Il nuovo Codice sulla crisi d’impresa, da una parte, e i maggiori obblighi di controllo da parte delle banche dettati da principi dell’AQR (Asset Quality Review) dall’altra, seppur ispirati a un maggior controllo e dalla volontà di fare emergere preventivamente lo stato di crisi aziendale, rischiano di produrre una ulteriore stretta creditizia.
Lo dimostra il risultato di una serie di simulazioni condotte da Leanus per BeBeez sull’impatto sull’economia reale di quanto previsto dalle norme. I risultati delle simulazioni saranno presentate via via nelle prossime settimane circoscrivendo l’analisi alle singole regioni. Questa settimana ci concentriamo sulla Campania (qui invece la precedente analisi sul Piemonte).
A giudicare dalle evidenze emerse dall’analisi che Leanus ha effettuato su un campione di 3.303 piccole imprese campane (ricavi compresi tra 2 e 10 milioni di euro), solo 44 imprese non farebbero scattare neanche un segnale di allerta o trigger AQR, obbligandola direttamente o attraverso i propri professionisti a giustificarne le ragioni e a dare sufficienti garanzie sul futuro aziendale. La norma, contrariamente al passato, prevede infatti che gli obblighi coinvolgano anche organi in precedenza esclusi da ogni coinvolgimento preventivo.
Dal punto di visto teorico nulla da eccepire se non fosse che le evidenze empiriche delle analisi Leanus di seguito riportate non mostrassero alcuni effetti sul sistema reale altamente rischiosi; infatti le imprese intercettate da almeno un segnale di allarme potrebbero raggiungere addirittura il 90%: infatti, si registrerà un effetto combinato dei diversi sistemi di allerta che, utilizzando logiche differenti, andranno ad intercettare imprese differenti (le imprese intercettare dai sistemi di allerta potranno quindi essere diverse da quelle segnalate dai Trigger AQR e/o dall’INPS, solo per fare alcuni esempi).
In questo caso l’analisi di back testing effettuata sui bilanci di uno o due anni prima delle imprese campane effettivamente andate in default nel 2018, mostra che il 100% sarebbero state intercettate da almeno un segnale di allerta applicato ai bilanci 2016. Questo a differenza di quanto emerso invece dall’analisi di back testing effettuata sui bilanci di uno o due anni prima di tutte le imprese italiane effettivamente andate in default nel 2018, che mostrava che nel 17% dei casi quegli stessi indicatori non avrebbero consentito di anticipare, in via preventiva, lo stato di crisi (si veda altro articolo di BeBeez).
Data la portata dell’impatto sul sistema delle imprese italiane è quindi lecito pensare che non solo sarà più difficile accedere al credito, ma che sarà persino più complesso mantenere un sano rapporto con il sistema bancario e con gli altri interlocutori (Istituti di previdenza, Inps, sindaci, etc).
Le imprese che vorranno continuare a operare nel sistema Italia dovranno allora migliorare i propri conti e per farlo non basterà (e comunque non sarà più possibile) qualche alchimia contabile. Ecco allora che le imprese che avranno bisogno di nuovi capitali dovranno ricorrere a forme di finanziamento alternative e a incrementare le dotazioni patrimoniali.
Private equity, private debt e alternative financing potranno quindi trovare maggiore disponibilità e interesse da parte di imprese con chiari ed evidenti piani di crescita, ma che potranno scegliere una sana alternativa al debito tradizionale purchè questa abbia caratteristiche di rapidità e semplicità che il sistema bancario non sarà più in grado di garantire.
Nella tabella in pagina i dati aggregati di un campione di imprese campane che oggi potrebbero NON essere intercettate da uno o più sistemi di allerta. L’elenco completo dell’analisi sui 3000 imprese campane e i relativi sottogruppo è disponibile su Leanus per gli utenti Premium.
Sul tema dei sistemi di allerta, Leanus in collaborazione con BeBeez
ha tenuto giovedì 31 gennaio a Milano un workshop gratuito,
che verrà riproposto sottoforma di webinar il prossimo 20 febbraio.
Per informazioni e iscrizioni clicca qui.