La triste telenovela del Parmacotto continua. L’adunanza dei creditori di Parmacotto spa, che si sarebbe dovuta tenere lo scorso 22 marzo per votare sul nuovo piano concordatario proposto al Tribunale di Parma, è stata spostata al prossimo 9 maggio. La prima adunanza dei creditori era stata fissata per il dicembre scorso, ma allora l’appuntamento era stato cancellato per richiesta della stessa società di rivedere la proposta di piano concordatario.
Nel novembre 2014 l’azienda aveva avviato l’iter per il concordato in bianco. A giugno 2015, il Tribunale fallimentare di Parma aveva ammesso Parmacotto alla procedura di concordato preventivo con continuità dell’attività aziendale, dopo aver valutato il piano di ristrutturazione del debito e il piano industriale (scarica qui il Decreto del Tribunale).
Il debito da ripianare è di 95 milioni di euro e il piano proposto dal presidente pro tempore di Parmacotto, Alessandro Rosi, e dal professor Andrea Mora, prevede una ricapitalizzazione da 11,2 milioni di euro e distingue tra tre tipi di creditori. Quelli di Classe A vedrebbero trasformarsi i loro crediti in strumenti finanziari partecipativi, quelli di Classe B riceverebbero il pagamento dei crediti integralmente entro il 2016 mediante compensazioni di forniture, mentre i creditori di classe C dovrebbero incassare il 10% del credito a rate dal 2017 e un altro 15% entro il 2019.
Il tutto mentre la famiglia Rosi uscirebbe dal capitale sociale, che per effetto delle conversioni di crediti in capitale passerebbe invece sotto il controllo dei fornitori e in particolare della famiglia Levoni, che attraverso la Alcar Uno spa e Globalcarni spa ha crediti per 10,45 milioni di euro, e della Tino Prosciutti spa di sala Baganza e la sua controllata la Fibar Carni spa di Felino, che insieme hanno crediti per 8,51 milioni (si veda ParmaQuotidiano.info),