
Preoccupa il mondo del private equity la mossa del governo di istituire due fondi per ricapitalizzare le imprese italiane, che potrebbero spiazzare il mercato. Ieri mattina ne ha parlato Anna Gervasoni, direttore generale di AIFI, l’Associazione del Private Equity, Venture Capital e Private Debt, in occasione del suo intervento all’ultima giornata di Milano Capitali, organizzata da MF Milano Finanza, tutta incentrata sul tema del private capital, di cui BeBeez è stato media partner (si veda qui la registrazione del video). Non solo. Gervasoni si è detta anche molto preoccupata dal fatto che il rafforzamento del golden power riguardi anche le società non quotate, con il rischio di congelare il mercato dell’m&a e quindi del private equity. In serata è poi arrivata anche una nota ufficiale di AIFI (si veda qui il comunicato stampa).
Sul primo fronte, come noto, il Decreto Rilancio ha varato nella serata del 13 maggio dal Consiglio dei ministri prevede da un lato, a sostegno delle imprese di medie e grandi dimensioni, con ricavi superiori ai 50 milioni di euro, un fondo battezzato “Patrimonio rilancio” che avrà una dotazione di oltre 50 miliardi di euro; e dall’altro, per le aziende più piccole, un Fondo Patrimonio Pmi, la cui gestione sarà affidata a Invitalia, che investirà in strumenti finanziari partecipativi (si veda altro articolo di BeBeez e qui l’ultima bozza del Decreto delle ore 17.30 del 13 maggio).
Riguardo l’intervento dello Stato nell’economia, AIFI ha detto che destano “preoccupazione gli annunciati interventi pubblici di ricapitalizzazione, attraverso il patrimonio destinato di Cdp, di cui non è ancora noto nel dettaglio il funzionamento, che potrebbero segnare il ritorno ad una logica interventistica dello Stato nel mercato. L’intervento pubblico in questa fase di emergenza è fondamentale per il rilancio purché si affianchi e potenzi quello privato. Non se lo sostituisce con il risultato di ridurre le risorse alle imprese. Sarà molto importante vedere come saranno declinate queste misure per evitare un effetto di spiazzamento del settore del private capital che finirebbe per penalizzare il sistema delle imprese necessitanti di capitale per la crescita”.
Il timore è in sostanza che un fondo di emanazione pubblica non investa secondo le logiche del mercato e quindi vada a rappresentare un concorrente sleale delle case di private equity, che a quel punto si ritroverebbero senza deal flow. Paradossalmente, invece, gli operatori sono sollevati dal fatto che non si sia più parlato di affiancare risorse private (per esempio di casse di previdenza, fondi pensione, banche, assicurazioni, fondazioni bancarie) a quelle pubbliche per fare massa sul fronte del finanziamento del fondo, come si ipotizzava qualche settimana fa (si veda altro articolo di BeBeez), perché altrimenti la concorrenza sarebbe stata fatta anche sul fronte della raccolta.
Sul tema, sempre in occasione di Milano Capitali, è intervenuto anche Gianni Tamburi, fondatore di Tamburi Investment Partners, che ha messo in guardia sulle modalità con cui lo Stato interverrà nelle imprese (si veda qui la registrazione del video). Una distinzione importante che potrebbe fare la differenza. Per i tempi e i modi bisognerà aspettare i decreti attuativi. La bozza di decreto prevede infatti che i requisiti di accesso, le condizioni, criteri e modalità degli interventi siano definiti con un successivo DPCM, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico.
Nella realtà quello che sarebbe stato interessante era piuttosto un coinvolgimento del settore del private equity professionale nella gestione di questa massa di denaro, ma di questa ipotesi non si è mai parlato.

Peraltro l’esempio di collaborazione pubblico-privato si è già visto che può funzionare. Ne ha parlato ieri nel suo intervento a Milano Capitali Andrea Montanino, presidente di Fondo Italiano d’Investimento sgr (si veda qui la registrazione del video), che aveva contribuito a far nascere 10 anni fa quando era dirigente del Dipartimento del Tesoro del Ministero dell’Economia e delle Finanze (si veda qui altro articolo di BeBeez sul pensiero di Montanino in tema di private Equity e intervento pubblico).
Montanino ha ricordato che “in 10 anni FII ha effettuato 40 investimenti diretti e 41 indiretti in fondi che hanno investito a loro volta in 500 imprese” e che “l’operazione funzionò grazie alla stretta collaborazione tra istituzioni (Cdp, Mef, Abi, Confindustria e grandi banche italiane) e FII sgr”, che contribuì ad allargare il mercato, appunto supportando i team di private equity, venture cpaital e private debt nella loro raccolta, e a capitalizzare le imprese tramite investimenti diretti. Montanino infine ha auspicato ora una Fase 2 anche per il mercato del private capital italiano. “Ci vuole un aumento delle dimensioni dei fondi italiani, perché le imprese italiane devono a loro volta diventare più grandi”, per questo “FII continuerà a investire in fondi italiani, ma anche a investire direttamente nelle imprese, anche in coinvestimento con gli stessi fondi nei quali andremo a investire, così da scalare davvero di dimensione”.
Quanto al potenziamento del golden power, introdotto in via temporanea dal Decreto Liquidità (si veda altro articolo di BeBeez), questo al momento non è ancora operativo perché manca il decreto attuativo della misura, ma nel momento in cui questa norma entrerà in vigore, il mercato dell’m&a nel suo complesso è destinato a rallentare sino a bloccarsi, perché la misura riguarda tutte le operazioni su qualunque tipo di società, siano queste quotate o non quotate, di grandi o piccolissime dimensioni. Su ciascuna operazione il governo avrebbe diritto di veto. La norma è stata introdotta con un intento nobile, cioé quello di evitare che investitori internazionali approfittassero delle bassissime valutazioni di Borsa per comprarsi gioielli italiani a supersconto, ma poi appunto è stata formulata in senso molto più ampio di quanto il mercato si sarebbe aspettato.
Nella sua nota AIFI precisa che “il rafforzamento della disciplina del golden power prevista nel recente DL liquidità che assegna nuovi poteri di verifica da parte del soggetto pubblico sulle acquisizioni, ampliando i settori di intervento” rischia “di bloccare, con la farraginosità delle procedure, il mercato dell’m&a e del private equity. Su questo si auspica che le misure siano rigorosamente temporanee e che siano esentate da tale procedura le pmi non quotate, al momento non è così, come in Francia e in altri paesi europei“.
Su altri fronti AIFI ha invece espresso soddisfazione per i molti punti che il Decreto Rilancio ha recepito delle indicazioni che l’Associazione aveva mandato al Governo per favorire il rilancio delle imprese attraverso i fondi di investimento. In particolare, “sono stati recepiti dal Decreto alcuni interventi per incentivare il mercato del venture capital, quali il rafforzamento del fondo per il sostegno al venture capital e degli incentivi fiscali per gli investitori in fondi di venture capital”. Istanze che erano state portate all’attenzione del governo anche da altri soggetti coinvolti nel mondo delle startup (si veda qui altro articolo di BeBeez sulle proposte di ItaliaStartup e qui quello sulle proposte di VCHub), che inizialmente era stato proprio dimenticato dal governo nel tracciare le misure di supporto all’economia contro la crisi da lockdown.
E poi, ha sottolineato ancora AIFI, “di interesse per il settore del private capital, più in generale, sono senz’altro altro i nuovi PIR. Come richiesto dall’Associazione, diventano un più ampio schema di investimento agevolato fiscalmente che si applica anche a Eltif e FIA, Fondi di investimento alternativi, consentendo agli investitori privati di sottoscrivere fondi che vadano a finanziare l’economia reale (si veda altro articolo di BeBeez, ndr). Anche la scelta di favorire la ricapitalizzazione delle pmi (quelle sotto i 50 milioni di euro di fatturato) attraverso crediti d’imposta pari a una percentuale dell’aumento di capitale, va nella direzione giusta”.
Altri temi caldi sono rimasti sul tavolo, ha ricordato ancora Anna Gervasoni, nel suo intervento a Milano Capitali, ripercorrendo le richieste che aveva sottoposto al governo a fine marzo (si veda altro articolo di BeBeez) e che aveva anticipato a BeBeez (si veda altro articolo di BeBeez). In particolare, non è stata accolta la richiesta di abbassare la soglia di accesso per gli investitori privati ai fondi chiusi riservati da 500 mila euro a 150 mila.