Eataly, la catena di supermercati di enogastronomia italiana di alta qualità fondata da Oscar Farinetti, ha avviato ufficialmente l’iter che dovrebbe portarla a Piazza Affari, come già previsto dal piano industriale e come confermato lo scorso settembre in un’intervista tv a ClassCnbc da Gianni Tamburi, azionista con TIP al 20% nella holding Eatinvest (si veda altro articolo di BeBeez). Lo scrive oggi MF-Milano Finanza, che precisa che il via libera è stato dato dal consiglio di amministrazione che si è tenuto ieri sotto la presidenza esecutiva di Andrea Guerra.
Il primo step è quello dell’incarico affidato a TIP, la holding di investimento quotata a Piazza Affari che nel marzo 2014 ha guidato appunto un club deal che per 120 milioni di euro ha acquisito il 20% di Eatinvest (si veda altro articolo di BeBeez). TIP dovrà anzitutto individuare il global coordinator dell’operazione, che andrà avanti anche in caso di un’offerta di acquisto, magari da un grande gruppo del settore come Amazon. In pole position per l’incarico dovrebbe essere Unicredit.
L’approdo in borsa, esclusivamente sul listino di Milano (non è contemplato dual listing a New York) è previsto per l’autunno/inverno del 2018 o al più tardi per i primi mesi del 2019. Il cda ha confermato la volontà di portare sul listino un flottante del 30-33%. Inizialmente era prevista una offerta pubblica di sola vendita. Ma si sta facendo strada l’ipotesi che l’operazione possa trasformarsi in una opvs.
Resta da sciogliere il nodo della valutazione. Al momento sul tavolo dei soci e dei consiglieri sono arrivate proposte di banche d’affari che assegnano un enterprise value complessivo oscillante tra 1,8-1,9 miliardi e 3,5-3,6 miliardi (si veda altro articolo di BeBeez). Probabilmente però il valore di Eataly si collocherà nel range tra 2 e 2,5 miliardi. In ogni caso si tratta di una cifra enorme (per 3 miliardi si sta parlando di 100 volte l’ebitda), se si pensa che Eataly ha chiuso il 2016 con ricavi stabili sui livelli del 2015 poco sotto ai 400 milioni di euro e con una redditività in termini di ebitda che è stata sotto i 30 milioni del 2015, che già era stata ben inferiore ai 39 milioni dell’anno prima. Un calo derivante da costi una tantum e dai forti ritardi in alcune aperture. Quanto all’esercizio in corso, secondo le prime stime, dovrebbe chiudersi con un giro d’affari consolidato di mezzo miliardo e un margine operativo lordo oscillante tra 25 e 30 milioni.