L’m&a nel settore dei servizi finanziari quest’anno in Italia ha raggiunto gli 11 miliardi di euro, in netto aumento dai 3,3 miliardi del 2015. Un dato, questo, che rappresenta poco meno di un terzo del controvalore (37,2 miliardi) di tutte le operazioni di m&a condotte su target italiani nei primi nove mesi dell’anno. Il calcolo è di Mergermarket, che ieri a Milano ha organizzato il convegno annuale dedicato al private equity.
Il processo di ristrutturazione e consolidamento del sistema bancario ha portato infatti a un incremento dell’attività di m&a nel settore dei servizi finanziari, sebbene la grande differenza sia che i volumi delle operazioni considerate sono aumentati in maniera importante. Quest’anno, infatti, si sono contate 27 operazioni nel settore, contro le 20 dello stesso perido dell’anno scorso, con deal di dimensioni significative.
Non a caso tre dei cinque principali target da inizio anno sono del settore: Bpm (merger con Banco Popolare), GE Capital Interbanca (acquisita da Banca Ifis) e Popolare Vicenza (acquisita da Atlante). Ma nel conto ci sono per esempio anche Veneto Banca (anch’essa acquisita da Atlante), Setefi (passata a Icbpi) e l’attività relativa alle carte di pagamento ceduta da Unicredit a Sia
A livello complessivo, i 37,2 miliardi di euro di m&a dei primi nove mesi dell’anno sono in calo dai 46,4 miliardi dello stesso periodo del 2015, ma il dato è comunque il terzo più alto dopo il picco di 69,1 miliardi del 2007. La tendenza però è negativa, visto che il terzo trimestre ha registrato una netta frenata a 7,6 miliardi dai 21,2 miliardi del secondo trimeste, probabilmente per via delle incertezze politiche che condizionano gli investimenti in Italia. Ciononostante il numero delle operazioni è salito a 370 (dalle 331 del 2015), il massimo dal 2011, grazie alla crescita dell’attività di mid market.