Partirà prima dell’estate il processo di vendita di una quota di controllo di Italtel. Lo scrive oggi MF-Milano Finanza, ricordando che lo scorso venerdì 5 giugno Stefano Pileri, amministratore delegato del gruppo fornitore del settore telecomunicazioni, ha dichiarato a Reuters che la società ha dato mandato a JP Morgan per ricercare acquirenti, confermando così le indiscrezioni di stampa di fine aprile.
“Il processo di vendita è cominciato. Parleremo con molti fondi di private equity”, ha detto Stefano Pileri, aggiungendo che Cisco potrebbe mantenere la sua partecipazione nella società o anche salire di quota. “Puntiamo a un accordo vincolante entro fine agosto”.
Al momento, infatti, il controllo di Italtel è nelle mani di Cisco con il 33%, mentre il resto del capitale fa capo a Telecom Italia e alle banche finanziatrici che nella primavera del 2013 avevano acconsentito a un accordo di ristrutturazione del debito sulla base dell’art. 182-bis della Legge fallimentare.
In occasione dell’accordo, infatti, era stata deliberata l’emissione di strumenti finanziari partecipativi del capitale con scadenza 2017 e convertibili in azioni ordinarie a valle della conversione da parte delle banche di circa 98,5 milioni dei rispettivi crediti (Unicredit 52 milioni, GE Capital 27 milioni, Bpm 14,5 milioni, Banco Popolare, Centrobanca e Banco di Brescia 1,46 milioni ciascuno).
L’accordo arrivava tre anni dopo un più semplice accordo di ristrutturazione siglato sulla base dell’art. 67 della Legge Fallimentare che si era concluso con una corposa ricapitalizzazione da 70 milioni da parte degli azionisti Telecom Italia e Cisco (mentre il fondo Clayton Dublier&Rice non aveva partecipato), ma senza alcun sacrificio per le banche creditrici, se non quello di riscadenzare i finanziamenti.
Il regolamento degli strumenti partecipativi emessi invece nel 2013 in cambio della quota di crediti delle banche precisava che obiettivo dei titolari degli strumenti in questione era trovare nuovi acquirenti per le azioni e gli strumenti partecipativi stessi di Italtel nel giro di massimi 18 mesi dalla data del closing della ristrutturazione, per un equity value di almeno 6 volte l’ebitda dell’esercizio precedente a quello della vendita.
E ora che il gruppo si sta finalmente risollevando, le banche vorrebbero finalmente monetizzare il loro investimento e uscire dall’azionariato. L’ebitda del gruppo nel 2014 è stato di 33,8 milioni (dai 32,6 milioni del 2013) a fronte di ricavi per 400,2 milioni (da 374,2 milioni) e di un debito finanziario netto stabile a quota 182,8 milioni. Se quindi si applicasse il multiplo di 6 volte l’ebitda, si otterrebbe un equity value di 203 milioni e quindi un enterprise value, incluso il debito, di circa 385 milioni.
Pileri, però, con reuters è stato più prudente e ha parlato di un valore d’impresa sui 300 milioni. Forse per tenere conto del fatto che il risultato netto del gruppo l’anno scorso è stato ancora negativo per 15 milioni, sebbene in grande recupero rispetto alla perdita netta di 32,7 milioni del 2013. In ogni caso Italtel prevede di tornare all’utile quest’anno e vede ricavi a 530 milioni nel 2017.
“Per il secondo anno consecutivo”, ha detto Pileri, “i risultati dell’azienda hanno dimostrato una significativa crescita, ancora più rilevante se confrontata con lo scenario di recessione dei nostri mercati di riferimento. Abbiamo portato a compimento il piano di riorganizzazione del personale che ci ha visti impegnati in questi ultimi anni e raggiunto una dimensione e un livello di costi tali da mantenere un equilibrio economico-finanziario adeguato a proseguire il percorso di crescita prefissato. Con una perdita più che dimezzata rispetto al 2013 e agendo nel solco delle linee guida del piano industriale, si sono create le basi per il ritorno all’utile nel corrente esercizio”.
Al momento non è ancora stato definito nulla. L’idea è cedere una quota di controllo di Italtel, con Cisco che potrebbe restare azionista e magari anche incrementare la sua quota. Pileri ha stimato che un’iniezione di capitali freschi “per qualche decina di milioni di euro potrebbe aiutare il gruppo ad andare ancora meglio”.
I private equity internazionali con esperienza nel settore tlc sono parecchi (per esempio Apax, Bain Capital, Blackstone, Kkr, Permira, Providence) e tutto saranno ragionevolmente sondati da JPMorgan, così come non mancherà di essere sondato il Fondo Strategico Italiano, sebbene per regolamento non possa investire in aziende che non si trovino in equilibrio finanziario. A questo proposito PIleri ha detto che spera che il FSI voglia prendere in considerazione l’investimento nel gruppo tlc prima o poi, mentre l’ad di Italtel non ritiene che l’indiana Tech Mahindra, già partner industrial e commerciale forte, possa essere interessato a diventare un socio. Altri soggetti industriali, invece, potrebbero essere interessati al deal e verranno contattati.italtel potrebbe essere infine il target ideal per il Fondo Salvaimprese (si veda altro articolo di BeBeez), se partisse in tempi brevi.