E’ arrivata ieri, poche ore dopo la scadenza della deadline del 15 ottobre (si veda altro articolo di BeBeez), l’attesa offerta vincolante da parte di KKR al Consiglio di amministrazione di TIM per la NetCo, cioè la società che deterrà il perimetro gestionale e infrastrutturale della rete fissa di telecomunicazioni attualmente posseduta dal gruppo tlc. Quello che però non era atteso è il fatto che KKR abbia distinto tra un’offerta per la NetCo e una per Sparkle, l’operatore internazionale di telecomunicazioni all’ingrosso interamente di proprietà di TIM, che gestisce cavi in fibra che si estendono per oltre 500 mila chilometri, con una rete sottomarina che trasmette informazioni tra i Paesi dell’Europa, del Mediterraneo e delle Americhe. Una società il cui valore si dice si aggiri attorno a un miliardo di euro. Quindi nel complesso poco rispetto ai numeri ben più alti che coinvolgono l’intero deal. Si dice, infatti, che KKR abbia ritoccato al rialzo la sua offerta portandola dai circa 23 miliardi dell’ultima volta (si veda altro articolo di BeBeez) a una cifra vicina ai 24 miliardi, incluso l’earn-out. In particolare, si parla di 10 miliardi di equity, 10 miliardi di debito e il resto earn-out.
Tornando all’offerta di KKR, come annunciato ieri mattina da TIM in una nota, il gruppo ha ricevuto dal fondo infrastrutturale Usa un’offerta “vincolante su NetCo, relativa alle attività di rete fissa di TIM, inclusa FiberCop“, cioé la società di cui peraltro KKR già possiede il 37,5% dalla primavera 2021 (si veda altro articolo di BeBeez).
Per contro, si legge ancora nella nota, “con riferimento alla partecipazione detenuta da TIM in Sparkle, KKR ha formulato una nuova offerta non vincolante, in attesa di procedere alla trasmissione di un’offerta vincolante entro 4/8 settimane, al termine delle attività di due diligence in corso, richiedendo un periodo di esclusiva fino al prossimo 20 dicembre. L’offerta su NetCo scade l’8 novembre pv, ferma restando la possibilità di discutere i termini di ulteriori estensioni sino al prossimo 20 dicembre”.
Ricordiamo che KKR aveva conquistato lo scorso giugno il diritto a trattare in esclusiva l’acquisto del controllo della NetCo di TIM, con il Cda del gruppo tlc che aveva dato mandato all’amministratore delegato Pietro Labriola di avviare, in esclusiva, una negoziazione migliorativa con il fondo Usa, finalizzata a “ottenere la presentazione nel più breve tempo possibile, compatibilmente con la complessità dell’operazione e comunque entro il 30 settembre, di un’offerta conclusiva e vincolante” (si veda altro articolo di BeBeez). Dopodichè KKR aveva chiesto e ottenuto una proroga per la presentazione dell’offerta sino appunto al 15 ottobre. Ora i tempi si allungano ancora. E infatti, l’annuncio di un ulteriore ritardo nel processo di vendita della NetCo non è piaciuto al mercato, con il titolo TIM che ieri ha chiuso la giornata di Borsa in calo del 6,23% a 0,2573 euro, per una capitalizzazione di 3,94 miliardi di euro.
Nel frattempo, nei giorni scorsi c’è stato l’atteso incontro tra i rappresentanti del governo e quelli di Vivendi, il gruppo media, primo azionista di TIM al 23,75%, che da sempre frena sull’operazione, perché ritiene il prezzo offerto da KKR troppo basso: come noto per l’azionista francesce il valore di NetCo è di 31 miliardi (si veda altro articolo di BeBeez), ben lontano sia dai precedenti 23 miliardi sia dai 24 miliardi di cui si parla ora. Il ministro del Tesoro, Giancarlo Giorgetti, e il capo di gabinetto del governo Meloni, Gaetano Caputi, hanno infatti incontrato lo scorso 5 ottobre il presidente di Vivendi, Yannick Bollorè, e l’ad Arnaud de Puyfontaine, i quali, secondo quanto riferito da Repubblica nei giorni scorsi, avrebbero proposto di intraprendere una strada diversa da quella della cessione della NetCo per risollevare finanziariamente TIM, appesantita dal debito. L’idea di Vivendi passerebbe infatti da un cambio radicale di management senza cessioni o aumenti di capitale. Nelle realtà il governo italiano è rimasto sulle sue posizioni e cioé ha ribadito la volontà di supportare un’operazione di sistema, che veda KKR alla guida di un consorzio di investitori, di cui faranno parte lo stesso MEF, attraverso CDP, e F2i.
Ricordiamo che a fine agosto Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Giorgia Meloni e del Ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, ha dato il via libera all’ingresso del MEF nel capitale di NetCo, nell’ambito dell’operazione organizzata da KKR, mettendo sul piatto sino a 2,2 miliardi di euro, per una quota quota di NetCo compresa tra il 15 e il 20%, risorse saranno attinte dalla disponibilità del cosiddetto Patrimonio destinato, creato dal decreto legge n.34 del 2020 e pari oggi a 2,525 miliardi (si veda altro articolo d BeBeez). Al termine dell’operazione KKR dovrebbe detenere circa il 65% del capital di NetCo, il MEF appunto il 15-20%, mentre la restante quota potrebbe essere distribuita tra CDP e F2i sgr. A questo proposito Giorgetti aveva detto: “Possibile un coinvolgimento di CDP, tenendo conto di vincoli Antitrust”, riferendosi al fatto che CDP è già azionista di maggioranza di Open Fiber.
Detto questo, Vivendi ha fatto capire molto bene che passerà alle vie legali, se TIM deciderà di non portare in assemblea la questione NetCo e far passare l’operazione soltanto dal Cda, infischiandosene del fatto che i francesi sono contrari alla vendita ai prezzi che circolano. Si rischia quindi una pericolosa escalation.