L’entrata in vigore della nuova definizione di default, prevista per il primo gennaio 2021 in armonizzazione con la normativa europea, rischia di avere un impatto devastante sul sistema dei crediti commerciali delle imprese, in particolare quelli ceduti attraverso il factoring, che a fine 2019 erano pari a 255 miliardi di euro, pari al 14% del Pil nazionale. Lo dice chiaro un’indagine di Assifact condotta tra società di factoring, banche e intermediari finanziari (si veda qui il comunicato stampa).
Lo studio stima infatti che con la nuova normativa, si dovranno riclassificare come crediti deteriorati da un giorno all’altro: il 25% delle esposizioni verso le imprese; il 30% delle esposizioni verso amministrazioni pubbliche centrali; il 63% delle esposizioni verso amministrazioni locali e addirittura il 94% delle esposizioni verso enti del settore sanitario, con un impatto sul sistema creditizio italiano stimabile tra i 7,6 e i 12 miliardi di euro in termini di nuovi Npl. Per portare questo problema all’attenzione delle istituzioni, il presidente di Assifact (Associazione Italiana per il Factoring) , Fausto Galmarini, ha inviato la scorsa settimana una lettera al Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), a Banca d’Italia, Abi e Confindustria.
Scrive Galmarini: “Il factoring rappresenta una soluzione finanziaria caratterizzata da un modesto rischio di credito con un livello di sofferenze, rilevato dalla stessa Banca d’Italia, significativamente inferiore rispetto ai prestiti bancari. La nuova disciplina innova significativamente l’attuale metodologia, prevedendo soglie più basse e soprattutto una diversa modalità di calcolo dei giorni di scaduto, fortemente penalizzante per le esposizioni basate su diverse scadenze ripetute nel tempo, quale è il caso delle esposizioni originate da crediti commerciali acquistati”.
Il passaggio dei crediti commerciali in deteriorati dal 2021 sarà dovuto al “mero cambio nell’approccio regolamentare e non un reale deterioramento del merito di credito dei debitori ceduti, incidendo negativamente (e senza ragioni sostanziali) sugli enormi sforzi del sistema bancario italiano di ridurre l’ammontare complessivo di Npl. La disciplina in questione non appare infatti adattarsi al caso specifico dei crediti commerciali oggetto di operazioni di factoring, essendo stata concepita e realizzata per il caso dei crediti bancari in cui l’obbligazione di pagamento è incondizionata”, prosegue la lettera del presidente di Assifact.
Per evitare questo problema, l’associazione propone per il factoring un quadro interpretativo che, in situazioni che attengono più al rischio di diluizione che al rischio di credito, tanto per la pubblica amministrazione quanto per le imprese, “prenda avvio il conteggio dei giorni di scaduto, sfruttando appropriatamente i meccanismi già previsti dalle Linee Guida Eba in materia di rischio di diluizione” e che tenga conto ”del principio generale secondo cui per la classificazione occorre la continuità dello scaduto su una singola obbligazione creditizia per oltre 90 giorni”. L’adozione di tale approccio consentirebbe inoltre di:
- assicurare la continuità degli sforzi dell’industria del factoring nel supportare la liquidità delle imprese nell’attuale contesto di difficoltà;
- evitare classificazioni a default incoerenti con il merito creditizio dei debitori;
- prevenire una classificazione massiva dell’amministrazione centrale, locale e degli enti sanitari fra le esposizioni deteriorate;
- limitare la litigiosità fra gli enti e i creditori;
- evitare una contrazione significativa e repentina degli impieghi nei confronti dei fornitori della pubblica amministrazione;
- ridurre la pressione sul sistema bancario dovuta agli elevati flussi di Npl attesi a causa degli impatti dell’emergenza Covid-19.
Questa interpretazione della norma è stata già descritta dettagliatamente in diversi documenti tecnici già sottoposti in più occasioni, a partire dalla primavera del 2019, all’attenzione della Banca d’Italia, che tuttavia in un recente orientamento che non sembra tenerne conto. Assifact infine sostiene la richiesta di un rinvio dell’applicazione della nuova definizione dei default e di revisione della tempistica degli accantonamenti automatici a fronte degli Npl (calendar provisioning), già formulata da altre istituzioni, oltre che dagli operatori del settore all’Npl Meeting 2020, organizzato da Banca Ifis a Cernobbio lo scorso settembre (si veda altro articolo di BeBeez).