Dopol’uscita nel 2006 dalla telefonia mobile con la cessione alla Orascom di Naguib Sawiris della quota residua del 37% di Wind (oggi Wind Tre, controllata dai gruppi Hutchison e Vimpelcom), per Enel è giunto il momento del secondo addio alle tlc. Nei giorni scorsi infatti l’ex monopolista elettrico ha firmato il contratto di cessione del 50% del gestore di rete FTTH (Fiber To The Home) Open Fiber a Cdp Equity (società del Gruppo Cdp, già titolare del 50%) e Macquarie Asset Management (si vedano qui il comunicato stampa di Cdp Equity e qui quello di Macquarie). Nel dettaglio, Cdp Equity, ha rilevato un ulteriore 10% di Open Fiber per 530 milioni di euro, inclusivo del trasferimento a Cdp Equity del 20% della quota di Enel dello shareholders’ loan concesso ad Open Fiber, comprensivo degli interessi maturati. Cdp Equity diventerà così, successivamente al closing, azionista di maggioranza di Open Fiber, con il 60% del capitale.
Contestualmente, Macquarie ha acquistato il restante 40% dell’azienda da Enel per 2,12 miliardi. Le due società hanno altresì definito i termini del nuovo patto parasociale su Open Fiber.
L’operazione, che riconosce a Open Fiber un equity value di 5,3 miliardi di euro, comporta quindi per Enel un introito di 2,65 miliardi, che si confrontano con i 2,5 miliardi investiti all’epoca dell nascita di Open Fiber, nel 2016.
In realtà tutto era stato giià definito dall’inizio di maggio (si veda altro articolo di BeBeez) e l’operazione si sarebbe dovuta chiudere entro il 30 giugno scorso, ma l’affare è slittato a causa del cambio del vertice di Cdp, passato da Fabrizio Palermo a Dario Scannapieco, avvenuto nel maggio scorso (si veda altro articolo di BeBeez). La cosa avrebbe potuto comportare un significativo aggravio di costo, soprattutto per Macquarie. Infatti, l’intesa siglata nel dicembre 2020 tra Enel e il fondo australiano prevedeva che qualora il closing dell’operazione fosse andato oltre il 30 giugno, il corrispettivo concordato per il 50% (2,65 miliardi di euro) sarebbe aumentato a un tasso di interesse del 9% annuo. Importo che sarebbe sceso a 2,12 miliardi qualora il fondo avesse rilevato solo il 40% di Open Fiber, come poi effettivamente avvenuto (si veda altro articolo di BeBeez). Ciò significa che per ogni mese di ritardo, Macquarie avrebbe dovuto riconoscere a Enel circa 16 milioni di euro in più (cioé un dodicesimo del 9% di 2,12 miliardi) (si veda altro articolo di BeBeez).
Quindi era necessaria un’accelerazione delle procedure finali. Prime indiscrezioni indicavano in metà luglio la data delle firme, ma si è già andati oltre. Oltretutto, per arrivare al closing definitivo, non serviva solo che Cdp, Macquarie ed Enel firmassero i contratti, ma anche che poi la cessione fosse notificata, per il via libera di rito, alle autorità come l’Antitrust Ue (che potrebbe avere qualcosa da eccepire, dato che Cdp detiene anche quasi il 10% di TIM) e ci sia l’ok anche ai sensi della procedura golden power. La firma dei documenti era necessaria anche per l’accordo sull’interim management su chi e in che modo gestirà Open Fiber fino a quando non ci saranno tutti i via libera alla cessione. Il perfezionamento dell’operazione è presumibilmente atteso nel quarto trimestre del 2021.
Open Fiber gestisce la più grande rete italiana FTTH, servendo più di 12 milioni di famiglie in oltre 180 centri urbani e più di 2.300 aree rurali in tutto il Paese. Inoltre guida anche la diffusione della banda larga ultraveloce in tutta Italia, puntando a raggiungere più di 19 milioni di famiglie con la sua rete wholesale-only. Basata a Milano, Open Fiber ha chiuso il 2019 con ricavi per 178 milioni, un ebitda di 34,5 milioni, una perdita di 117 milioni e un debito netto di poco superiore a 1 miliardo (si veda qui l’analisi di Leanus).
Jiri Zrust, senior managing director di Macquarie Asset Management, ha dichiarato: “Migliorare l’accesso a una banda larga affidabile e ultraveloce è fondamentale per consentire alle famiglie e alle imprese italiane di sfruttare le opportunità che una società e un’economia più connesse sono in grado di offrire. Non vediamo l’ora di sostenere la realizzazione dell’infrastruttura digitale di nuova generazione in Italia attraverso il nostro investimento in Open Fiber”.
Macquarie Asset Management investe in Italia dal 2002. Da allora i fondi gestiti da Macquarie hanno sostenuto lo sviluppo e il funzionamento a lungo termine di infrastrutture essenziali per l’economia italiana attraverso investimenti in Hydro Dolomiti Energia, Società Gasdotti Italia, Renvico e Aeroporti di Roma. Lo scorso giugno, i fondi gestiti da Macquarie hanno deciso di acquisire l’88% di Autostrade per l’Italia (Aspi) in consorzio con Cdp Equity e Blackstone Infrastructure Partners (si veda altro articolo di BeBeez). Inoltre lo scorso luglio Macquarie Asset Management ha rilevato un immobile a uso uffici a Milano per 63 milioni (si veda altro articolo di BeBeez).
Il fondo infrastrutture australiano sta investendo per sostenere lo sviluppo di reti di infrastrutture digitali ad alta capacità in tutto il mondo. In Europa, con i suoi fondi, sta aumentando la connettività a banda larga ultraveloce nel Regno Unito, in Danimarca e in Polonia attraverso investimenti in KCOM, TDC Group e INEA.
La vicenda di Open Fiber si intreccia con quella di FiberCop, la nuova società in cui sono confluite la rete secondaria di TIM (cosiddetto ultimo miglio, dalla cabina in strada alle abitazioni) e la rete in fibra sviluppata da FlashFiber, la joint-venture tra TIM (80%) con Fastweb (20%). A inizio aprile TIM, il fondo KKR Infrastructure e Fastweb sono entrate nel capitale di FiberCop (si veda altro articolo di BeBeez). Un primo passo, quest’ultimo, verso la realizzazione di un più ampio progetto di costituzione di una società unica della rete nazionale, necessaria allo sviluppo del digitale in Italia, che necessariamente coinvolgerà OpenFiber (si veda altro articolo di BeBeez).
I consigli di amministrazione di TIM e di Cassa Depositi e Prestiti nell’agosto 2020 hanno infatti approvato una lettera d’intenti tra TIM e Cdp Equity finalizzata a integrare FiberCop con OpenFiber per dare vita ad AccessCo, società aperta anche ad altri investitori e destinata a gestire la rete unica nazionale. AccessCo sarà costituita mediante la fusione tra FiberCop e Open Fiber (si veda altro articolo di BeBeez).