Lo stock di crediti deteriorati sui libri delle banche italiane è sceso a 96 miliardi di euro lordi a fine giugno, ai minimi del 2008, dopo un’accelerazione negli ultimi anni e dopo essere partiti dal picco di 341 miliardi a fine 2015. I crediti deteriorati da gestire, però, non sono scomparsi. Nella maggior parte dei casi sono infatti soltanto passati di mano e considerando anche quelli nei portafogli degli investitori lo stock è di ben 350 miliardi di euro. Sono i principali numeri che emergono dall’ultimo report sul settore pubblicato ieri da PwC intitolato “Transformation at Work” (si veda qui il report completo).
PwC sottolinea che le misure governative di sostegno hanno permesso di congelare e frenare il processo di deterioramento dei crediti e le principali banche italiane non sono state per ora impattate dal Covid-19. Anzi, nel 2020 e nel 2021 il deleveraging degli NPE è proseguito toccando appunto i livelli minimi dal 2008. Da fine 2020 vi è stato, inoltre, un sorpasso degli UTP sulle sofferenze: a giugno 2021 gli UTP lordi sui libri delle banche erano 49 miliardi contro sofferenze per 45 miliardi. Iniziano, tuttavia, a osservarsi alcuni primi segnali di possibile deterioramento del credito: in primis a giugno 2021 si osservano 219 miliardi di crediti classificati Stage 2 pari a 14% del totale crediti (valore che era ben inferiore al 10% a fine 2019).
Tutti trend già evidenziati nelle analisi periodiche di BeBeez sulle trimestrali dei principali gruppi bancari italiani. In particolare, l’analisi sui conti a fine settembre, pubblicata nell’Insight View di BeBeez dello scorso 9 dicembre (disponibile agli abbonati a BeBeez News Premium e BeBeez Private Data), mostra che c’erano circa 58,2 miliardi di euro di crediti deteriorati lordi sui bilanci dei primi sei gruppi bancari italiani (Unicredit, Intesa Sanpaolo, MPS, Banco BPM, BPER, Credem.) a fine settembre 2021, in lieve rialzo dai 57,4 miliardi di fine giugno (si veda altra Insight View di BeBeez), quando era stata registrata l’ultima discesa dai 65 miliardi di fine dicembre 2020 (si veda altra Insight View di BeBeez). Il tutto, quindi, con NPE ratio del 4,68% dal 4,64% di fine giugno. Il proseguimento delle moratorie ha permesso alle banche nei mesi scorsi di evitare di prendere atto della reale situazione dei crediti sui libri. Ma ora le cose stanno cambiando e soprattutto, come appunto evidenziato anche da PwC, c’è una spada di Damocle che pende sui conti rappresentata dalla mole di crediti in bonis, che sono oggi classificati come Stage 2, cioé hanno un’alta probabilità di trasformarsi deteriorati. Stiamo parlando di circa 168 miliardi di euro a fine settembre 2021 per i primi 5 gruppi bancari italiani (Credem fornisce il dato Stage 2 soltanto ogni sei mesi e soltanto a livello netto, quindi è stato escluso dal calcolo aggregato). Quel totale rappresenta circa il 13,9% del totale dei crediti erogati alla clientela da parte di quegli stessi gruppi.
Tornando ai dati PwC, in termini di qualità del credito le banche italiane appaiono più “rischiose” rispetto alla media europea: il peso dei crediti Stage 2 sul portafoglio in bonis è, ad esempio, di 4 punti percentuali superiore rispetto alla media europea.
C’è ancora grande incertezza sull’impatto che avrà l’attuale crisi sui nuovi flussi di credito deteriorato. Il mercato si aspetta tra i 70 e i 90 miliardi di nuovi flussi di NPE nei prossimi 24-36 mesi al netto di eventuali ulteriori misure straordinarie.
Pier Paolo Masenza, Financial Services Leader di PwC Italia,, ha commentato: “Si pone oggi un profondo tema industriale nella gestione dei crediti deteriorati. Sono già oggi migliaia le imprese a rischio classificate come inadempienze orobabili e i nuovi flussi di NPE saranno costituiti prevalentemente da altri crediti vivi riferibili a piccole/medie imprese appartenenti ai settori più colpiti dalla crisi. Tutti questi crediti richiederanno una gestione ad-hoc da parte delle banche”.
Masenza ha aggiunto: “Oltre ai nuovi flussi di UTP che dovranno essere adeguatamente sostenuti, l’incremento dell’indebitamento di molte imprese richiederà soluzioni innovative per ricapitalizzare e sostenere dal punto di vista finanziario le imprese meritevoli. Rispetto all’ultima crisi finanziaria e del debito sovrano, il sistema è in una situazione maggiormente avvantaggiata per affrontare la situazione: la crescita di operatori specializzati nella gestione dei crediti deteriorati, il focus degli investitori sul mercato italiano, la capacity e le competenze formatesi nel corso degli ultimi anni costituiscono un importante asset che deve essere valorizzato per supportare il tessuto economico”.
Secondo PwC Italia è quindi necessaria un’alleanza tra tutti i player (Governo, banche, investitori, stakeholder locali) per sostenere la ripresa dell’economia reale. Da un lato, si dovrà garantire un’uscita “accompagnata” dalle moratorie per le 500 mila famiglie e imprese che ne stanno ancora beneficiando. Dall’altro, si dovrà sponsorizzare e diffondere la conoscenza di soluzioni di supporto all’economia (come il fondo Patrimonio Rilancio di CDP) e, soprattutto, facilitare l’accesso alle opportunità del PNRR e di altri fondi europei.
Gli attori del settore da parte loro dovranno porre grande attenzione alla gestione rapida e proattiva dello “scaduto” e ancor prima dei crediti “high-risk” e Stage 2, ma al tempo stesso dovranno spostare sempre più la loro focalizzazione su una gestione “industriale” dei crediti deteriorati piuttosto che su una pura liquidazione delle posizioni, anche collaborando in maniera sempre più proficua con il mondo del real estate. Per avere successo in questo nuovo scenario sarà fondamentale dare priorità ai giusti investimenti in data analytics e nuove tecnologie.