Ha raggiunto quota 3.300 miliardi di dollari a fine giugno la cosiddetta dry powder dei fondi di private capital nel mondo, cioé la potenza di fuoco accumulata a seguito delle rispettive raccolte fondi e non ancora investita. Il dato è contenuto nell’ultimo report sul private equity di Bain&Company (si veda qui il comunicato stampa e qui il report completo) e indica un balzo di 400 miliardi dai 2.900 miliardi di dollari di dry powder a fine 2020 (si veda altro articolo di BeBeez).
Un risultato, questo, che deriva dalla grande attività di fundraising condotta da tutti i tipi di fondi nei mesi scorsi, ma soprattutto da fondi di buyout. In totale, infatti, la raccolta nei sei mesi è stata di 631 miliardi di dollari, un ritmo che fa ipotizzare che a fine anno si arriverà a un totale di poco inferiore ai 1.300 miliardi di nuova raccolta, un record storico, superiore anche al dato boom del 2019 che era stato di 1122 miliardi.
Del totale raccolto in questi sei mesi, oltre 120 miliardi è da ascriversi a soli 10 mega-fondi di buyout che fanno capo a grandi case di private equity come Bain Capital (11,8 miliardi di dollari per Bain Capital Fund XII), CD&R (16 miliardi di dollari per il fondo XI), EQT (15,6 miliardi di euro per EQT IX) e KKR (18,5 miliardi di dollari per il KKR North America Fund XII), che hanno raccolto in media il 17% in più rispetto al loro target iniziale. E infatti non a caso dei 3.300 miliardi complessivi di dry powder in capo ai veicoli di private capital, ben mille miliardi rappresentano la potenza di fuoco dei fondi di private equity di buyout.
Ma anche sul fronte degli investimenti il 2021 si preannuncia come un anno da record. Nei primi sei mesi, infatti, i fondi di buyout hanno investito 539 miliardi di dollari, una cifra che è pari alla media investita negli ultimi 5 anni non in sei mesi, bensì in un anno intero. Se il ritmo proseguirà così, la stima è che quest’anno si potrà toccare il tetto dei mille miliardi di dollari di deal di buyout, ben oltre il record precedente a 804 miliardi segnato nel 2006, quando il settore aveva raggiunto il picco, prima della crisi finanziaria globale.
D’altra parte, ha commentato Hugh MacArthur, responsabile a livello globale dell’attività di Private Equity di Bain & Company, “il sovradimensionamento del mercato ha generato fondi sempre più grandi, che chiudono operazioni sempre più significative. E dato che al 30 giugno la potenza di fuoco ancora inespressa del settore (dry powder) ha toccato un nuovo record a 3.300 miliardi di dollari (di cui circa 1.000 solo nei fondi di buyout), è evidente che ci sia ancora molto margine di crescita per le attività di private equity. Un altro elemento interessante da sottolineare in questo scenario è che il boom del mercato è dovuto non tanto al numero delle singole operazioni, che è comunque in crescita, quanto al valore medio dei deal. La dimensione media, infatti, è aumentata del 48%, passando da 718 milioni a 1,1 miliardi di dollari”.
La forza del mercato è stata evidente su tutti i settori merceologici, ma il comparto tecnologico ha continuato a essere protagonista. In particolare, un deal di buyout su tre, nella prima metà dell’anno, ha coinvolto un’azienda tech (soprattutto nel software). Questo numero, già significativo, ha sottolineato Bain & Co nel suo report, tende comunque a sottostimare l’appetito degli investitori di private equity per la tecnologia, dato che non comprende sottosettori collegati come il fintech, i servizi tech enabled e l’IT sanitario. Visto lo stretto legame tra tecnologia e crescita e tra crescita e multipli più elevati, la tendenza a investire in questi settori continuerà probabilmente nei mesi e negli anni a venire.
Per un focus sullo stato del settore del private equity in Italia, rimandiamo al Report Private Equity di BeBeez sul primo semestre 2021 con le tabelle con l’elenco di tutti i deal (disponibile per gli abbonati a BeBeez News Premium e BeBeez Private Data).