
Torna in auge la soluzione F2i per risolvere il problema del futuro di ASPI (Autostrade per l’Italia), la società controllata di Atlantia finita nella bufera dopo il crollo del ponte Morandi a Genova. Come noto, infatti, Atlantia sarebbe pronta a ridurre la sua quota dell’88% in Autostrade per l’Italia se il governo decidesse di non revocare la concessione. Una decisione del governo italiano è attesa sul tema entro fine mese.
Secondo quanto riferito da Il Sole 24 Ore, Poste Vita sarebbe tra gli investitori pronti a mettere denaro nel fondo di nuova costituzione allo studio di F2i, al quale Atlantia potrebbe conferire il controllo di ASPI e al quale F2i trasferirebbe i suoi asset autostradali e aeroportuali, fermo restando il via libera degli investitori del Terzo Fondo che oggi ha in portafoglio quelle partecipazioni (si veda altro articolo di BeBeez). Un’ipotesi, questa, che però non sarebbe l’unica allo studio da parte di F2i, perché ora l’alternativa è che il nuovo fondo possa essere limitato alla gestione dell’unico asset ASPI, con Atlantia che semplicemente cederebbe l’asset, invece di diventare quotista del fondo.
In ogni caso Poste Vita starebbe studiando un investimento da almeno 300-400 milioni di euro nel nuovo fondo. Tra gli altri possibili investitori nel nuovo veicolo rientrerebbero alcune fondazioni bancarie e alcune casse di previdenza, come Cassa Forense (avvocati), Enpam (medici), Inarcassa (architetti) e Cassa Geometri. Successivamente, potrebbero entrare anche investitori esteri e Cdp. Ricordiamo che nel terzo fondo di F2i grandi sottoscrittori sono stati Gic, il fondo sovrano di Singapore, e Psp, il fondo pensione dei dipendenti pubblici e delle forze dell’ordine canadesi (si veda altro articolo di BeBeez).
Il progetto di F2i è parallelo ad altre iniziative. Per esempio a inizio aprile si era parlato di un presunto accordo in dirittura di arrivo con Allianz perché il braccio di private equity infrastrutturale del colosso assicurativo tedesco acquisisse il 51% del capitale di Autostrade per l’Italia. L’accordo era stato poi smentito, ma l’ipotesi era realistica, visto che Allianz già oggi è azionista di ASPI tramite la Appia Investments srl che dall’agosto 2017 possiede il 6,94% della società (Allianz Capital Partners è azionista di Appia al 74%, mentre EDF Invest possiede il 20% e DIF, attraverso i suoi fondi DIF Infrastructure IV e DIF Infrastructure V, il 6%, si veda qui il comunicato stampa di agosto 2017 e qui quello di aprile 2017). Mentre i cinesi di Silk Road Fund a loro volta hanno il 5% di ASPI dal 2017.
L’operazione del 2017 si era basata su una valutazione per il 100% del capitale di Autostrade per l’Italia pari a 14,8 miliardi di euro. F2i aveva già guardato il dossier ASPI nel 2017, quando alla fine erano appunto entrati Allianz e Silk Road. Inn quell’occasionne il dossier era stato guardato anche dall’australiana Macquarie Infrastructure, che infatti non a caso ora a sua volta sarebbe pronto a investire in ASPI. Infine anche il colosso Usa KKR sarebbe interessato alla partita. Un’altra ipotesi è quella del possibile coinvolgimento nella partita dell’ex amministratore delegato di ASPI nonché ex ceo di F2i sgr, Vito Gamberale (si veda altro articolo di BeBeez). Qusst’ultimo, infatti, è tornato a occuparsi di investimenti in infrastrutture, questa volta a capo di una nuova società di investimento che ha in rampa di lancio due fondi chiusi in partnership con Pramerica sgr.
Il bilancio 2019 di ASPI si è chiuso ricavi per 4,1 miliardi, un ebitda di 710 milioni (che riflette un accantonamento a fondo oneri da 1,5 miliardi di euro, correlato all’impegno previsto nelle negoziazioni in corso con il governo e con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti volto alla chiusura delle contestazioni avanzate per la vicenda del Ponte Morandi) e un debito finanziario netto di 8,4 miliardi.