“Il miglioramento sostenuto della qualità dei prestiti del settore bancario italiano è destinato a concludersi, poiché si prevede che i crediti deteriorati (NPL) aumenteranno nei prossimi 12-18 mesi poiché la scadenza della moratoria sui rimborsi legata al coronavirus innescherà un aumento delle insolvenze”. Lo ha dichiarato Moody’s Investors Service in un rapporto pubblicato nei giorni scorsi.
Affermazione che potrebbe suonare sorprendente, considerato che, secondo i dati dell’Eba, l’Authority di sorveglianza sulle banche europee, i crediti deteriorati degli istituti di credito italiani sono scesi al 4,1% dei prestiti lordi a dicembre 2020 da un picco del 17% nel 2015, poiché le banche hanno scaricato i loro crediti problematici principalmente attraverso cessioni e cartolarizzazioni.
Un trend confermato dallo stesso governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, il quale nelle ultime Considerazioni Finali presentate lo corso 31 maggio ha evidenziato che “negli ultimi cinque anni il rapporto tra il capitale di migliore qualità e le attività ponderate per il rischio (CET1 ratio) è salito di oltre 3 punti percentuali, al 15,5%; l’incidenza dei crediti deteriorati sul totale dei prestiti, al netto delle rettifiche di valore, è scesa al 2,2%, 7,6 punti sotto il picco del 2015. Per i maggiori gruppi, classificati come significativi ai fini della Vigilanza Unica, la distanza dalla media dagli altri Paesi per patrimonializzazione e qualità dei prestiti si è sostanzialmente annullata” (qui il passaggio a pag. 16 delle Considerazioni e si veda altro articolo di BeBeez).
E nel primo scorcio del 2021 la tendenza sembra confermarsi. Infatti BeBeez ha calcolato pochi giorni fa che il volume di crediti deteriorati dei sei principali gruppi bancari italiani (Intesa Sanpaolo /Ubi, Unicredit, Mps, Bper, Banco BPM e Credem) alla fine del primo trimestre 2021 si è ridotto a 61,5 miliardi dai 65 di fine 2020 (si veda qui l’Insight View di BeBeez del 31 maggio disponibile agli abbonati a BeBeez News Premium e BeBeez Private Data). Ma il motivo di questo discesa, si sa, sta nel fatto che le varie misure di contenimento della pandemia, in primo luogo le moratorie sui crediti, hanno sostanzialmente solo messo in stand-by la situazione, per cui al momento si è visto sostanzialmente soltanto l’effetto positivo delle cessioni di crediti deteriorati, senza registrare ancora l’impatto dei default o del passaggio dei crediti da in bonis a UTP.
Proprio sulla base di questa premessa l’agenzia di rating americana prevede un aumento consistente degli NPL, probabilmente nel 2022, vista la quota relativamente alta di prestiti ancora soggetti a moratoria in Italia (per un focus sul leasing su questi temi si veda qui l’Insight View di BeBeez del 3 giugno, disponibile agli abbonati a BeBeez News Premium e BeBeez Private Data), anche se l’aumento non dovrebbe riportare l’incidenza dei crediti problematici in prossimità del picco storico, appunto quello del 2015.
“I crediti in sofferenza delle banche italiane aumenteranno notevolmente nei prossimi 12-18 mesi“, quindi fra giugno e dicembre del 2022, “in particolare dopo la scadenza della moratoria sui rimborsi legata al coronavirus, e alcuni debitori non saranno in grado di riprendere del tutto i pagamenti legati ai prestiti”, afferma Fabio Iannò, Senior Credit Officer di Moody’s e autore del rapporto.
La nota positiva è che le banche italiane hanno venduto o cartolarizzato circa 40 miliardi di euro fra Npl e Utp lo scorso anno, rispetto ai 34 miliardi dell’anno prima, e Moody’s si attende che il flusso di queste operazioni si manterrà sostenuto nel corso del 2021, fungendo da contrappeso al previsto deterioramento della qualità degli attivi.