Il private equity europeo resiste al coronavirus nel 2020, con 4.179 deal chiusi, per un ammontare di 449,1 miliardi di euro, registrando un calo inferiore al 3% per volumi e valore rispetto al 2019. Lo calcola il rapporto annuale European PE Breakdown del 2020, diffuso da PitchBook (si veda qui lo studio completo).
L’attività del private equity aveva subìto uno shock improvviso alla fine del primo trimestre 2020 a causa della pandemia da Covid-19 e il rallentamento si era protratto fino a giugno 2020. Ma con la ripresa dell’attività economica nel terzo trimestre e la stabilizzazione della crisi sanitaria, è ricominciata anche l’attività dei fondi e la dinamica dei private equity è rimasta forte anche nell’ultimo trimestre 2020, segnando un nuovo massimo. Hanno contribuito alla ripresa del settore anche i 294 miliardi di euro di dry powder a disposizione del settore e l’inflazione attorno allo zero, che ha tenuto bassi i tassi di interesse, alimentando il debito a costo ridotto.
Per quest’anno, PitchBook prevede che l’attività dei private equity raggiungerà il nuovo record di 480 miliardi di euro, trainata dalla ripresa economica, dalla dry powder, dalla bassa inflazione e dalle maggiori opportunità di consolidamento dell’industria in diversi settori come i servizi finanziari, l’energia, l’assistenza sanitaria e la sanità. In caso di pressioni inflazionistiche, il conseguente aumento dei tassi avrebbe un impatto negativo sull’attività dei private equity. Infine, la Brexit continuerà a pesare sui deal in Gran Bretagna.
Tornando ai dati 2020, sono aumentati i mega-deal: 13 transazioni avevano dimensioni superiori a 2,5 miliardi di euro per un totale complessivo di 74,2 miliardi e con un incremento dal 2019, rispettivamente, del 30% del numero e del 64,2% in termini di valore. La dimensione media dei deal è a sua volta salita da 202,7 a 248,9 milioni di euro. In salita anche la proporzione di operazioni nel settore IT, salita dal 20,5% al 25,9% in termini di volume e dal 19,6% al 21,7% in termini di valore. Stabili a 10,2 volte l’ebitda i multipli EV medi delle operazioni.
A livello geografico, per la prima volta in oltre un decennio nel 2020 un quinto del valore dei deal ha avuto luogo nella regione DACH (Germania, Austria e Svizzera), favorita dalla Brexit, dalla migliore gestione della pandemia e delle sue conseguenze economiche da parte della Germania.
Da segnalare, poi, che nel 2020 sono stati effettuati soltanto 3.128 carve-out, cioé acquisti di divisioni di gruppi industriali da parte di investitori di private equity, per un valore dei deal di 349 milioni di dollari, contro i 462 milioni distribuiti su 4.259 operazioni del 2019. PitchBook prevede una ripresa dei carve-out nel 2021, dato che le aziende quotate e non cercheranno di vendere asset per fare cassa e affrontare meglio le difficoltà create dall’emergenza Covid-19.
Infine, sempre in tema di investimenti, PitchBook non poteva non segnalare il vero e proprio boom di business combination condotte negli Usa nel 2020 dalle Spac (220) in contrasto con quanto è accaduto in Europa dove le business combination sono state solo 4, di cui una in Italia (quella di Franchi Umberto Marmi) e un’altra condotta in Olanda da una Spac promossa da un team italiano (quella di CM.com). Secondo PitchBook, in Usa ora si rischia un eccesso di offerta di Spac, mentre vi sono opportunità interessanti in Europa.
Sul tema l’Insight View di BeBeez dello scorso 24 dicembre 2020 (disponibile per gli abbonati a BeBeez News Premium) ricordava che sino a quel momento negli Stati Uniti nel 2020 erano andate in quotazione 247 Spac, un numero impressionante anche per quel mercato e quasi quadruplo rispetto alle 59 quotazioni di Spac del 2019 e il capitale raccolto è stato sinora di 82,7 miliardi di dollari contro i soli circa 13,6 miliardi dell’anno scorso e contro un totale di 472 Spac che dal 2009 a oggi hanno raccolto 129,5 miliardi di dollari.
Un po’ quello che in Italia, certo con numeri diversi, era accaduto tra il 2017 e il 2018, quando in quotazione, secondo i calcoli di BeBeez Private Data, erano andate 20 Spac, sul totale di 32 quotate dal 2011 a oggi, raccogliendo poco meno di 3 miliardi di euro in quei due anni sul totale di 3,8 miliardi raccolti in tutto il periodo. Il fatto che negli Usa nel 2020 ci sia stato un boom di Spac è il risultato di una serie di fattori e in particolare il fatto che è cresciuta in maniera enorme la cosiddetta dry powder dei fondi di private equity, che a fine dicembre 2019 era stimata da Preqin attorno ai 1500 miliardi di dollari a livello globale, più del doppio dei 686 miliardi di soli 5 anni fa, e che quindi deve essere impiegata, possibilmente in tempi brevi. Contestualmente, La volatilità dei mercati finanziari dovuta alla pandemia da Covid-19 è stata molto alta e i prezzi di ipo risentono per definizione di questa volaitlità, mentre il prezzo stabilito per una business combination ne è immune, per cui la quotazione attraverso la Spac acquista ulteriore fascino agli occhi degli imprenditori.
A causa della volatilità del 2020, le exit dei private equity sono state meno di 1.000 in Europa (-18,3% dal 2019), per un totale di 233,6 miliardi di euro (-10,9%). Le exit sotto i 25 milioni di euro sono state circa la metà del totale. Secondo PItchBook, a causa del calo delle valutazioni e della crisi, i gestori dei fondi hanno deciso di investire maggiormente nelle società in portafoglio, ritardando quindi i disinvestimenti e anzi spesso conducendo add-on su aziende già in portafoglio. Un trend che è stato molto chiaro anche in Italia.
BeBeez Private Data, il database del private capital di BeBeez, ha infatti calcolato che lo scorso anno sono state annunciate o concluse ben 360 operazioni di private equity (dalle 317 del 2019), di cui 133 investimenti diretti dei fondi di private equity (ma erano stati 149 nel 2019) contro ben 125 add-on su aziende italiane (erano stati solo 63 nel 2019), oltre ad altri 13 add-on condotti su target esteri (contro 15 nel 2019) da aziende italiane partecipate dai fondi. La differenza è poi la somma di altri tipi di operazioni di private equity, condotte da holding di investimento e club deal di investitori privat, e include anche 30 disinvestimenti verso soggetti industriali, a imprenditori o sul mercato, nel caso di aziende che sono state successivamente quotate (si veda qui il Report di BeBeez sul Private Equity 2020, disponibile per gli abbonati a BeBeez News Premium).
Tornando ai dati globali di PitchBook, la raccolta dei fondi europei è stata molto buona, soprattutto considerato che l’emergenza Covid ha reso molto difficili gli spostamenti e quindi gli incontri con gli investitori. Nel 2020 si è infatti registrata una raccolta complessiva di 92 miliardi di euro, distribuiti su 90 fondi, in calo rispetto ai 102,3 miliardi e i 154 fondi del 2019, che però era stato l’anno record della raccolta degli ultimi dieci.
D’altra parte, sottolinea PitchBook, l’emergenza Covid-19 ha ampiamente accelerato un trend che già era in atto tra i grandi investitori istituzionali. I bassi tassi di interesse, la bassa inflazione, la bassa crescita globale e l’alta volatilità dei mercati azionari quotati erano tutte variabili che già erano presenti prima del Covid, ma che con il Covid si sono accentuate, con la conseguenza che lo spostamento strutturale di grandi masse di capitali in gestione dai mercati quotati verso i private markets e, in particolare, verso il private equity, è accelerato. Tradizionalmente gli investitori istituzionali europei hanno un’asset allocation che vede un 60% di asset impegnati in equity e un 40% in debito e oggi una parte consistente di quel 40% si stanno spostando sui private market e soprattutto sul private equity. Solo così si spiegano exploit come quello di CVC Capital Partners, che nel 2020 ha chiuso la raccolta del suo ultimo fondo di buyout europeo a quota 21,3 miliardi di euro in soli 7 mesi di fundraising.