Delle 104 mila società di capitale (escluse immobiliari e finanziarie) obbligate a dotarsi di organi di controllo, cioè sindaci, revisori dei conti o collegi sindacali, circa 3.800 (il 3,7%) potrebbero essere segnalate agli Ocri (Organismi di composizione delle crisi d’impresa) nel 2020 per aver superato gli indici di allerta relativi al patrimonio netto o ai cinque indicatori settoriali individuati dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) (si veda qui il comunicato stampagli abbonati a BeBeez News Premium possono leggere qui l’Insight View che approfondisce i tema degli indici proposti, scopri qui come abbonarti a soli 20 euro al mese). Lo rileva uno studio condotto dal CNDCEC, insieme al partner scientifico Cerved. L’analisi ha considerato le 104.570 società che, stando ai bilanci 2017 o 2018 presenti nel database Cerved, hanno l’obbligo di nomina dell’organo di controllo: le spa e le srl che per due anni consecutivi hanno superato i 4 milioni di attivo, oppure i 4 milioni di ricavi, oppure i 20 dipendenti.
Se si considerano invece tutte le società di capitale, le imprese da segnalare salirebbero a 59 mila. Concretamente, molte di esse non saranno segnalate: il 25-30% di esse hanno infatti avviato una procedura concorsuale, una liquidazione o che hanno già cessato l’attività; altre saranno probabilmente ricapitalizzate prima.
Resta il problema degli organi di controllo per la rilevazione tempestiva della crisi: delle 67 mila obbligate ad averli, solo il 27,6% oggi è in regola, con una netta differenza tra Nord e Sud d’Italia: si va dal 34,8% dell’Emilia Romagna, o il 34,7% del Friuli, al 16,4% della Campania e al 14,6% della Puglia. La presenza dell’organo di controllo è influenzata anche dalle dimensioni delle aziende: maggiore è la dimensione, più sarà probabile trovare al loro interno l’organo di controllo.
Il nuovo Codice della crisi d’impresa (Decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14) è stato varato dal Governo nel dicembre 2018 e riforma la legge fallimentare sulla base della proposta della Commissione Rordorf. Come noto, la riforma ha tra le principali finalità quella di consentire una diagnosi precoce dello stato di difficoltà delle imprese. La maggior parte delle norme entrerà in vigore a partire dal 15 agosto 2020, ma alcuni articoli sono entrati in vigore il 16 marzo 2019, ossia a un mese dalla pubblicazione: artt. 27, comma 1, 350, 356, 357, 359, 363, 364, 366, 375, 377, 378, 379, 385, 386, 387 e 388.
Il codice ha introdotto sistemi di allerta in grado di cogliere i segnali anticipatori della crisi al fine di affidare tempestivamente l’impresa alle cure di esperti. In particolare, la normativa prevede che vengano monitorati appositi indici che diano evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e delle prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso (si veda altro articolo di BeBeez).
Sulla capacità di questi indici di anticipare una crisi, si vedano qui i risultati di un’analisi condotta da Leanus su 220 mila aziende non finanziarie.