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“La maggioranza delle banche è in linea con le nostre attese, ma ancora due banche su cinque, quindi il 40%, presentano gap significativi rispetto a quello che ci aspettiamo“. Lo ha detto chiaro, a proposito del trattamento del rischio di credito da parte delle banche europee Andrea Enria, presidente del Consiglio di vigilanza della BCE in un’intervista ieri a Reuters.
“In passato eravamo preoccupati del fatto che le banche non utilizzassero metodi di previsione finanziaria sufficientemente prudenti e si basassero su scenari troppo ottimisti. Ma questa situazione è migliorata e la maggior parte delle banche sta adottando scenari e previsioni più in linea con le nostre aspettative”, ha detto ancora Enria, che però ha sottolineato che “dove c’è ancora lavoro da fare, è l’identificazione del rischio di credito, quindi di UTP e di pratice di forbearance e provisioning practices”.
A questo proposito, in genere, ha aggiunto il capo della vigilanza della Bce, “le banche non rivedono i loro indicatori in un modo che noi riteniamo soddisfacente. Per esempio, si basano ancora su indicatori che hanno un approccio backward looking (cioé che si basano su performance del passato, ndr), che però sono inaffidabili nell’attuale congiuntura. Le banche sono anche incapaci di costruire indicatori che siano efficaci nel guardare oltre la moratoria e le misure di sostegno in modo da stimare la probabilità di default. E poi appunto anche le procedure per determinare forbearance e unlikely to pay rappresentano aree di debolezza. C’è un miglioramento, ma non tanto quanto vorremmo (…) Il fatto che le banche rimandino il momento del riconoscimento dello stato dei clienti implica che non stanno prendendo misure abbastanza in anticipo per gestire attivamente o ristrutturare le loro esposizioni ai primi segni di criticità“.
E ha detto ancora Enria: “La mia sensazione è che ci sia una tendenza ad attendere per vedere che succede, le banche non hanno abbastanza informazioni, così aspettano un mese, chissà magari poi c’è una ripresa. Ma certo ci possono essere banche che stanno davvero cercando di nascondere i problemi sotto il tappeto”.
d una domanda sul fatto che le banche nel primo trimestre stanno registrando utili migliori del previsto, in parte grazie ai minori accantonamenti, il numero uno del Supervisory Board della BCE ha risposto: “Riconosco che le proiezioni macroeconomiche indicano una ripresa dal secondo trimestre. Ma è un po’ presto per allentare le accantonamenti. Questa è una recessione particolare, a differenza di qualsiasi altra che abbiamo visto in passato. Nelle normali recessioni le banche iniziano a rilasciare accantonamenti una volta che siamo vicini al picco dei fallimenti. Ma ora non abbiamo nemmeno iniziato a vedere il materializzarsi di problemi di qualità degli asset e i fallimenti sono in calo. Non stiamo ancora assistendo al picco nella materializzazione del rischio di credito”.
Enria ha ribadito l’intenzione della BCE di revocare a settembre la raccomandazione che limita i dividendi e i buyback delle banche a meno che la situazione economica non si stia “materialmente deteriorando”. Ha poi confermato che alle banche sarà chiesto di ricostruire i loro buffer di capitale solo alla fine del prossimo anno o anche più tardi se la piena portata delle bancarotte richiederà più tempo per diventare evidente.
Ricordiamo che a fine marzo il servizio studi del Parlamento Ue ha pubblicato un Report da cui emerge un approccio molto vicino a quello sostenuto da Banca Centrale Europea ed EBA e che punta a far emergere i crediti problematici il prima possibile in modo da poterli gestire ed eventualmente cedere prima che si torni a formi un enorme stock di Npl sui libri delle banche (si veda altro articolo di BeBeez).
Nel dettaglio, nello studio dal titolo “Non-performing Loans – New risks and policies? NPL resolution after COVID-19: Main differences to previous crisis”, si legge che in tempi di crisi economica e finanziaria, le imprese più deboli faticano a sopravvivere, spingendo al rialzo lo stock dei crediti deteriorati sui bilanci delle banche. In questi momenti, l’identificazione dei crediti deteriorati tende a essere rimandata dalla banche, nel tentativo di rimandare il recepimento in bilancio delle perdite su crediti. Questo comportamento può portare a continuare a finanziare aziende che non ne avrebbero i requisiti (si tratta del cosiddetto zombie lending), mentre si rimandano nel tempo i tanto necessari sforzi di ristrutturazione aziendale con conseguenze negative per la crescita economica.
Per questo motivo è necessaria una gestione pro-attiva dei crediti deteriorati, che punti a fissare i giusti incentivi per le imprese e per le banche affinché le aziende in difficoltà vengano ristrutturate. Per evitare lo zombie lending e la bank zombification, i regolatori e i policy makers devono assicurarsi che le banche attestino realisticamente il valore dei loro crediti. E se si fa in modo che le banche riconoscano i crediti deteriorati il primo possibile, a quel punto si permette anche lo sviluppo di un mercato secondario di questi crediti.