Se il lockdown ha creato uno stallo nell’attività di m&a a livello globale, è anche vero che proprio la crisi sarà la molla che attiverà di nuovo il mercato, con molte aziende che dovranno ricapitalizzarsi. Su questo tema sono d’accordo in molti (si veda per esempi qui altro articolo di BeBeez).
E la storia dice che quelle che si muovono prima, e quindi utilizzano velocemente la leva delle operazioni straordinarie per ridefinire il proprio posizionamento di mercato e le proprie operation, sono quelle che ne traggono i maggiori benefici nel lungo medio e lungo termine. Emerge da uno studio appena pubblicato da EY Strategy and Transactions, nuova service line di EY che include servizi di corporate finance e m&a e di consulenza strategica e operativa. Lo studio è stato anticipato sabato 1° agosto da MF Milano Finanza.
Lo studio ha analizzato le transazioni realizzate tra il 2008 e il 2010, ossia immediatamente dopo la crisi finanziaria globale. Dallo studio è emerso che le aziende early-mover, che hanno fatto scelte coraggiose in merito a operazioni di m&a e trasformazione del proprio portafoglio, hanno visto un aumento del rendimento nel decennio successivo, rispetto agli altri operatori del mercato. In particolare, le aziende che in quella fase hanno effettuato acquisizioni hanno registrato un rendimento totale per gli azionisti più elevato del 26%, mentre le aziende che hanno ridefinito il perimetro cedendo asset, hanno ottenuto in seguito rendimenti più alti del 24%. Inoltre, la ricerca ha rilevato che queste aziende hanno registrato rendimenti due o tre volte superiori rispetto a quelle che hanno adottato un approccio più prudente.
E ora siamo daccapo. La crisi sta provocando un impatto senza precedenti soprattutto sui margini di ebitda e sta quindi comportando un addizionale ricorso all’indebitamento da parte delle imprese di molti settori, che vedranno così ridursi il patrimonio netto. La conseguente esigenza di ricapitalizzazione potrà favorire dei trend di ulteriore integrazione e consolidamento, in particolare in settori caratterizzati da filiere molto strutturate, quali automotive, manifatturiero e fashion.
Andrea Guerzoni, EY Global Vice Chair dell’area Strategy and Transactions, ha commentato: “In qualsiasi tempesta la reazione istintiva è quella di correre ai ripari e aspettare, ma l’evidenza dimostra che restare fermi non è un’opzione percorribile. Come ci insegna la crisi finanziaria del 2008, in queste fasi straordinarie il mercato consente alle aziende di effettuare acquisizioni strategiche, in grado di sostenere poi una crescita più rapida nel periodo di ripresa.”
Nella realtà molte aziende italiane paiono già aver intrapreso questo approccio virtuoso. I driver della ripresa dell’attività m&a sono rappresentati anche dall’enorme ammontare di liquidità da investire a disposizione dei fondi di private equity, soprattutto esteri. Un esempio eclatante lo abbiamo avuto proprio nei giorni scorsi: IMA, gruppo quotato a Piazza affari, attivo nella progettazione e produzione di macchine automatiche per il confezionamento di prodotti farmaceutici, alimentari, bevande e cosmetici, ha annunciato la sigla di un accordo tra BC Partners e la famiglia Vacchi per l’ingresso del fondo nella holding di controllo di IMA e il successivo lancio di un’opa finalizzata al delisting (si veda altro articolo di BeBeez). Un’operazione che porterà il fondo a controllare sino al 45% della holding del gruppo, che per il resto continuerà a fare capo alla famiglia Vacchi, che, senza dover rendere conto ogni trimestre agli analisti di Borsa, avrà le mani più libere per condurre campagne di m&a.
Marco Daviddi, Mediterranean Leader dell’area Strategy and Transactions, ha concluso: “In Italia già nel secondo trimestre del 2020 abbiamo notato una certa ripresa in termini di transazioni (5,8 miliardi nel secondo trimestre dopo i soli 3,5 miliardi del primo trimestre e dopo 12,5 miliardi in tutto il 2019, ndr) e ci attendiamo che questo trend prosegua anche nella seconda metà del 2020. I settori più difensivi e resilienti, sono quelli considerati più appetibili dagli investitori: infrastrutture digitali e fisiche, settore farmaceutico, healthcare, agroalimentare, packaging”.