È “necessario che le banche utilizzino tutte le informazioni a loro disposizione per classificare correttamente i finanziamenti oggetto di moratoria, facendo emergere in modo tempestivo e prudente le perdite, anche per evitare potenziali dubbi degli investitori sull’effettiva qualità dei loro portafogli di prestiti”. Lo ha detto chiaro ieri il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nelle sue Considerazioni Finali , riprendendo un tema caro ad Andrea Enrìa, presidente del Consiglio di vigilanza della BCE, che poco meno di un mese fa in un’intervista a Reuters aveva detto che “il fatto che le banche rimandino il momento del riconoscimento dello stato dei clienti implica che non stanno prendendo misure abbastanza in anticipo per gestire attivamente o ristrutturare le loro esposizioni ai primi segni di criticità“ (si veda altro articolo di BeBeez).
Visco ha sottolineato che “l’emersione delle insolvenze generate dagli effetti della crisi sanitaria sull’economia è stata finora rallentata dagli interventi ( sospensione dei pagamenti e prestiti garantiti dallo Stato) introdotti dal marzo dello scorso anno e prorogati fino alla fine del 2021 con il decreto da poco emanato dal Governo. Dall’ultimo trimestre del 2020, tuttavia, i nuovi crediti deteriorati stanno aumentando, seppur lievemente; potrebbero continuare a crescere nei prossimi mesi, anche se meno che nei precedenti episodi di crisi. Un segnale in questa direzione proviene dall’incremento, in media di quasi un terzo, della consistenza delle rettifiche di valore sui finanziamenti in bonis, che riflette il peggioramento del rischio di credito; questo incremento è tuttavia associato a notevoli differenze tra le banche nella classificazione e valutazione dei prestiti. Dove non giustificabili sulla base di una attenta analisi del merito di credito delle singole posizioni, queste differenze andranno colmate nei prossimi mesi; tutti gli intermediari devono adottare politiche improntate alla prudenza. La proroga delle moratorie accrescerà la differenza con gli altri paesi europei riguardo all’intensità di utilizzo di questo tipo di misure, che se da un lato possono produrre benefici per i debitori dall’altro rendono meno trasparenti i bilanci bancari”.
Visco ha aggiunto che “gli intermediari possono utilizzare il patrimonio in eccesso per adeguare classificazioni e rettifiche: alla fine dello scorso anno il coefficiente relativo al capitale di migliore qualità superava in media di oltre 6 punti percentuali i minimi attualmente richiesti a vario titolo dalle autorità di vigilanza. Queste risorse possono anche essere indirizzate a sostenere imprese in difficoltà ma con concrete possibilità di tornare a onorare regolarmente i propri debiti; la loro identificazione è compito non semplice, ma fondamentale in questa fase congiunturale. La quota dei finanziamenti oggetto di ristrutturazione, pari al 3 per cento a fine 2020, è verosimilmente destinata ad aumentare”.
Nella Relazione di Banca d’Italia (pag. 171) si legge che “nell’anno le banche italiane hanno registrato un incremento del 36 per cento dei finanziamenti in bonis per i quali si è osservato un significativo aumento del rischio di credito (a seguito del quale avviene il passaggio dallo stadio 1 allo stadio 2 della classificazione prevista dal principio contabile IFRS 9). La variazione non avrebbe avuto luogo se fosse stata in vigore la precedente disciplina contabile. L’aumento dei crediti classificati allo stadio 2 dai gruppi significativi è stato di circa il 40 per cento, 13 punti percentuali in più rispetto al valore delle banche meno significative. L’incidenza di questi finanziamenti sul totale di quelli in bonis è passata dall’8,7 al 10,7 per cento3 . La crescita di questa categoria ha determinato l’incremento del tasso di copertura dei crediti in bonis, che in dicembre ha raggiunto lo 0,6 per cento”.