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Home Dati e analisi

Banca d’Italia pubblica le attese Disposizioni in tema di social lending

bebeezbybebeez
11 Novembre 2016
in Dati e analisi, Dati in Italia, Private Debt
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socialL’attività di Peer-to-Peer lending (o P-2P lending) è da ieri pienamente riconosciuta in Italia. Banca d’Italia ha infatti pubblicato le attese  nuove Disposizioni in materia di raccolta del risparmio da parte dei soggetti diversi dalle banche, che comprendono una sezione (la IX) completamente dedicata al social lending e quindi alle piattaforme web che intermediano denaro erogato da investitori privati e istituzionali a prenditori privati o a imprese. Lo scrive oggi MF Milano Finanza, precisando che la nuova normativa entrerà in vigore il 1° gennaio 2017.
Il testo definitivo è sostanzialmente in linea con quello licenziato alla fine dello scorso gennaio al termine della consultazione con gli addetti ai lavori (si veda altro articolo di BeBeez e il Report di BeBeez sul fintech).
Banca d’Italia definisce il social lending (o lending based crowdfunding) come “uno strumento attraverso il quale una pluralità di soggetti può richiedere a una pluralità di potenziali finanziatori, tramite piattaforme on-line, fondi rimborsabili per uso personale o per finanziare un progetto” e chiarisce comunque  che “l’operatività dei gestori dei portali on-line che svolgono attività di social lending (di seguito, ‘gestori’) e di coloro che prestano o raccolgono fondi tramite i suddetti portali (di seguito, rispettivamente, ‘finanziatori’ e ‘prenditori’) è consentita nel rispetto delle norme che regolano le attività riservate dalla legge a particolari categorie di soggetti (ad esempio, attività bancaria, raccolta del risparmio presso il pubblico, concessione di credito nei confronti del pubblico, mediazione creditizia, prestazione dei servizi di pagamento)”.

Nel Resoconto della consultazione, Banca d’Italia fa comunque capire che questo è solo il primo tassello di una norma normativa ancora tutta in divenire. Si legge infatti che “si rammenta che la sezione relativa al social lending ha carattere ricognitivo; essa è stata introdotta per fornire chiarimenti agli operatori in merito alle condizioni e ai limiti il cui rispetto è necessario perché il social lending non costituisca violazione della disciplina in materia di raccolta del risparmio tra il pubblico. Le disposizioni non riguardano, quindi, le condizioni che è necessario rispettare per non violare altre riserve che pure vengono all’attenzione nel social lending (es. attività di finanziamento, attività bancaria, etc.). Si ribadisce che l’elenco delle attività riservate che possono rilevare nel social lending è solo esemplificativo”.

Detto questo, l’Autorità di vigilanza sottolinea che, “per quanto riguarda i gestori, non costituisce raccolta di risparmio tra il pubblico:

  • la ricezione di fondi da inserire in conti di pagamento utilizzati esclusivamente per la prestazione dei servizi di pagamento dai gestori medesimi, se autorizzati a operare come istituti di pagamento, istituti di moneta elettronica o intermediari finanziari di cui all’art. 106 del TUB (…);
  • la ricezione di fondi connessa all’emissione di moneta elettronica effettuata dai gestori a tal fine autorizzati”.

Mentre, per quanto riguarda  i prenditori, Bankitalia precisa che non costituisce raccolta di risparmio tra il pubblico:

  • l’acquisizione di fondi effettuata sulla base di trattative personalizzate con i singoli finanziatori. Al riguardo, avute presenti le modalità operative tipiche delle piattaforme di social lending, le trattative possono essere considerate personalizzate allorché i prenditori e i finanziatori sono in grado di incidere con la propria volontà sulla determinazione delle clausole del contratto tra loro stipulato e il gestore del portale si limita a svolgere un’attività di supporto allo svolgimento delle trattative precedenti alla formazione del contratto;
  • l’acquisizione di fondi presso soggetti sottoposti a vigilanza prudenziale, operanti nei settori bancario, finanziario, mobiliare, assicurativo e previdenziale.

E il testo delle disposizioni precisa che “tale condizione si considera rispettata, ad esempio, allorché il gestore predisponga un regolamento contrattuale standard che costituisce solo una base di partenza delle trattative, che devono essere in ogni caso svolte autonomamente dai contraenti, eventualmente avvalendosi di strumenti informatici forniti dal gestore”.

C’è poi la questione del “limite massimo, di contenuto importo, all’acquisizione di fondi tramite portale on line di social lending da parte dei prenditori“. Già nel Documento per consultazione l’Autorità di vigilanza aveva precisato che, considerato che l’attività di social lending è per propria natura suscettibile di coinvolgere un numero indeterminato di risparmiatori, era da ritenersi “coerente con la ratio sottesa alla disciplina della raccolta del risparmio da parte di soggetti diversi dalle banche, la fissazione di un limite massimo, di importo contenuto, ai fondi che ciascun prenditore può acquisire tramite il portale di social lending”.  Quel limite massimo, però, non è stato esplicitato nelle disposizioni definitive pubblicate ieri, sebbene in corso di consultazione vari addetti ai lavori l’avessero chiesto.

Così  Bankitalia scrive soltanto che “la definizione di un limite massimo, di contenuto importo, all’acquisizione di fondi tramite portale on line di social lending da parte dei prenditori è coerente con la ratio sottesa alle presenti Disposizioni, volta a impedire ai soggetti non bancari di raccogliere fondi per ammontare rilevante presso un numero indeterminato di risparmiatori”.

Il chiarimento su questo punto da parte di Banca d’Italia, contenuto nel Resoconto della consultazione, è stato il seguente: “Quanto alle richieste di definire, nelle disposizioni, un limite massimo all’acquisizione di fondi, la Banca d’Italia non ha, in base all’attuale quadro normativo, il potere di disciplinare questo aspetto. Spetterà quindi al gestore della piattaforma definirlo, in modo che la raccolta sia nel complesso limitata“.

Per contro, “restano ferme le possibilità di raccolta senza limiti da parte di banche che esercitano attività di social lending attraverso portali on-line”.

Quest’ultima precisazione, insieme alla precedente,  è molto importante, perché “apre in maniera formale la possibilità agli istituzionali di accedere direttamente al social lending, così come stanno facendo in tutta Europa”, ha commentato a caldo a MF Milano Finanza Antonio Lafiosca, cofondatore di Borsa del Credito, unica piattaforma italiana di P2P lending dedicata alle imprese, che a proposito del limite massimo per gli altri soggetti coinvolti, invece, precisa che per prassi su tutte le piattaforme “chi presta attualmente come persona fisica o giuridica non può superare la soglia di 50 mila euro”.

Lafiosca ha poi aggiunto: “L’approvazione della legge sul social lending è un primo importante passo ma c’è ancora molto da fare. Per esempio esiste ancora una ingiustificata disparità di trattamento fiscale per chi investe in questo strumento, tassato ad aliquota marginale tra il 23 e il 43%. Inoltre, non esistono sgravi fiscali interessanti”.

Le ultime disposizioni previste in tema di Piani individuali di risparmio (Pir), dall’art. 19 comma 13 del Ddl di Stabilità, introducono infatti vantaggi fiscali che non sembrerebbero toccare il mondo del social lending.

I vantaggi sono infatti riservati a uei Pir che investano in “strumenti finanziari anche non quotati sui mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione” emessi dalle società residenti in territorio italiano o in stati membri della Ue o in stati aderenti all’accordo sullo spazio economico europeo, che abbiano però una stabile organizzazione nel territorio italiano.

ddlco13-art19

E il comma 14 dello stesso art. 19 precisa che tutto questo vale anche per i fondi che investano nei medesimi strumenti.

pir

Il problema, però, è che sulle piattaforme di direct lending non sono trattati strumenti finanziari, ma prestiti. Si fa cioé direct lending. Per questo l’investimento su questo tipo di strumenti, per poter godere del vantaggio fiscale previsto, dovrebbe essere condotto tramite cartolarizzazione di quei crediti e quindi da un fondo che investa nei titoli derivanti dalla cartolarizzazione. Ma, fa presente Lafiosca, “a oggi non esiste neanche un fondo di direct lending in Italia, né quantomeno uno che investa in piattaforme di direct lending”.

O meglio, dei progetti ci sono, ma i tempi per arrivare a un’operatività si stanno rivelando lunghi. Proprio per investire in prestiti intermediati da Borsa del Credito così come in fatture intermediate dalla piattaforma Worlinvoice, l’sgr italiana Advam Partners sta raccogliendo due fondi di direct lending dedicati.

Su questo fronte si è anche attrezzata Credimi, la piattaforma che acquista fatture online con un approccio di credito di filiera. Lo scorso ottobre il cofondatore Ignazio Rocco di Torrepadula aveva spiegato a MF Milano Finanza: “Per il momento i finanziamenti sono stati erogati attingendo solo al capitale di Credimi. L’idea è chiamare sino a mezzo milione e poi iniziare a cartolarizzare e a collocare i titoli agli investitori. Abbiamo già affidato la gestione del veicolo di cartolarizzazione a Finint e abbiamo chiuso accordi con quattro investitori istituzionali, di cui tre italiani e uno estero, tra i quali fondi sia chiusi sia aperti. Questi investitori, dopo un’accurata due diligence, ci hanno già assicurato che compreranno tutti i crediti che la piattaforma sarà in grado di cartolarizzare in un anno”. A regime, ha aggiunto Rocco, “Credimi investirà per il 5% del valore di ogni operazione e cartolarizzerà il resto. Inoltre a fine anno apriremo l’operatività della piattaforma a tutte le aziende e non solo ai fornitori delle aziende più grandi con le quali abbiamo stretto degli accordi”.

Con un partner istituzionale in grado di acquistare i crediti da subito c’è anche CrowdCity, altra piattaforma di intermediazione di fatture online. Sempre lo scorso ottobre il ceo Simone D’Angelo aveva spiegato a MF Milano Finanza che  “ci sono già 2,5 milioni di euro di capitali pronti a essere investiti entro fine anno. I capitali sono di un SIF lussemburghese”, che comunque non resterà l’unico investitore istituzionale a lavorare sulla piattaforma. Ci sono infatti già contatti con fondi inglesi e tedeschi specializzati.

Tags: Banca d'ItaliaP2P lendingpeer-to-peerprivate debtsocial lending

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