![Paolo Langé, presidente dell'Aipb](https://bebeez.it/files/2020/10/Paolo-Langè-300x186.jpg)
Le imprese italiane, soprattutto le pmi non quotate, devono essere incentivate ad aprirsi ai fondi di private capital. E il miglior modo di farlo è offrire loro delle detrazioni fiscali efficaci e stabili nel tempo. Lo ha dichiarato ieri Paolo Langé, presidente dell’Associazione Italiana Private Banking (Aipb), nel corso di un’audizione presso la VI Commissione Permanente delle Finanze della Camera dei Deputati, dedicata al modo in cui i mercati finanziari possono contribuire alla ripresa del Paese (si veda qui il comunicato stampa).
E’ uno degli strumenti con cui, a parere dell’Associazione, si potrebbe accelerare l’ investimento diretto nell’economia reale da parte delle famiglie italiane più facoltose, che a fine giugno avevano in gestione presso le private bank italiane ed estere facenti capo ad Aipb non meno di 862 miliardi di euro. “Solo assicurando continuità ai benefici fiscali per le imprese che ricorrono a fonti alternative di finanziamento il mercato nazionale dei capitali può diventare più ampio” ha aggiunto Langé nel suo intervento, riferendosi ovviamente al ruolo dei clienti private nel sostegno all’economia. Un ruolo al momento ancora molto limitato.
A fine 2019 gli investimenti in private asset da parte dei clienti italiani delle private bank non superavano 3,9 miliardi di euro su un portafoglio complessivo di 884 miliardi, stando ai dati di Aipb diffusi a fine aprile. Un contributo molto limitato al finanziamento dell’economia reale che, come noto, si fonda su piccole e medie imprese nella stragrande maggioranza dei casi non quotate e oggi più che mai bisognose di fonti di capitali alternative al canale bancario.
Antonella Massari, segretario generale di Aipb, aveva allora illustrato una serie di misure in grado di rendere più accessibile e appetibile al titolare di un patrimonio superiore ai 500 mila euro (il cliente di riferimento delle private ba nk italiane) un investimento illiquido e a lunghissimo termine come quello in un fondo di private equity. Essenzialmente la proposta di Aipb al governo (si veda altro articolo di BeBeez) si articolava su tre punti:
- promozione presso le autorità europee (Commissione Europea e ESMA) del riconoscimento di una categoria di investitore semi-professionale (cliente private), con un patrimonio sopra 500 mila euro e assistito da una consulenza evoluta;
- abbassamento della soglia da 500 mila a 100 mila euro per gli investimenti in fondi riservati da parte degli investitori privati. Verso questa proposta tra l’altro il ministero dell’Economia e delle Finanze lo scorso giugno aveva mostrato una certa apertura, pubblicandolo per consultazione (si veda altro articolo di BeBeez);
- benefici fiscali per gli investimenti in Eltif (European Long Term Investment Fund).
Come si vede, si tratta di incentivi a beneficio dell’investitore, cioè colui che offre capitali. Ma ora l’Aipb estende la sua proposta anche alla domanda di risorse finanziarie, cioè l’impresa, senza la quale non si può ovviamente sviluppare un mercato. E come si può incentivare l’impresa ad aprire il capitale a investitori finanziari, o a indebitarsi presso fonti non bancarie? Secondo l’Aipb per le aziende che attingono al private capital si potrebbe prevedere:
1) il rafforzamento dell’agevolazione fiscale denominata Aiuto alla Crescita Economica (Ace) (qui il testo del Minisetro dell’Economia che lo definisce) affiancando la possibilità di convertirne il beneficio in un credito d’imposta utilizzabile subito e senza limiti in compensazione con altri debiti tributari e contributivi, così da rendere appetibile l’Ace anche alle start-up, che potrebbero non disporre di un reddito imponibile positivo;
2) il rifinanziamento e la rimozione del limite temporale previsto per il credito di imposta in relazione alle spese di consulenza connesse alla quotazione;
3) l’introduzione di un’analoga misura per le spese di consulenza sostenute dalle pmi che intendano aprire il proprio capitale (oppure offrire in sottoscrizione propri strumenti di debito) ad OICR, imprese di assicurazione e fondi d’investimento alternativi (cioè ELTIF, fondi di private equity, private debt e di credito).