Il Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) ha pubblicato nei giorni scorsi la Relazione sulla tutela degli asset strategici nazionali nei settori bancario e assicurativo, che segue i ciclo di audizioni sul sistema bancario e assicurativo condotto dal Comitato nei mesi scorsi e alle quali hanno partecipato, tra gl altri, Banca D’Italia, Ivass, Cassa Depositi e Prestitie le principali banche e compagnie assicurative italiane.
Il tutto allo scopo di concentrarsi “sui complessi equilibri geopolitici che si stanno delineando in una fase di crisi oggettiva dei processi di globalizzazione, influenzata anche della crisi pandemica Covid-19, che dovrebbero imporre a Governo e istituzioni un innalzamento dei livelli di attenzione e verifica sulle ingerenze di soggetti esteri nei riguardi di comparti e imprese nazionali, laddove esse siano dettate non da motivazioni strettamente economiche ma anche (o solo) da strategie di politica industriale, in molti casi riconducibili, più o meno indirettamente, a Stati sovrani”. E questo di pari passo con l’introduzione delle nuove norme sul golden power contenute del Decreto Liquidità (si veda qui altro articolo di BeBeez), che nel frattempo lo scorso 27 maggio è stato approvato dallaCamera con una serie di modifiche (si veda qui il testo approvato dalla Camera).
In particolare ricordiamo che la normativa, fino al 31 dicembre 2020, ha previsto che gli obblighi di segnalazione “si applichino anche ai soggetti intra-Ue che assumano il controllo della società operanti nei settori strategici di interesse nazionale. Inoltre in caso di acquisto da parte di un soggetto extra-Ue non è più richiesta l’acquisizione del controllo ma è sufficiente il superamento di una soglia minima del 10 per cento del capitale sociale o dei diritti di voto purché il valore complessivo dell’investimento sia pari o superiore a un milione di euro”. Tra i punti di attenzione si segnalano i seguenti.
- Necessità di fare scudo contro il rischio di influenza estera, soprattutto francese… “A fronte del rischio di un oggettivo depauperamento nel tessuto economico italiano, soprattutto a seguito della pandemia, occorre ad avviso del Comitato mettere in campo strumenti di tutela del sistema che possono essere diretti, cioè previsti proprio a questo scopo dalla normativa vigente, come il golden power, ovvero indiretti, che si concretizzano in un maggiore controllo esercitato a livello diffuso, attraverso un attento monitoraggio, riferito anche agli aspetti che riguardano la governance degli assetti strategici del Paese. In tale prospettiva, ad esempio, assume valore l’azione svolta attraverso il cosiddetto soft power, che si declina anche attraverso un’adeguata ed incisiva presenza nelle istituzioni europee – sia apicali sia intermedie – che sempre più divengono i luoghi decisionali, con ricadute dirette sul contesto nazionale. Il ciclo di audizioni, infatti, ha consentito di appurare da un lato l’importanza rilevante dell’impatto sulla vita reale dei cittadini delle decisioni che vengono assunte in tali sedi, e dall’altro l’esistenza di una strategia di azione e di alleanze all’interno del contesto europeo, dalle quali l’Italia non può essere esclusa né chiamarsi fuori. Anche i processi di governance costituiscono una parte essenziale della sicurezza degli asset strategici del Paese, e in questo senso occorre contemperare le logiche di mercato con gli interessi nazionali, che possono essere meglio garantiti mediante la presenza di figure dirigenziali italiane ai vertici delle società più rilevanti. Destano a questo riguardo preoccupazione alcune operazioni di mercato che, anche attraverso nomine nei consigli di amministrazione, o comunque ai vertici di rilevanti istituti di credito, rischiano di favorire processi che non garantiscono il perseguimento degli interessi economici nazionali e possono quindi ledere la sicurezza del Paese, in termini di indipendenza e autonomia(…) Sulla base di quanto sopra esposto, sarebbe opportuno potenziare l’azione di monitoraggio permanente circa le attività finalizzate all’acquisto del controllo di società creditizie e assicurative italiane da parte di soggetti esteri“.
In particolare, scrive ancora il Comitato, si “registra una crescente e pianificata presenza di operatori economici e finanziari di origine francese nel nostro tessuto economico, bancario, assicurativo e finanziario, nonché forti interrelazioni tra soggetti industriali ed economico-finanziari italiani e gli anzidetti operatori, e non può non far rilevare una possibile preoccupazione in merito alla circostanza che tale aspetto, in via ipotetica, possa anche determinare strategie, azioni e atteggiamenti non sempre in linea con le esigenze economiche nazionali. In questo quadro, desta preoccupazione la strategia di UniCredit, che, mediante possibili operazioni di fusione con soggetti esteri (tra i quali Commerzbank, ovvero le francesi Crédit Agricole e Société Générale), sembrerebbe voler costituire una sub-holding, in cui confluirebbero anche le risorse acquisite tramite la raccolta di risparmio in Italia. Non va inoltre sottovalutata l’operazione che riguarda MPS, in relazione alla quale è stato recentemente emanato il decreto del Presidente del Consiglio per la cessione dei crediti deteriorati, che prelude ad una cessione delle quote detenute dal Ministero dell’economia, e a una vendita dell’istituto a soggetti privati (si veda altro articolo di BeBeez, ndr). Tra i possibili acquirenti, figura proprio UniCredit, la cui policy, come si è detto, desta perplessità sotto il profilo del perseguimento degli interessi nazionali”. - … altrimenti si rischia di perdere la sfida del fintech. Il Comitato sottolinea che “da un lato, la digitalizzazione e il ricorso a tecniche quali l’intelligenza artificiale e l’uso dei big data consentono agli intermediari di ridurre i costi e di migliorare la qualità dei servizi offerti, salvaguardando la riservatezza dei dati personali dei clienti. Al tempo stesso, la tecnologia abbatte le tradizionali barriere all’ingresso nei mercati del credito e dei servizi finanziari: le imprese fintech offrono già oggi servizi a costi contenuti grazie all’intenso utilizzo di tecnologia.(…) Le banche dovranno realizzare ingenti investimenti in tecnologia per competere tra di loro, e con i nuovi intermediari che stanno emergendo. La loro sopravvivenza sarà legata a questo (…) E per questo saranno fondamentali gli investimenti in capitale tecnologico e umano. È facile immaginare, quindi, quali possano essere le conseguenze di una eventuale delocalizzazione extranazionale di players attuali del settore bancario o assicurativo, dentro tale cornice”.
- Interventi a livello nazionale per correggere l’impatto delle regole Ue sui crediti deteriorati. Il Comitato sottolinea che “la situazione emergenziale provocata dal Covid-19 rischia di produrre effetti esiziali sul sistema finanziario e creditizio del Paese, in quanto diverse ricadute negative si ripercuoteranno sulle esposizioni creditizie, quali: difficoltà degli istituti bancari a concedere crediti alle imprese, soprattutto alle pmi, che costituiscono l’ossatura del nostro sistema economico, diversamente da quanto avviene in altri Paesi, dove si riscontra una maggiore presenza di aziende di grandi dimensioni; aumento dei crediti incagliati (passaggio da crediti in bonis a crediti incagliati, i cosiddetti unlikely to pay – UTP); passaggio di crediti incagliati a crediti in sofferenza (da crediti UTP a crediti non-performing loans- NPL); diminuzione del valore degli NPL, le cui probabilità di recupero diminuiranno con conseguente difficoltà a collocarli sul mercato; possibile effetto domino sui titoli finanziari composti da panieri di crediti da cartolarizzazione, i cui margini di rendimento erano basati su calcoli che non includevano rischi di portata eccezionale come la pandemia da Covid-19”.
Per questo motivo, occorre un ripensamento delle regole europee e soprattutto del calendar provisioning, “nel senso non solo di una ulteriore moratoria sui crediti, ma di una valutazione sistemica e quindi non dettata dall’emergenza. In una crisi generale come quella attuale, il mantenimento di questi standard molto rigidi appare infatti quanto meno incongruo (…) Il Comitato ritiene, ad esempio, che importanti correttivi potrebbero essere introdotti, almeno con riferimento alla situazione dei crediti deteriorati pregressi, cioè maturati fino al 2018, anche con interventi legislativi a livello nazionale, volti a individuare strumenti di tutela non solo del patrimonio bancario, ma soprattutto della situazione di esposizione debitoria dei numerosi cittadini e delle imprese che sono attualmente inseriti nella Centrale Rischi, e come tali impossibilitati ad accedere a nuovi crediti. Tale esigenza si rivela tanto più rilevante in relazione agli effetti negativi della carenza di liquidità, tra i quali va segnalato l’aggravarsi, in molte zone del Paese, del fenomeno dell’usura, che rappresenta non solo un problema di tipo economico, ma altresì una vera e propria piaga sociale, che richiede una forte e organica azione delle istituzioni”.