“Lo sviluppo del mercato obbligazionario potrebbe beneficiare di una maggiore presenza di investitori specializzati (come fondi di credito o fondi che rispettano la normativa sui piani individuali di risparmio), in grado di favorire l’avvicinamento al mercato di pmi che non hanno livelli di trasparenza e solidità finanziaria tali da poter accedere ai mercati internazionali”. Lo scrive Banca d’Italia nella sua Relazione annuale sul 2017 presentata ieri a Roma.
Certo, sottolinea l’Autorità di vigilanza, nel 2017 l’accesso delle imprese ai mercati dei capitali è fortemente aumentato: oltre 220 società e gruppi italiani hanno emesso obbligazioni per più di 46 miliardi, valori superiori a quelli osservati prima della crisi (circa 190 emittenti e 18 miliardi in media nel periodo 2005-07). Sono aumentate anche le società che hanno collocato minibond per la prima volta (oltre 30); tra queste circa la metà è costituita da piccole e medie imprese. E il ricorso al finanziamento obbligazionario da parte delle imprese italiane è cresciuto notevolmente durante la crisi: dal 2008 al 2017 la quota delle obbligazioni sui debiti finanziari è passata dal 5 al 13%, un valore in linea con quello medio dell’area dell’euro.
Tuttavia, l’utilizzo di questo canale di finanziamento rimane comunque limitato rispetto a quanto si osserva nei paesi con un mercato dei capitali più sviluppato, come la Francia, il Regno Unito o gli Stati Uniti. Le contenute dimensioni del mercato obbligazionario nel nostro paese dipendono soprattutto dalla leva finanziaria mediamente elevata e dal numero relativamente basso di società quotate e di grande dimensione, caratteristiche che tendono a scoraggiare la sottoscrizione dei titoli da parte degli investitori.
Vi sono fattori di freno allo sviluppo del mercato anche dal lato dell’offerta di fondi. I risultati di un’analisi condotta su un ampio campione di emissioni indicano che le grandi società collocano oltre il 70% dei titoli presso investitori esteri; per le piccole e medie imprese, che hanno maggiori difficoltà ad accedere ai mercati esteri, la quota è più bassa di circa 30 punti percentuali.
Negli ultimi anni l’interesse degli investitori istituzionali per i titoli obbligazionari di pmi italiane è aumentato. Tra il 2013 e la metà del 2017 le quote detenute da investitori istituzionali esteri e italiani sono cresciute, rispettivamente, dall’8 al 41% e dal 18 al 25%, mentre la quota delle famiglie si è ridotta dal 58 al 19%. In Italia il ruolo degli investitori istituzionali nazionali tra i sottoscrittori di obbligazioni rimane tuttavia molto più contenuto di quello osservato nelle economie con un peso elevato della finanza di mercato. Gli investitori istituzionali italiani sono inoltre meno orientati di quelli esteri ad acquistare titoli emessi da società più rischiose, a parità di altre caratteristiche degli emittenti.