Nel 2015 gli investimenti in startup hi-tech sono saliti sinora a 133 milioni di euro dai 120 milioni del 2014, quando invece erano scesi dai 129 milioni del 2013. A trainare l’attività sono stati gli investitori non istituzionali (venture incubator, family office, club deal e business angel) sono passati da 47 milioni nel 2013, a 57 milioni nel 2014 sino a 75 milioni quest’anno, mentre i soggetti istituzionali hanno per contro registrato un calo dell’attività da 82, a 63 sino a 58 milioni (scarica qui il comunicato stampa).
Sono i dati principali presentati ieri nell’ambito dello Smau di Milano dall’Osservatorio Startup Hi-tech, elaborati in collaborazione con Smau dagli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano e Italia StartUp e che evidenziano un trend già individuato nel rapporto congiunto Vem-Iban sugli investimenti dei fondi di venture capital e dei business angel in Italia nel 2014 (si veda altro articolo di BeBeez).
Secondo l’Osservatorio Startup Hi-Tech, il 2014 e il 2015 possono essere considerati un periodo di transizione per gli investitori istituzionali, visto che nel 2013 alcuni fondi hanno terminato il loro ciclo di vita. Tuttavia, vari fondi stanno raccogliendo capitali per investimenti futuri. È quindi attesa una rinascita degli investimenti da parte di fondi istituzionali nel breve-medio termine. Un appunto fatto peraltro ieri anche da Anna Gervasoni, direttore generale di Aifi, in occasione della presentazione dei dati del semestre dei settori del private equity, del venture capital e del private debt (si veda altro articolo di BeBeez).
“Da quando è entrata in vigore in Italia la nuova direttiva Ue sui gestori di fondi alternativi (AIFMD, si veda altro articolo di BeBeez, ndr), gli operatori in attesa dell’autorizzazione di Banca d’Italia per operare nelle nuove forme societarie previste sono moltissimi, soprattutto tra gli operatori di venture capital che per questo motivo non sono potuti sinora andare in raccolta. Lo stesso Fondo Italiano d’Investimento che ha deliberato impegni di investimento in una serie di nuovi fondi, nella pratica non ha potuto ancora investirli, perché i soggetti non hanno ancora avuto il via libera di Bankitalia. Proprio domani (oggi per chi legge, ndr) abbiamo qui in Aifi una riunione con tutti i nostri associati in attesa di autorizzazione per fare il punto della situazione e capire se tra le ragioni dei ritardi ci sono anche delle mancanze da parte degli associati stessi, come mancata produzione di documenti richiesti o mancata adozione di procedure interne come richiesto. E’ davvero necessario che qualcosa si muova, perché il rischio è che questi soggetti decidano di andare a costituire le loro società di gestione all’estero”.
Tornando ai dati dell’Osservatorio Hi-Tech, Antonio Ghezzi, direttore dell’Osservatorio Startup Hi-tech del Politecnico di Milano, ha spiegato che “la dimensione relativa degli investimenti italiani è ancora limitata quando comparata a quella di altri paesi europei, e il distacco si sta espandendo come previsto: nel 2014, gli investimenti interni in incubatori aziendali in Germania e Francia sono stati circa dieci volte superiori al valore di quelli riservati alle startup in Italia, mentre in Spagna sono stati circa il doppio.”
E anche Marco Bicocchi Pichi, Presidente Italia Startup, ha sottolineato che “gli investimenti in Italia non sono ancora in linea con il PIL e con la dimensione della nostra economia nello scenario globale. Se il dato francese è in linea con lo sviluppo dell’economia del Paese, colpisce il dato spagnolo, che riporta investimenti doppi rispetto a quelli italiani pur nel contesto di un’economia non basata sull’innovazione ma su altri settori merceologici”. Pichi ha aggiunto: “ Riteniamo fondamentale che il Governo agisca sugli incentivi fiscali per l’ingresso dei privati, cogliendo la dinamica positiva mostrata dai dati di quest’anno. Pur apprezzando le misure introdotte nel passato, queste non sono ancora sufficienti a dare la spinta necessaria. Oltre a incentivare gli investimenti nei macchinari è importante defiscalizzare anche l’investimento e l’acquisizione di startup”.
Rispetto al 2013, le startup del settore ICT hanno mantenuto, nel 2014, il primato delle startup più finanziate: hanno ricevuto il 74% dei fondi, in linea con il 75% del 2013; quelle del settore life science passano dall’11 al 17% e scavalcano le startup cleantech ed energy che scendono dal 10% al 6% dei fondi disponibili.
Nelle 230 startup finanziate e attive dal 2012 al 2014, il fatturato medio è cresciuto del 35% passando da 558 mila euro nel 2012 ai 756 mila nel 2014, mentre il numero medio di impiegati è salito da 4 a 6. Dal momento che questi valori medi sono influenzati dalle startup alto performanti con giro d’affari superiore al milione di euro, è stato anche definito l’identikit di una startup media, analizzando i valori mediani, che hanno evidenziato come il fatturato di una startup tipica sia cresciuto dai 20 mila euro del 2012 ai 94 mila del 2014, con un numero di impiegati cresciuto da 1 (2012) a 3 (2014).
“Considerando il totale dei ricavi generati dalle startup finanziate e il numero di impiegati assunti e dichiarati a bilancio, abbiamo notato un trend positivo stabile attorno al 20% dal 2012 al 2014. Lo sviluppo delle startup hi-tech in Italia si presenta quindi come un fenomeno che ha saputo mantenere una crescita sistematica” afferma Raffaello Balocco, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Startup Hi-tech del Politecnico di Milano.