il flusso di nuovi crediti deteriorati delle imprese (tasso di deterioramento del credito) è destinato a salire nel 2023 al 3,8%, un livello già toccato già nel 2017, per poi nuovamente scendere nel 2024 al 3,4%. A dirlo è l’Outlook ABI-Cerved 2022-2024 sui crediti deteriorati delle imprese (si vedano qui il comunicato stampa e qui la ricerca completa) nel quale viene evidenziato come l’indicatore in questione, che esprime la percentuale dei crediti in bonis a inizio anno che nel corso dell’anno si trasformano in non performing, fosse al 2% a fine 2021 e come a fine 2022 abbia raggiunto quota 2,3%, invertendo quindi il trend dopo 10 anni in cui l’indice era sempre stato visto in discesa. E l’aumento subirà un’accelerazione quest’anno, con l’indice che è appunto visto al 3,8% a fine 2023, livello comunque ampiamente inferiore al picco registrato nel 2012 pari al 7,5%.
Nella realtà già l’Outlook ABI-Cerved dello scorso anno prevedeva già per fine 2022 un aumento del tasso di deterioramento dei crediti al 3,8% per poi diminuire al 3,3% nell’anno corrente (si veda altro articolo di BeBeez), ma poi l’inversione del trend si è invece appunto dimostrata più graduale.
Tornando alle nuove stime, lo studio ABI-Cerved ha precisato che i numeri riflettono un peggioramento che riguarda ogni settore e classe dimensionale di impresa, e che risente dell’indebolimento della domanda a cui si associa una cospicua spinta inflattiva delle materie prime e del caro energia. Inoltre, il costante innalzamento dei tassi d’interesse da parte della Banca Centrale Europea ha incrementato il costo del debito per le imprese, che a causa del quadro instabile non riescono a pianificare correttamente le azioni e non fruiscono più delle misure di sostegno al credito adottate durante la pandemia, ora solo parzialmente sostituite. Solo le costruzioni fanno registrare tassi di deterioramento minori rispetto al 2019, mentre, al contrario, le microimprese registrano il livello più alto di nuovi crediti in default, rilevabile già nel 2022.
Più nel dettaglio, nel 2024 il tasso di deterioramento sarà superiore al 2019 per ogni classe dimensionale: le microimprese registreranno la performance peggiore a livello assoluto (3,6% contro il 3,2% del 2019), mentre le grandi imprese segneranno l’aumento più sostanzioso, 1,3 punti percentuali (2,7% contro 1,4% nel 2019). Per quanto riguarda i settori, nel 2024 le costruzioni saranno il comparto con il tasso di deterioramento più elevato e tuttavia l’unico a presentare un dato inferiore al 2019 (3,8% contro 4%), anche grazie al beneficio derivato dalle grandi opere pubbliche finanziate dai fondi PNRR. Sia l’agricoltura che i servizi raggiungeranno il 3,3% (nel 2019 erano rispettivamente 3,1% e 2,8%), mentre l’industria “solo” il 3,2%, ma dal 2,3%. Tutti rimarranno sensibilmente al di sotto dei picchi del 2012.
A livello territoriale, il Sud e le Isole continueranno a presentare nel 2024 il tasso di deterioramento più elevato al 4,1%, in leggera riduzione rispetto al 2019, seguite dal Centro con il 3,7% (4 decimi più del 2019), mentre le aree settentrionali registreranno un incremento di 7 decimi di punto rispetto al 2019 ma livelli più contenuti compresi tra il 2,8% del Nord-Est e il 3,1% del Nord-Ovest.
Il 2022 segna un aumento del tasso di deterioramento in ogni area del Paese: Sud e Isole confermano i rialzi maggiori, portandosi dal 2,4% del 2021 al 2,9% al 2022. Un incremento significativo si registra anche al Centro (2,6% contro 2,2%) mentre il Nord è più virtuoso, con il Nord Est che si attesta al valore complessivo più basso (1,7% contro 1,5%) e il Nord Ovest che tocca il 2,1% (1,8% nel 2021). Le microimprese sono l’unica classe dimensionale che peggiora in ogni macroarea, con il valore più alto al Sud e nelle Isole (3% contro il 2,4% del 2021), ma anche al Centro (2,8% contro 2,3%) e nel Nord Ovest (2,5% contro 2,1%), dove si sfiorano i valori pre-Covid (2,7% nel 2019).
Nel 2022, le microimprese sono l’unica classe dimensionale che fa registrare un incremento nel nuovo flusso di crediti deteriorati in ogni macroarea, con il valore più alto toccato nel Sud e Isole (3% partendo dal 2,4% del 2021). Un aumento del tasso di deterioramento cospicuo si osserva anche nel Centro (2,8% nel 2022 contro 2,3% nel 2021) e nel Nord Ovest (2,5% dal 2,1%), dove si sfiorano i valori pre-Covid (2,7% nel 2019). Al contrario, le medie imprese rappresentano la sola classe dimensionale che migliora la propria condizione al Sud e nelle Isole: se nel 2021 il tasso di deterioramento era dell’1,9%, nel 2022 il valore scende all’1,8%, pari alla metà del valore registrato nel 2019 (3,6%). Infine, le grandi imprese sono caratterizzate da aumenti contenuti in ogni macroarea meno il Nord Ovest, dove il tasso di deterioramento si mantiene stabile intorno all’1%, come nel 2019.
“Nel corso del 2023, a causa delle incognite derivanti dal contesto geo-politico e con la fine certa dalle misure emergenziali applicate nel periodo pandemico, i crediti deteriorati delle imprese torneranno ad aumentare – afferma Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved Group – Ci aspettiamo però impatti moderati sulla nostra economia: il mercato negli ultimi anni si è strutturato non solo per gestire un aumento dei volumi ma è anche maturato nelle politiche di gestione da parte delle banche e degli operatori specializzati per fronte a questa emergenza. È quindi un mercato in grado di gestire i volumi di NPL attesi. Sarà sempre più importante l’utilizzo di strumenti, algoritmi e tecnologie: è un fronte su cui Cerved è fortemente impegnata per smaltire rapidamente i crediti deteriorati e finanziare la ripresa”.
“Il previsto rallentamento del ciclo, le tensioni geo-politiche e il rialzo dei tassi di interesse, determineranno da quest’anno una crescita del rischio di credito che, seppur pienamente gestibile dalle banche, interrompe il lungo processo di discesa iniziato nel 2012”. Questo il commento di Giovanni Sabatini, Direttore Generale dell’ABI, che aggiunge: “L’inversione della tendenza è un segnale che conferma l’esigenza di interventi volti a facilitare la ristrutturazione dei crediti e, in generale, di misure a tutela della sostenibilità del debito delle imprese, aumentato per effetto della pandemia”. Si tratta di valori ampiamente inferiori ai preoccupanti picchi registrati nel 2012 (7,5%) che, tuttavia, riflettono un peggioramento che riguarda ogni settore e classe dimensionale di impresa: solo le costruzioni fanno registrare tassi di deterioramento minori rispetto al 2019, mentre, al contrario, le microimprese registrano il livello più alto di nuovi crediti in default, rilevabile già nel 2022.