
Questi sono certamente tempi complicati non solo per le imprese, ma anche per le banche, che devono fare i conti da un lato con le difficoltà portare dal lockdown da coronavirus e dall’altro con regole rigide di valutazione del merito di credito, sebbene in un quadro di vigilanza che permette loro di tirare il fiato. Consapevoli che la mole dei crediti deteriorati tornerà a salire, sanno che i business plan per il recupero di quei crediti vanno rifatti, ma sono pronte a supportare le aziende clienti in difficoltà, perché, dicono, se la crisi è contingente e non strutturale, perché cedere quei crediti a terzi in perdita e rinunciare alla concreta possibilità che quelle imprese si rimettano in piedi?
Sono le principali considerazioni emerse ieri dal dibattito dedicato alle banche nella prima giornata della Credit Village Digital Week, la prima conferenza digitale sul mercato degli asset deteriorati, in collaborazione con T.W.I.N., che proseguirà fino al prossimo 30 aprile e di cui BeBeez è media partner.
Se certo per i prestiti da 25 mila euro con 100% di garanzia statale non è richiesta la valutazione, per tutti gli altri prestiti con garanzia, come previsto dal Decreto Liquidità, la valutazione c’è eccome e qui le cose oggi non sono facili. Tanto più, quando a chiedere un prestito è una società i cui crediti sono stati classificati come deteriorati dopo il 31 gennaio 2020.

Come noto, infatti, “il Decreto Liquidità prevede che i prestiti garantiti possano essere erogati anche a queste società, ma nella pratica, voglio vedere quanti se la sentiranno davvero a prestare a queste aziende”, ha detto Riccardo Marciò, responsabile direzione Npl del Gruppo Banco Desio, sottolineando che “il Decreto Liquidità, in particolare, getta sulle banche l’onere della validazione dei prestiti, oltre alle relative responsabilità penali e regolamentari”. Inoltre, ha fatto eco Gianluca Garbi, ceo di Banca Sistema, “c’è il tema della revocatoria, che non è per nulla banale. Se presti oggi a una società in difficoltà che poi finisce in procedura, ti verranno a chiedere perché lo hai fatto”.

Il Governo Conte ha iniziato a prendere dei provvedimenti per cercare di contenere anche le conseguenze economiche del coronavirus, ma nella fretta, ha dimenticato alcuni settori, come il factoring. “Non è stata considerata la cessione del credito come forma del finanziamento. Spero che le garanzie possano affiancare anche forme di finanziamento mediante cessione del credito, come propone Assifact. Finora sono stati siglati molti accordi formali dal Governo, ma i soldi alle aziende non sono ancora arrivati”, ha fatto notare ancora Garbi.
Certo, per fortuna, “il coronavirus ha colto le banche nel momento in cui erano più virtuose e avevano guadagnato maggiore tranquillità per gestire gli Npl“, ha detto ieri Giancarlo Bartoletti, direttore crediti problematici di Alba Leasing, ricordando che per il settore leasing le cose funzionano diversamente in tema di deteriorati, perché “dietro ai contratti ci sono degli asset che vanno gestiti”, spesso si tratta di immobili.

E sinora in effetti spesso quella del remarketing degli immobili ripossessati è stata la strada maestra per chiudere le esposizioni deteriorate di leasing immobiliari. Dallo scorso anno il Decreto crescita (Decreto Legge 30 aprile 2019, n. 34) ha apportato una serie di modifiche alla legge 130/1999, in particolare in tema di Utp e di Reoco, il che potrebbe incentivare le operazioni di cartolarizzazione su Npl leasing.
In ogni caso, “il rapporto tra banche e servicer è destinato a rafforzarsi, perché le banche avranno più bisogno di prima di essere affiancate nella gestione dei portafogli di crediti deteriorati”, ha detto Michele Zorzi, direttore commerciale di Guber Banca, nata come servicer ma ora banca a servizio delle imprese e investitore in crediti deteriorati.

A proposito di investimenti in Npl, Zorzi ha detto che necessariamente i business plan di recupero vanno rivisti e che l’approccio all’investimento dovrà diventare molto meno aggressivo di quanto visto sinora: “Si e dovranno trovare investitori con denaro più paziente, e collegare l’aspetto finanziario a quello sociale, senza lasciarsi prendere dal panico”, ha concluso Zorzi.E se prima gli istituti di credito puntavano a ridurre ulteriormente lo stock di Npl tramite cessioni, ora avranno l’obiettivo di contenere l’Npl ratio.
Quanto al mercato, Vito Ruscigno, responsabile Npe Optimisation del Gruppo Intesa Sanpaolo, ipotizza anche un impatto nel breve periodo sui tassi di fallimento delle aziende, che a loro volta avranno ripercussioni sulle esposizioni chirografarie e ipotecarie per gli immobili residenziali, commerciali, industriali e alberghieri. Un impatto limitato al breve periodo, dopo il quale si potrà ripartire.