Ha superato quota 3.400 miliardi di dollari a fine 2021 la cosiddetta dry powder dei fondi di private capital nel mondo, cioé la potenza di fuoco accumulata a seguito delle rispettive raccolte fondi (tra private equity, venture capital, private debt, infrastrutture e real estate) e non ancora investita. Il dato è contenuto nell’ultimo report sul private equity di Bain&Company (si vedano qui il comunicato stampa, qui le slide riassuntive e qui l’intero report) e indica un balzo di 100 miliardi dai 3.300 miliardi a fine giugno 2021 (si veda altro articolo di BeBeez) e dai 3.100 miliardi di dollari a fine 2020 (dato rivisto rispetto alla stima iniziale di 2.900 miliardi, si veda altro articolo di BeBeez).
Di questo totale, che peraltro non include la potenza di fuoco delle 575 SPAC ancora in cerca di target nel mondo, circa mille miliardi di dollari sono rappresentati dalle munizioni ancora in canna ai fondi di buyout, che infatti sono stati quelli che negli ultimi anni hanno raccolto la maggiore quantità di capitali tra gli investitori internazionali. Non a caso, se storicamente le grandi case di buyout erano abituate ad andare in raccolta con un nuovo fondo ogni 4-5 anni, ora ci si sta avvicinando a una media di 1-2 anni e per fondi sempre più grandi. Un esempio per tutti è Hellman&Friedman, che lo scorso luglio 2021 ha chiuso la raccolta del suo Fondo X a quota 24,4 miliardi di dollari, rispetto a un target iniziale di 20 miliardi, soltanto tre anni dopo aver chiuso la raccolta del suo Fondo IX, che aveva ottenuto impegni per 17 miliardi (si veda qui il comunicato stampa). Ma si possono ricordare anche gli ultimi closing di Bain Capital (11,8 miliardi di dollari per Bain Capital Fund XII), CD&R (16 miliardi di dollari per il fondo XI), EQT (15,6 miliardi di euro per EQT IX) e KKR (18,5 miliardi di dollari per il KKR North America Fund XII).
E ovviamente, con tutti questi capitali a disposizione, i fondi l’anno scorso hanno lavorato parecchio, toccando livelli record nel valore degli investimenti e dei disinvestimenti. Sul secondo fronte, nel 2021 le exit hanno toccato quota 957 miliardi di dollari dai 460 miliardi del 2020, mentre sul primo fronte i fondi di buyout da soli hanno superato quota 1.100 miliardi di dollari di investimenti. In molti casi si è trattato di operazioni cosiddette di public-to-private cioé di delisting di aziende quotate, che hanno raggiunto il volume record di 469 miliardi di dollari dai 298 miliardi del 2020.
A tracciare il quadro dello stato del private equity nel mondo è stato ieri a Milano in conferenza stampa Roberto Fiorello, responsabile italiano della practice Private Equity di Bain & Company, che ha sottolineato che “questa grande attività è avvenuta sulla base di valutazioni medie stabili a livelli alti, attorno alle 12 volte l’ebitda, con un leggero aumento negli Usa a 12,3 volte rispetto al dato del 2020 e una leggera diminuzione in Europa a 11,9 volte. Questa è però la media, perché le operazioni public-to-private hanno invece pagato di più, in media 1,6 volte il multiplo medio di mercato, cioé 19,3 volte l’ebitda. Quindi ben di più di quanto era accaduto negli anni 2006-2007, quando anche in quel caso si era assistito a un record di delisting a livello globale, con multipli di valutazione, però, che erano rimasti limitati a 12,6 volte l’ebitda, cioè solo 1,3 volte il multiplo medio di mercato”.
La media delle valutazioni nasconde poi “situazioni molto diverse anche a livello di settori, con il settore tech che in alcuni casi ha toccato le 27-30 volte l’ebitda“, ha aggiunto Fiorello, sottolineando però che “proprio il settore tech è quello che ha dato le maggiori soddisfazioni ai fondi in termini di rendimenti, visto che ben l’80% dei disinvestimenti è avvenuto a multipli superiori a 1,5 volte il capitale investito e il 60% a multipli uguali o superiori alle 2,5 volte”. Un risultato ben più elevato di quello raggiunto da tutti gli altri settori e che è stato raggiunto in molti casi grazie al fatto che nel settore tech operano molti fondi specializzati e quindi più in grado di altri di comprendere appieno il business delle aziende target. Hellman&Friedman, citato prima, non a caso è proprio uno di questi fondi. I deal nel settore tech, nel 2021, hanno rappresentato il 31% del volume totale, con un valore pari a 284 miliardi di dollari.
Per vedere il video dell’intervista a Roberto Fiorello, clicca qui sopra
Quanto all’Italia, Fiorello ha detto: “Nel 2021, l’Italia ha messo a segno una performance brillante, in linea con il trend globale: il valore totale dei deal si è attestato a 30 miliardi di dollari, con un incremento del 75% rispetto al 2020 (17 miliardi). Anche la dimensione media delle operazioni è cresciuta significativamente negli ultimi 4 anni, nonostante lo scorso anno si sia contratto il numero di deal. In termini di liquidità disponibile, invece, si sono registrati 12 miliardi di dollari, contro i 15 miliardi dell’anno precedente. In termini di settori merceologici, il numero di deal è distribuito in modo sostanzialmente bilanciato tra i vari settori, con infrastrutture, beni industriali, tecnologia e healthcare che hanno vissuto una stagione particolarmente positiva”.
Per un focus sullo stato del settore del private equity in Italia, con i dettagli dei singoli deal, rimandiamo al Report Private Equity di BeBeez 2021 con le tabelle con l’elenco di tutti i deal (disponibile per gli abbonati a BeBeez News Premium e BeBeez Private Data).