I minibond sono lo strumento più adatto al finanziamento delle imprese di costruzioni. Lo dice l’Associazione nazionale delle imprese edili (Ance) nel suo documento dedicato alla politica industriale per il settore delle costruzioni, presentato nei giorni scorsi Ne hanno parlato nei giorni scorsi dal presidente dell’Ance, Claudio De Albertis, al ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda,
Il documento spiega che per il real estate due potrebbero essere i campi di applicazione di questo strumento finanziario: gli investimenti nel miglioramento energetico del patrimonio immobiliare nazionale e gli interventi di riqualificazione urbana (oltre, naturalmente, le operazioni di sviluppo immobiliare).
Secondo l’Ance, “per le operazioni di retrofitting degli immobili, il profilo rischio-rendimento di questi interventi è ragionevolmente contenuto e il tempo di rientro è mediamente compreso tra i 7 e i 10 anni, due caratteristiche che potrebbero incontrare il favore degli investitori. L’altro campo in cui questi titoli potrebbero essere emessi è la riqualificazione dei centri urbani, un’attività senza dubbio con un profilo di rischio più complesso da valutare, ma che potrebbero avere un ritorno molto elevato, anche in termini sociali”.
Quanto al rischio per gli investitori, l’Ance sottolinea che “con il varo del nuovo sistema di valutazione del merito di credito, il Fondo di Garanzia può costituire un punto di riferimento importante per le imprese che vogliano emettere titoli, soprattutto per quei settori, come le costruzioni, che maggiormente hanno subito il credit crunch. Ma è altrettanto importante la sinergia che il Fondo potrà creare con altri soggetti attivi sul territorio. Per esempio, alcune Regioni, come la Lombardia, hanno sviluppato dei progetti finalizzati a facilitare la diversificazione delle fonti finanziarie a disposizione delle imprese”.
L’Ance fa qui riferimento in particolare a Finlombarda che ha varato da poco un plafond (120 milioni di euro) finalizzato ad assistere le imprese lombarde nelle fasi di emissione dei minibond.
Sinora, invece, verso il settore edile e quello immobiliare c’è stata una netta chiusura da parte degli investitori: “alla fine del 20142 , su 13 fondi di private debt italiani e stranieri, 11 escludono le società immobiliari mentre solo 4 dichiarano di voler investire in infrastrutture e trasporti”, si legge nel documento dell’Ance.
Inoltre, “secondo l’Osservatorio italiano mini-bond del Politecnico di Milano, su un campione di 145 imprese che hanno fatto ricorso ai minibond nel 2015, solo il 6% (9 aziende in tutto) è rappresentato da imprese di costruzioni. Le principali cause ostative alla diffusione di questa tipologia di strumento possono essere ricercate, oltre che nella citata rischiosità, nella dimensione piccola e media delle imprese edili che, non riuscendo a gestire internamente tale procedura e dovendosi rivolgere a professionisti esterni, devono sostenere costi elevati per l’emissione. Dalla parte degli investitori, invece, si nota una mancanza di conoscenza del mercato delle costruzioni”.
E intanto, sono ormai sette anni che i finanziamenti bancari per intraprendere nuovi investimenti nel campo immobiliare sono in diminuzione. Nel 2015 le erogazioni di nuovi mutui per investimenti residenziali sono ancora diminuiti rispetto al 2014, -10,6%. La riduzione dei finanziamenti a cui si è assistito nel settore residenziale è stato fortissima, basti pensare che si è passati dai 31,5 miliardi di euro erogati nel 2007 a circa 9 miliardi erogati sia nel 2014 che nel 2015, una diminuzione di oltre il 70%. Per quanto riguarda, invece, il settore non residenziale dal 2014 le erogazioni per investimenti sono tornate ad aumentare (+6,7% rispetto al 2013), trend confermato anche nel 2015, durante il quale la variazione è stata del +67,3% rispetto all’anno precedente. Anche in questo caso, la caduta registrata tra il 2007 e il 2013 è stata netta: si è infatti passati dai 21 miliardi di euro erogati nel 2007 a quasi 6 miliardi di euro erogati nel 2014.