDO, sia con la rete distributiva rivolta alle vendite al dettaglio. Il Gruppo Pini metterà poi a disposizione la propria rete commerciale nel mondo (la medesima che consentirà presto al Gruppo di superare i due miliardi di euro di fatturato), consentendo a Ferrarini di aumentare in modo esponenziale il raggio di azione all’estero e di promuovere il made in Italy. Inoltre, il piano prevede che lo stabilimento in Polonia di Ferrarini sarà venduto dagli organi della procedura ed ogni produzione sarà trasferita in Italia.
Nel novembre 2019 una cordata formata da Bonterre-OPAS-Casillo-Intesa Sanpaolo aveva presentato una sua proposta alternativa per acquisire Ferrarini e la controllata Vismara, ma la proposta era stata subito rigettata da Ferrarini (si veda altro articolo di BeBeez). Intesa però non si era data per vinta e nel frattempo aveva incassato anche il supporto esterno di Unicredit (si veda altro articolo di BeBeez). Lo scorso giugno, poi, Unicredit e Intesa Sanpaolo avevano impugnato di fronte alla Corte d’Appello di Bologna due decreti del tribunale di Reggio Emilia, emessi entrambi nel maggio scorso (si veda altro articolo di BeBeez). Il primo è quello con cui la sezione fallimentare ha accolto la rinuncia di Ferrarini alla domanda di concordato; il secondo è quello con cui lo stesso tribunale ha accolto la richiesta dell’azienda di poter presentare una nuova proposta concordataria (si veda altro articolo di BeBeez). Unicredit e Intesa contestano due aspetti: il ricorso a loro dire abusivo a un nuovo concordato e la competenza territoriale, che secondo le due banche non sarebbe del tribunale di Reggio, ma di quello di Bologna.
Ferrarini e la controllata Vismara avevano depositato al Tribunale di Reggio Emilia nel luglio 2018 una richiesta di ammissione alla procedura di concordato in bianco (si veda altro articolo di BeBeez). Solo poche settimane prima Ferrarini aveva fatto saltare unilateralmente le trattative esclusive che aveva aperto con Italmobiliare e QuattroR. Allora si erano diffuse voci circa una trattativa parallela con un investitore industriale, che molti avevano individuato in Amadori, ma quest’ultimo aveva seccamente smentito (si veda altro articolo di BeBeez). Successivamente Amadori nel febbraio 2019 si era fatto avanti per acquisire Vismara, ma si era poi ritirato dalla trattativa.
Fondato nel 1956 da Lauro Ferrarini, Ferrarini è oggi tra i leader sul mercato nazionale del prosciutto cotto, sia nel canale della grande distribuzione organizzata, sia in quello del dettaglio tradizionale su tutto il territorio nazionale grazie ad una propria struttura distributiva. Prima azienda italiana a produrre prosciutto cotto senza polifosfati aggiunti, Ferrarini propone in tutto il mondo, oltre al suo prosciutto cotto, i prodotti simbolo dell’italianità: dal prosciutto di Parma alle diverse specialità di salumeria, accompagnate dai prodotti dell’azienda agricola Ferrarini, dalla quale l’attività imprenditoriale ha preso avvio, come il Parmigiano Reggiano Dop, i vini e l’aceto balsamico di Modena e Tradizionale Dop.
Il gruppo Ferrarini era entrato in tensione finanziaria per colpa di un incremento dell’indebitamento dovuto a finanziamenti che Veneto Banca aveva erogato a Ferrarini affinché acquistasse azioni della banca stessa. Il debito in questione ammonta a circa 360 milioni di euro, dei quali 112 milioni milioni in capo alla società operativa e il resto a carico di società agricole e holding varie. Nonostante Ferrarini avesse visto i ricavi fare un vero e proprio salto nel 2017 a 335 milioni, con un ebitda che era salito a 29,5 milioni, quindi, il peso del debito risultava ancora eccessivo. Il debito include 35,5 milioni di euro di minibond quotati all’ExtraMot Pro. Nel dettaglio, si tratta di un bond da 5,5 milioni a scadenza dicembre 2020 con cedola 5,625%, emesso nel dicembre 2016 e sottoscritto dal fondo di minibond di Duemme sgr (gruppo Mediobanca), e di un bond da 30 milioni a scadenza aprile 2020 e cedola 6,375%, emesso nell’aprile 2015.