Tinaba (acronimo di This is not a bank), startup fintech italiana lanciata da Sator Private Equity Fund nel novembre 2015 ha varato un nuovo aumento di capitale, questa volta per un totale di poco meno di 6 milioni di euro, sovrapprezzo compreso. Lo scrive la Repubblica, precisando che andrà sottoscritto entro il 31 dicembre 2020.
Si tratta del terzo aumento di capitale sottoscritto dai soci dal lancio dell’attività, dopo quelli da 1,5 milioni e da 12,5 milioni, entrambi sottoscritti nel 2018. La ricapitalizzazione si è resa necessaria per coprire i 6,4 milioni di euro di perdite del 2019, dopo quelle di 9,2 milioni del 2018, di 7,7 milioni del 2017, di 2,2 milioni del 2016 e di un milione nel 2015 (si veda qui l’analisi Leanus)
Tinaba aveva richiesto 2 anni e mezzo di lavoro e 30 milioni di investimento per essere lanciata, aveva detto Matteo Arpe in conferenza stampa nel luglio 2016, presentando il piano industriale di Tinaba (si veda altro articolo di BeBeez).
L’ecosistema digitale realizzato da Tinaba è basato interamente su una tecnologia italiana proprietaria che abilita le banche partner a servizi digitali innovativi e unici. La app di Tinaba è utilizzabile in tutto il mondo per condividere denaro, permette di pagare in modo digitale azzerando le commissioni per gli esercenti ed è integrata con Banca Profilo, che partecipa al capitale con il 5%. Lo scorso giugno, in occasione della presentazione del suo piano industriale 2020-2023, Banca Profilo aveva annunciato che “la banca ha valutato positivamente la possibilità di salire al 15% nella partecipazione in Tinaba, con un’ulteriore opzione per altri 5 punti percentuali” (si veda altro articolo di BeBeez).
L’interesse per Tinaba da parte di Banca Profilo va letto infatti nel quadro del piano industriale che prevede lo sviluppo dell’offerta digitale in partnership appunto con Tinaba, per cogliere appieno le opportunità del fintech, con una crescita degli utenti a fine piano a 375 mila, masse in roboadvisor superiori a 300 milioni di euro e il lancio di nuovi prodotti e servizi per ricavi complessivi 6 milioni di euro.
Ricordiamo che contestualmente alla presentazione del piano industriale, Banca Profilo aveva annunciato anche la messa in vendita della quota di controllo pari al 62,4% del capitale della banca oggi in portafoglio a Sator Private Equity Fund, gestito da Sator sgr, ma anche del probabile interesse di Matteo Arpe, fondatore di Sator, a ricomprarla. Banca Profilo aveva infatti precisato che “nell’ambito del più ampio riassetto azionario, il fondo verificherà, alla luce anche di preliminari interlocuzione intercorse, l’interesse di alcuni dei propri quotisti all’investimento diretto nel capitale di Banca Profilo” (si veda qui il comunicato stampa). E i quotisti in questione sono, come noto, in primo luogo la stessa Sator spa, la finanziaria controllata al 67,5% da Arpe, che del fondo detiene il 20% delle quote, ma anche le famiglie Angelini e Brachetti Peretti, Luigi Berlusconi, la Fondazione Roma e la Fondazione Mps. A fine ottobre, intanto, sarebbero arrivate diverse offerte da fondi italiani ed esteri, tra cui quella di Attestor Capital, che già controlla la private bank torinese BIM. Altre offerte sarebbero arrivate poi da soggetti bancari come Banco Desio, Lombard Odier e Julius Baer (si veda altro articolo di BeBeez).