Ha fatto un nuovo balzo la cosiddetta dry powder dei fondi di private capital nel mondo, cioé la potenza di fuoco accumulata a seguito delle rispettive raccolte fondi (tra private equity, venture capital, private debt, infrastrutture e real estate) e non ancora investita.
La cifra ha raggiunto infatti quota 3.600 miliardi di dollari a fine giugno 2022, da poco più di 3.400 miliardi di dollari a fine 2021 (si veda altro articolo di BeBeez), quando già era cresciuta di 100 miliardi dai 3.300 miliardi di fine giugno 2021 (si veda altro articolo di BeBeez) e dai 3.100 miliardi di dollari a fine 2020 (dato rivisto rispetto alla stima iniziale di 2.900 miliardi, si veda altro articolo di BeBeez).
Il nuovo dato (fonte Preqin) è contenuto nell’ultimo report sul private equity di Bain&Company (si vedano qui il comunicato stampa e qui l’intero report), dal quale emerge anche che il valore delle operazioni di buyout dei fondi di private equity a livello globale si è attestato a 512 miliardi di dollari (fonte Dealogic), ponendo le basi affinchè il 2022 si classifichi come l’anno di maggiori investimenti di private equity di sempre, dopo il record del 2021 di poco meno di 1200 miliardi.
Tuttavia, mentre entriamo nella seconda metà dell’anno, l’attività sta rallentando sia sul fronte della raccolta sia sul fronte degli investimenti. In tema di raccolta, infatti, i fondi di buyout hanno portato a casa soltanto 138 miliardi di dollari nei sei mesi del 2022 rispetto ai 284 miliardi del primo semestre 2021 (fonte Preqin), mentre la pipeline delle operazioni in molti settori si sta assottigliando, in particolare nel tech, e il debito sta diventando più costoso, perché le banche, di fronte alle perdite sui prestiti concessi prima del rallentamento, le banche si pongono molte più domande sull’esposizione di un’azienda all’inflazione e all’aumento dei tassi, rendendo più difficile chiudere le transazioni, sottolinea Bain&Co.
Contemporaneamente anche i multipli di valutazione si stanno riducendo e la chiusura dei deal sta diventando più difficile proprio a causa di differenti visioni sui prezzi da parte di acquirenti e venditori. Non a caso il valore globale delle ipo, quelle sostenute dai buyout e le altre, si è attestato a 91 miliardi di dollari, in calo del 73% rispetto alla prima metà del 2021. Bain & Company prevede che, considerate le attuali turbolenze economiche, il rallentamento si estenderà probabilmente alle exit in tutti i settori.
I dati messi in luce dal report mostrano che negli ultimi due decenni il settore si è affidato in modo sproporzionato all’espansione dei multipli di valutazione per sostenere i rendimenti. Questo approccio, tuttavia, non funziona in un periodo di inflazione. Dalla capacità di creazione di valore concreto dei player e da una chiara comprensione di come gestire efficacemente il settore in un periodo di aumento dei prezzi dipenderanno quindi le performance del settore.
In ogni caso, “nonostante i crescenti rischi di recessione, e sebbene il settore stia rallentando la sua corsa di fronte all’inflazione, l’industria continua a essere ben posizionata per superare la tempesta ed emergere ancor più forte, anche grazie ai 3.600 miliardi di dollari di liquidità su cui può contare. Senza considerare che, come la storia ci insegna, le operazioni concluse dopo una recessione sono tra le più performanti, offrendo ottimi rendimenti agli investitori”, ha commentato Roberto Fiorello, responsabile italiano della practice Private Equity di Bain & Company, che ha aggiunto: “I fondi di private equity dovranno gestire l’attività in modo proattivo per anticipare i cambiamenti. Questo sarà fondamentale per superare questo periodo di turbolenza e trarre il massimo vantaggio dalla ripresa che verrà”.
L’analisi individua quindi una serie di conseguenze legate a questi trend: la durata degli investimenti dei fondi è destinata ad allungarsi, mentre gli investitori, in cerca di modi alternativi per guadagnare, potrebbero far crescere il mercato secondario.
Nonostante queste sfide, l’ampia liquidità disponibile – che ha continuato a crescere nella prima metà del 2022, toccando il livello record di 3.600 miliardi di dollari – offre al settore buone opportunità per affrontare il contesto attuale. “Il private equity ha dimostrato di essere resiliente di fronte alle crisi economiche. Si tratta di un’attività ciclica e ci aspettiamo di dover affrontare alcune sfide a breve termine. Tuttavia, nel lungo periodo, siamo convinti che il Private Equity possa continuare a crescere, rimanendo l’asset class più performante in tutte le condizioni di mercato”, conclude Fiorello.