Il P2P lending o Peer-to-Peer lending (prestiti tra pari o anche “social lending”) è l’attività di finanziamento a medio termine (in genere al massimo 60 mesi) a imprese e privati condotto tramite apposite piattaforme fintech.
Si tratta del segmento più importante del cosiddetto crowdinvesting ed è il tema dell’ultimo approfondimento scritto da BeBeez per Credimi, che qui riportiamo.
L’ultimo report dell’Università di Cambridge sulla finanza alternativa, pubblicato lo scorso gennaio e relativo però agli ultimi dati aggregati disponibili, che sono quelli del 2016, indica che in quell’anno nell’Europa continentale il P2P lending rappresenta da solo poco più della metà del mercato: al netto del Regno Unito, infatti, in Europa il crowdinvesting ha raccolto 2,06 miliardi di euro, di cui circa 700 milioni il P2P lending a privati e 350 milioni quello alle imprese. Al terzo posto si colloca la raccolta delle piattaforme di invoice financing con 252 milioni (si veda qui un approfondimento sul tema sul Blog di Credimi).
Certo, i veri big del settore sono però nel Regno Unito. La P2P Finance Association riferisce che da sola FundingCircle, la più importante piattaforma inglese attiva nel settore del lending alle imprese, dall’inizio dell’operatività nel 2010 ha erogato 3,1 miliardi sterline, di cui 486 milioni di nuovo business nel 2017, mentre nel primo trimestre di quest’anno il dato cumulato era arrivato a quasi 3,56 miliardi di sterline.
Quella del P2P lending è un’attività che è stata pienamente riconosciuta in Italia da novembre 2016, quando la Banca d’Italia ha pubblicato le nuove Disposizioni in materia di raccolta del risparmio da parte dei soggetti diversi dalle banche.
Le disposizioni di Banca d’Italia sono entrate in vigore il 1° gennaio 2017 e dedicano un’intera sezione (la IX) al social lending .Viene quindi riconosciuta per la prima dalla regolamentazione italiana l’esistenza di piattaforme web che intermediano denaro erogato da investitori privati e istituzionali a prenditori privati o a imprese. Banca d’Italia definisce il social lending come “uno strumento attraverso il quale una pluralità di soggetti può richiedere a una pluralità di potenziali finanziatori, tramite piattaforme on-line, fondi rimborsabili per uso personale o per finanziare un progetto” e chiarisce comunque che “l’operatività dei gestori dei portali on-line che svolgono attività di social lending (di seguito, ‘gestori’) e di coloro che prestano o raccolgono fondi tramite i suddetti portali (di seguito, rispettivamente, ‘finanziatori’ e ‘prenditori’) è consentita nel rispetto delle norme che regolano le attività riservate dalla legge a particolari categorie di soggetti (ad esempio, attività bancaria, raccolta del risparmio presso il pubblico, concessione di credito nei confronti del pubblico, mediazione creditizia, prestazione dei servizi di pagamento)”.
In sostanza, quindi, Banca d’Italia sottolinea “che la sezione relativa al social lending ha carattere ricognitivo; essa è stata introdotta per fornire chiarimenti agli operatori in merito alle condizioni e ai limiti il cui rispetto è necessario perché il social lending non costituisca violazione della disciplina in materia di raccolta del risparmio tra il pubblico. Le disposizioni non riguardano, quindi, le condizioni che è necessario rispettare per non violare altre riserve che pure vengono all’attenzione nel social lending (es. attività di finanziamento, attività bancaria, etc”. Ciò detto si tratta di un importante passo avanti nell’affermazione di una nuova cultura e in relatà alcuni puntini sulle i Banca d’Italia li ha messi (per un approfondimento si veda qui articolo di BeBeez).
Nel frattempo da allora anche il legislatore ha fatto un passo avanti e in extremis a fine 2017 poco prima di varare la legge di Bilancio 2018 ha modificato il trattamento fiscale delle plusvalenze e degli interessi derivanti da finanziamenti erogati online e lo ha allineato a quello degli altri strumenti finanziari, prevedendo quindi l’aliquota del 26% e non più l’aliquota marginale Irpef (si veda articolo di BeBeez). La modifica era stata chiesta a gran voce da tutte le piattaforme dedicate al lending ed era uno dei temi che erano stati sollevati da AssoFintech in occasione dell’audizione alla Camera lo scorso novembre nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul fintech. In questo modo investire in prestiti alle aziende online diventa senza dubbio più interessante.
Gli attori del mercato italiano dedicati ai prestiti alle imprese sono sostanzialmente due, cioé Borsa del Credito e Lendix, sebbene siano presenti anche altri attori, ma con volumi di attività ancora molto limitati. Entrambe le piattaforme (una italiana e l’altra francese) si sono fatte promotrici di fondi che investono nei prestiti proposti online.
Nata nell’ottobre 2013 come piattaforma digitale di brokeraggio per il credito alle aziende, lBorsa del Credito ha aperto il canale del P2P lending nel settembre 2015 come primo operatore per le aziende in Italia, in qualità di Istituto di pagamento autorizzato da Banca d’Italia. Dall’inizio dell’operatività nel 2015 a fine giugno Borsa del Credito ha erogato prestiti a pmi per oltre 37,7 milioni di euro spalmati su 482 operazioni a un tasso medio di interesse del 5,5% La piattaforma ha costituito ART sgr, che nell’ottobre 2017 ha lanciato la raccolta del fondo Colombo per investire sui crediti in piattaforma. Il fondo ha target 100 mln ed è stato sottoscritto per 10 mln dagli stessi investitori che hanno scommesso investendo nel capitale di Borsa del Credito e cioè il venture capital P101, l’asset manager Azimut Holding e GC Holding (la holding del gruppo Italmondo spa e di Supernova Hub). Colombo, dedicato a investitori professionali, punta a una raccolta di 100 milioni di euro da investirsi in 5 anni, con ticket di sottoscrizione compresi tra i 500 mila euro e i 2,5 milioni, a seconda delle classi di investimento.
Lendix è una piattaforma di lending francese dedicata al finanziamento alle pmi attiva in Francia, Spagna e Italia, ma che grazie all’ultimo round di finanziamento da 32 milioni di euro incassato lo scorso giugno dai venture capital e altri investitori (tra cui la CIR di Carlo De Benedetti), aspira a diventare pienamente operativa anche nei Paesi Bassi e Germani entro la fine di quest’anno e a espandersi ulteriormente a 7 paesi entro la fine del 2019. Dall’inizio dell’operatività nel 2015 a fine giugno Lendix ha erogato un totale di oltre 200 milioni di euro di prestiti a pmi europee, spalmati su 455 diversi progetti, di cui 19,5 milioni a pmi italiane per 40 diversi progetti, dall’inizio dell’attività nel nostro Paese a partire dall’aprile 2017. Il tutto a un tasso di interesse medio del 5-6% per finanziamenti a scadenza media attorno ai 50 mesi, ma con picchi dell’8% per i debitori a più alto grado di rischio.
A gennaio 2018 Lendix ha annunciato il closing del suo ultimo fondo a quota 200 milioni di euro, che coinveste con i privati nei prestiti offerti sulla piattaforma. Questo nuovo strumento di investimento subentra al fondo da 90 milioni di euro che Lendix aveva chiuso nel luglio 2017 e che da allora ha consentito di finanziare quasi 250 pmi europee. Alcuni grandi investitori che avevano già investito nei precedenti fondi di Lendix hanno rinnovato il loro impegno sottoscrivendo il nuovo fondo. In particolare, dopo aver investito 18,5 milioni di euro nel luglio dello scorso anno, Banca Europea per gli Investimenti, attraverso il Fondo Europeo per gli Investimenti, ha investito anche nel nuovo veicolo. Tra gli altri investitori si contano anche CNP Assurances, Eiffel IM, Groupama, Zencap AM, Matmut e Decaux Frères Investissements.
Le altre due piattaforme attive nel lending a imprese italiane sono The Social Lender (promossa da un gruppo di professionisti) e la britannica Prestacap, ex iBondis, finanziata dal venture capital Run Capital Investment, e che fornisce anche servizio di invoice trading.