
Sul mercato del private debt è sbarcato RIv-Capital, un nuovo investitore, molto sofisticato, che per la verità ha come focus di investimento i mercati quotati, che approccia con strategie quantitative, tipiche da hedge fund, basate sull’analisi statistica e fondamentale e su modelli proprietari, ma appunto lascia anche spazio a investimenti di altro tipo e che includono i bond ad altissimo rendimento, il private debt e le note di cartolarizzazione di qualunque tipo di asset, in primo luogo quelle di prestiti alle imprese (si veda qui il comunicato stampa).
Lo ha spiegato ieri in occasione della conferenza stampa di presentazione del progetto il fondatore e presidente e ceo Roberto Rivera, ex trader di derivati di Lehman Brothers, che nei primi anni 2000 era stato tra i protagonisti dell’allora nascente mercato delle cartolarizzazioni in Italia, con un passato anche come Investment e private banker all’interno di società di investimento europee e americane a Londra, Francoforte e Milano, come American Express Bank, Dresdner Bank, Banca IMI e Nomura.
Riv-Capital (dove Riv, oltre a essere le iniziali di Rivera è l’acronimo per return, investments e value), con sede in Lussemburgo e a Dubai, propone un modello di partecipazione in cui ogni investitore diventa azionista, beneficiando di dividendi su base trimestrale, ed è strutturato oggi come club deal di investimento che ha già raccolto impegni informali per un totale di 100 milioni di euro da una ventina di investitori privati, che presto andranno ad ampliare la compagine sociale della holding, mentre a tendere, visto l’interesse che il progetto sta sviluppando presso altri potenziali investitori, la holding stessa si strutturerà come soggetto regolato.
La holding gestisce al momento i capitali degli azionisti co-fondatori, che sono, oltre a Rivera, i vicepresidenti Stefano Camponovo (ceo di Camponovo & Partners Group con base a Lugano, banchiere con 30 anni di esperienza in Morgan Grenfell & Co, Prudential Bache e come Ispettore dell’Ufficio Fiscale presso il Dipartimento delle Finanze del Canton Ticino), Mario Giannelli (con un passato di investment banker in Lehman Brothers, Greenwich Natwest e l’allora Credito Italiano) e Adele Luigia Fantoni (proprietaria di un noto studio medico nel centro di Milano da circa 30 anni e attivo gestore del patrimonio di famiglia), il general counsel Valerio Vallefuoco (managing partner dello Studio Legale Vallefuoco & Associati con sedi a Roma e Milano e tra i maggiori esperti in materia di diritto tributario, penale finanziario, antiriciclaggio e lotta al finanziamento del terrorismo, docente presso l’Accademia della Guardia di Finanza e la Scuola di Polizia Tributaria della GdF) e il chief economist Massimiliano Marzo (Ph.D. a Yale, titolare delle cattedre di Economia dei Mercati Finanziari, Finanza Internazionale e Asset Management all’Università di Bologna e Direttore della Bologna Business School presso il Master di Wealth Management).
L’adesione alla partnership può essere effettuata attraverso un investimento minimo di 125 mila euro, da soggetti qualificati equiparabili ai clienti professionali su richiesta di cui alla Direttiva Europea MIFID II. Non sono previste commissioni di gestione, ma solo un dividendo privilegiato pagato su modello High Watermark.
La filosofia d’investimento, si diceva, si focalizza su portafogli con orizzonti di lungo periodo, basati su strategie quantitative derivate da modelli a loro volta fondati sull’analisi sia statistica sia fondamentale. Più in dettaglio, le decisioni d’investimento generano allocazioni su tre diverse tipologie di portafogli,
principalmente in strumenti liquidi, con elevata decorrelazione e diversificazione a livello globale, con
l’obiettivo di limitare i rischi sistemici: High Yield Fixed Income / Hybrid instruments, Mutual fund / Hedge fund/Proprietary strategies e un massimo di tre portafogli tematici azionari. Ciascuno dei tre “pillar” è ampiamente diversificato e il portafoglio globale che ne deriva è granulare riducendo così a livello minimo il rischio specifico del capitale.
Trasversali a questi tre pillar sono poi appunto gli investimenti illiquidi, e quindi in particolare il mondo del private debt o in altro tipo di strumenti finanziari emessi da società non quotate, che però, per entrare in portafoglio, devono comunque prevedere dei flussi di rendimento costanti. Su questo fronte, ha detto Rivera, il private debt delle aziende italiane è particolarmente interessante, così come lo sono le note di cartolarizzazione dei prestiti alle pmi italiane, ivi comprese quelle junior, quindi quelle più rischiose.
Infine un occhio va anche al tema cryptovalute, che Rivera ritiene un’opzione di investimento interessante, e per le quali il professor Marzo ieri ha detto di attendersi un ruolo strategico in un futuro in cui il valore della moneta dovesse tornare a una fase ancoraggio a uno specifico asset come era stato con l’oro ai tempi del Gold Standard o come era stato con il marco tedesco ai tempi dello SME. “La mia è una provocazione intellettuale, ma sappiamo che, se è vero che oggi le crypto sono molto volatili, a tendere avranno un valore fisso”, ha concluso ieri Marzo, riferendosi al fatto che la produzione di ciascun blocco di blockchain alla base di ogni crypto è in numero limitato.